Intervistato dal Corriere dello Sport, l’ex DS della Salernitana Walter Sabatini ha parlato del duello Milan-Napoli e dei suoi protagonisti, Rafael Leao e Kvicha Kvaratskhelia.

L’immagine che Walter Sabatini se ne stia sprofondato in poltrona a guardare calcio in tv è fastidiosa, anche irritante.
«Pensa per me. Sapessi come mi girano. Io sono incazzato sul serio, perché star fuori non mi sembra giusto. Non mi ritrovo nel ruolo di spettatore, non ne sono capace».
Arrabbiato (eufemismo) anche perché oggi, come avrebbe detto Pizzul, è tutto molto bello.
«Un campionato esageratamente intrigante, con lotte che s’annunciano per lo scudetto, per la Champions, per la salvezza. Non ci si potrà annoiare, dentro uno spettacolo che va crescendo e che azzera la narrazione del passato sul nostro calcio ritenuto antico e superato».
Non c’è squadra, o quasi, nella quale non ci sia legame con Sabatini.
«E se questo lo dici per farmi sentire vecchio, hai colpito nel segno. Ma io sono un falso vecchio, sappilo».
Che s’emoziona mentre si gode il Napoli.
«Una squadra europea da considerare tra le più forti. Il cocktail tra ciò che ha fatto quell’allenatore stellare che si chiama Spalletti e quello che ha saputo fare una società coraggiosa come poche».
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Spalletti è il tuo fratello minore.
«E gli posso dire di tutto. Io mentre mi gusto il Napoli me ne sto in religioso silenzio. Fateci caso: si esprimono come se fossero in ipnosi, indotta dal proprio allenatore che ne decuplica il rendimento. Mario Rui, che presi alla Roma e che purtroppo si fece male subito, è divenuto il riferimento per ferocia, determinazione, eleganza nel crossare e personalità. Tutto ciò, tutto questo spettacolo che ci viene regalato, l’ha generato quel pazzo furioso che sta in panchina».
Si può dire, usando un paradosso, un “sottovalutato”?
«Si deve. Perché Luciano è nato bravo, anzi bravissimo. Le sue conoscenze didattiche sono impressionanti. Può aggiungere poco, quasi nulla: il Napoli ha la precisione del primo orologio inventato in Svizzera. Ogni giocata è un movimento, con e senza palla, dinamiche moderne da trent’anni, da quando sta in panchina. Lui cambiò la Roma, lui ha portato l’Inter dove volevano, in Champions».
Lui e Mourinho, domenica.
«Ecco un altro che fa dipendere il proprio club da se stesso. Perché non so cosa sarebbe la Roma senza Mou. Ha un calcio diverso, chiamiamolo freddo, cinico, tutti quegli aggettivi che mi fanno anche un po’ schifo perché sanno di niente, ma è quarto e dunque è da scudetto: chi arriva là, se la gioca fino alla fine. E gli mancano Dybala e Wijnaldum, che recupererà. Ha il vegano, Smalling, che è irrinunciabile, va a strozzare le linee, ad aggredire il probabile rifinitore, a stracciare gli avversari e poi, se gli capita, fa pure gol. C’è il segno di Mou pure in questo».
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Ma il giocatore che ti piace di più è Kvara.
«Non ho mai conosciuto l’invidia, tranne ora che ho scoperto questo ragazzo. Giuntoli è stato un fenomeno, da applausi, perché questa è un’opera d’arte. La gestione del mercato è una lezione per tutti, vanno fatti i complimenti anche ad AdL: hanno rivoluzionato, si sono liberati – mi verrebbe da dire con poca eleganza facendo pulizia – di un gruppo che ormai aveva dato tutto ed hanno pure tagliato i costi e fatto lievitare il tasso tecnico. Poi hanno affidato tutto a quel gran genio di Luciano e via».
Kvara o Leao, per Sabatini?
«Leao ti fa a pezzi, porca miseria. Ma il georgiano è cattivo, determinante, di impatto. Io voto per Kvara. Mi dica Cristiano come ha fatto a pescarlo? Come?».
Il Milan è un altro esempio ma Sabatini, parlandone, deve spogliarsi dei panni del «papà» di Massara.
«E allora sto zitto. Non si può ignorare ciò che ha fatto lui, con Maldini. La gente dimentica, ma sono stati capaci di resistere, di superare l’effetto Rangnick – che ormai era stato ingaggiato – e stringendo i denti, mostrando le competenze, hanno evitato di ritrovarsi fuori. Perché loro erano saltati per aria, eh. Invece: rifatto il Milan, che ha vinto lo scudetto e continua ad essere protagonista. Come vuoi che taccia su Massara?».
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