Vieri: “50 è solo un numero! Io, le discoteche, Ronaldo e i rimpianti”
Poche ore dopo il suo 50esimo compleanno, l’ex attaccante di Inter, Juventus, Milan e Nazionale Italiana Christian “Bobo” Vieri si è raccontato a 360 gradi ai microfoni del Corriere della Sera. Dall’infanzia in Australia alle prime esperienze con il calcio, passando per il suo rapporto controverso con la movida e il rapporto con i genitori.

“Bobo” si racconta a cuore aperto ai microfoni del Corriere della Sera
L’ex Milan Christian Vieri compie 50 anni
«È solo un numero. Anche se è un numero importante. Festa? Ero incerto, poi ho pensato che vengo a Formentera da vent’anni e la dovevo fare qui: il mare è uno spettacolo e chi voleva venire è venuto Compleanno a 10 anni? Chi si ricorda! Ero in Australia di sicuro, a Sydney: forse giocavo a cricket o a touch rugby».
Sull’infanzia in Australia
«La libertà di fare quello che uno vuole. So l’inglese meglio dell’italiano, quindi posso girare tutto il mondo. A 14 anni ho voluto tornare in Italia per fare il calciatore: da allora ho sempre vissuto la vita e deciso con la mia testa. Sì, sono cresciuto alla svelta, poi in Australia ero in mezzo a persone provenienti da ogni parte del mondo. Anche per questo trovo il razzismo inconcepibile».
Sul ritorno in Italia
«Mi facevo capire, con il mio accento australiano. Giravo sempre in ciabatte e pantaloncini, in stato pietoso. Mi chiedevano dove andavo così conciato e io rispondevo con delle parolacce: in inglese. Nonno mi manca tantissimo, è stato il primo a credere in me: oggi avrei voluto festeggiare con lui. Era innamorato perso di me e quindi lo capisco, per- ché ora sono innamorato perso delle mie figlie. Mi sentivo fuori posto? Sì, perché al bar sentivo dire che io giocavo a calcio per mio papà, che ero un raccomandato. Ero un bambino, vivevo da solo coi nonni e sentivo l’invidia: mi sono dovuto fare forza, difendermi. Anche con qualche “vaffa” dei miei».
Pisa, Ravenna, Venezia: le prime esperienze di Christian Vieri
«E neanche tanto bomber: a Pisa avevo fatto appena due gol, con partite orribili, senza scusanti. Il presidente Anconetani faceva bene a insultar mi. Poi a Ravenna mi sono innamorato della Romagna, purtroppo siamo retrocessi, ma volevo restare anche in C. Manfredi a Venezia? È di una simpatia enorme: quando arrivava al campo mi chiamava per mostrarmi che aveva il maglione rosso, l’orologio rosso e la macchina rossa. Il giorno dopo? Maglione blu, orologio blu e macchina blu. Amava il bel calcio. All’epoca volavano i cazzotti in area, non c’erano regole, non c’era la tecnologia di adesso. Era dura fare gol. Poi Sacchi ha cambiato il calcio e la vita di noi attaccanti».
La festa dei 30 anni vissuta da stella dell’Inter
«Una festa spettacolare, al Pineta di Milano Marittima. Ricordo che c’era Ronaldo. La costante della mia vita sono gli amici: ancora oggi mi porto dietro ovunque vado lo spogliatoio e la sua atmosfera. Quante cazzate diciamo! Di Biagio fa le stesse battute da 30 anni e ancora ridono tutti. Ma è bello stare insieme: il nostro mondo è pulito».
La più grande follia di Bobo Vieri
«Non si può dire. Io re delle discoteche, se mi arrabbiavo quando me lo dicevano? Sì, ma se stavi dietro a tutto impazzivi. Io sapevo chi ero, come mi allenavo. Oggi i giornalisti più simpatici? Certo, il mondo è cambiato, ora li comando io: prima non ti potevi proteggere, ora coi social puoi rispondere».
Sull’idolo da bambino
«Vialli e Mancini. Il 9 era il compleanno del grande Gianluca: in campo dava sempre tutto, che poi è l’aspetto che ha accompagnato tutta la mia carriera. Avevamo un bel rapporto, come con Sinisa: fa molto male non averli più con noi».
Rimpianti?
«Zero. Neanche per il Mondiale 2006. Era destino. Io posso solo dire grazie al calcio».
La felicità di Vieri a 30 anni è diversa da quella a 50?
«Molto, lo vedo con le figlie. Non avrei mai immaginato questo amore folle: è pazzia. Se Costanza mi dice che c’è bisogno di qualcosa al mattino per una delle due bambine, volo in pigiama fuori dalla finestra: si chiama amore, ma è così per tutti immagino. Vivo per prendermi cura di loro e di mia moglie».
Sul rapporto con i genitori
«Papà lo chiamo sempre Bob. Se sono così è merito suo, che è stato un grande calciatore, genio e sregolatezza e mi ha sempre detto le cose come stavano. Le uniche critiche che ascoltavo erano le sue e quelle degli allenatori. Mamma Nathalie è la donna più importante della mia vita: un altro carattere forte, discutiamo molto. È vero che è lei che mi ha aiutato a tenere la barra dritta nel momento di massima fama».
Sul rapporto coi soldi
«Buono: si fanno e si spendono. Cosa ho comprato col primo stipendio? Credo la Golf Gti. Non ne ho idea di quanto ho guadagnato. Però quando ho firmato il primo contratto con la Juve, per cinque anni, in famiglia piangevano tutti: brindavano e dicevano “ce l’hai fatta, sei a posto per tutta la vita!”».
Spiegato a un ragazzo di oggi, chi è stato Bobo Vieri?
«Ho sempre dato tutto e con la maglia azzurra impazzivo, è stata la più importante per me. Ho appena parlato a dei ragazzi di 15-16 anni selezionati da uno sponsor: vi diranno mille cazzate, ho detto, ma siete soli, dovete soffrire tutti i giorni, lavorare fino all’infinito, se no fra due tre anni scenderete di livello. Allenatevi sempre».
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