Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l’ex Udinese Zico ha parlato della situazione del calcio italiano in questo momento.

«Mi dispiace che l’Italia abbia perso contro l’Argentina e soprattutto mi dispiace che non partecipi al Mondiale. Non posso dire, però, che sia una sorpresa, in generale perché ho abolito la parola “sorpresa” nel calcio e in particolare perché oggi c’è un grande livellamento e tutti possono battere tutti. Quando giocavo io, le grandi nazionali come il Brasile, l’Italia e la Germania erano nettamente più forti delle altre, mentre oggi non è più così».
Qual è la spiegazione?
«I grandi giocatori sono sempre di meno. L’Italia, per esempio, aveva Scirea, Cabrini, Conti, Paolo Rossi e poteva tenere in panchina Bergomi, Causio e Altobelli».
Eppure l’Italia ha vinto l’Europeo un anno fa…
«E lo ha vinto con merito. Poi, però, ha pareggiato troppe partite nella fase di qualificazione al Mondiale e così è arrivata con un’enorme tensione alla sfida contro la Macedonia del Nord. Aveva sbagliato prima, quindi, non quella sera».
Mancini si lamenta perché nel campionato i giovani italiani sono pochi…
«Ha ragione. L’Italia dovrebbe puntare di più sui suoi giovani. E’ vero che ci sono tanti stranieri, ma il problema non è il numero bensì la qualità. Un giovane impara dai campioni, non da chi vale come lui».
Come mai in Italia ci sono pochi brasiliani?
«Perché i migliori giocano negli altri campionati. Penso a Vinicius Junior che era già un fenomeno a 15 anni nel Flamengo, o Rodrygo che mi aveva impressionato nel Santos quando ne aveva 16. Guarda caso hanno appena vinto la Champions nel Real Madrid. E già che ci sono, faccio i complimenti ad Ancelotti. Ho una foto in cui lui mi marcava con lo scudetto sulla maglia della Roma, quando però abbiamo vinto noi 1-0, qui a Udine, con un mio gol. Ancelotti ha successo ovunque, perché sa che sono più importanti i giocatori dei moduli tattici».
Tra le tante novità di oggi ci sono le proprietà straniere, spesso con fondi americani: meglio o peggio?
«Il mondo cambia anche nel calcio e bisogna adeguarsi. Questo fenomeno non riguarda soltanto l’Italia. In Brasile il Botafogo, che era sceso in seconda categoria, è stato rilanciato da un fondo americano. Anche in Inghilterra ci sono molte proprietà straniere. Ma alla fine ai tifosi interessa poco, perché loro vogliono soltanto vincere, non importa con quale proprietà».
Il Milan, che era stato il primo club italiano a cercarla nel 1981, ha appena vinto lo scudetto: ha seguito qualche partita?
«Il calcio italiano è sceso di livello, ma il Milan mi è sempre piaciuto perché ha giocato all’attacco, cercando sempre di vincere. Ho visto l’ultima partita contro il Sassuolo e mi ha impressionato la velocità di Leao, che mi ha ricordato Weah. E poi mi ha fatto effetto vedere Maldini con la cravatta. E’ stato un grandissimo giocatore e ora lo è come dirigente. Si vede che ha nel sangue lo stile di suo papà che ricordo vicino a Bearzot».
A proposito, quarant’anni fa l’Italia di Bearzot dopo aver battuto il suo Brasile vinse il Mondiale: ha smaltito la delusione?
«L’Italia aveva giocato ancora meglio nel 1978, ma quel giorno ha meritato di batterci perché ha saputo sfruttare i nostri errori. Era una grandissima squadra e sono convinto che rivincerebbe il Mondiale anche adesso».
Chiudiamo con un saluto alla sua Udinese.
«Sarà sempre nel mio cuore, come i fantastici tifosi che mi hanno accolto. Voltandomi indietro ho soltanto un rimpianto, perché ero venuto qui per vincere lo scudetto»
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