il 24/10/2022 alle 19:30

Verso Dinamo – Milan: Zagabria città dei sogni dal risveglio inatteso

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Per un tifoso del Milan, imbarcarsi su un volo destinazione penisola balcanica crea la stessa emozione che ogni bambino ha nell’approcciarsi ai doni sotto l’albero di Natale.

Gennaro Gattuso

Che sia Croazia, Serbia o Montenegro, i ricordi a tinte rossonere hanno avuto sempre nuance dolcissime dai risvolti vincenti.

Madre Teresa di Calcutta ci ha insegnato che “La felicità è un percorso, non una destinazione”. È proprio il tragitto verso un luogo a donarci quell’emozione unica da archiviare e custodire nello scrigno della memoria.

L’estate del 2000 ha tutti i crismi del viaggio. Il Milan di Zaccheroni, dopo uno scudetto e un terzo posto, era pronto al grande salto di qualità. La volontà di affidare al tecnico romagnolo un top player era concreta. Dopo gli arrivi dei difensori Julio Cesar dal Real Madrid, del talento brasiliano dal Palmeiras Roque Junior, dei giovani e promettenti attaccanti Comandini e Saudati si guardò in Spagna per il grande colpo dell’estate.

Come fai a non emozionarti ad un viaggio se c’è la notizia dell’accordo trovato tra Minguella, procuratore del Pallone d’Oro e fuoriclasse brasiliano Rivaldo e Galliani? E fa nulla che il Barca rifiutò i 90 milioni di un’offerta monstre. Il Milan c’è. È la nostra estate.

Infatti qualche settimana dopo sbarca a Milano il vincitore del premio UEFA, Footballer of the Year, corrispettivo istituzionale del Pallone d’Oro, Fernando Redondo dal Real Madrid.

“È un grande campione. Sono anni che lo ammiro. È uno di quei giocatori che fa fare un immediato salto di qualità alla squadra”. Queste le parole di un raggiante Silvio Berlusconi.

E siamo a quel 22 agosto del 2000. Mentre il mondo si è lasciato alle spalle lo spauracchio del Millennium Bag e a Roma Giovanni Paolo II festeggia con milioni di giovani arrivati da tutto il mondo il Giubileo, a Zagabria il Milan è pronto a raccogliere il frutto dei sogni di quell’estate. Dopo un rassicurante 3-1 all’andata, allo stadio Maksimir di Zagabria, Alberto Zaccheroni schiera la sua squadra con il suo inconfondibile 3-4-3. Il terzetto difensivo composto da Chamot, Costacurta e Maldini. A centrocampo Gattuso e Albertini con Guglielminpietro e Coco a tutta fascia.

Unico nuovo acquisto schierato, il giovane centravanti Gianni Comandini già autore di un gol all’andata che avrà modo di entrare nei cuori e nella storia del Milan con la doppietta nel derby del 6-0 qualche mese più avanti. Ma questa è un’altra storia. A completare l’attacco Josè Mari e Andriy Shevchenko.

Non è della partita il colpo del mercato estivo. Fernando Redondo, il depositario dei sogni di quella calda estate, continua ad essere il grande atteso. A ritardare il suo debutto le voci di un infortunio dove i grandi accusati sono una buca di Milanello e un banalissimo tapis roulant.

Una fitta nebbia inizia ad insinuarsi tra i pensieri dei tifosi rossoneri ma non in quel Milan che si presenta all’appuntamento in grande spolvero e con meccanismi tattici ben oleati. Maldini e compagni affrontano la Dinamo a Zagabria per la terza volta nella storia. Perfetta parità nei due precedenti con le due squadre a spartirsi una vittoria a testa.

Prima che la partita si incanali nei binari giusti, brividi iniziali che aumentano i decibel di quel catino infuocato gremito dai tifosi croati. Dopo cinque minuti, lancio dalla trequarti di Mikic che sorprende una difesa rossonera molto alta. Balaban, partito in solitaria in posizione centrale, non ne approfitta grazie alla provvidenziale uscita al limite dell’area di Abbiati. Qualche minuto dopo ancora un lancio lungo di  Biscan dalla trequarti della Dinamo. Ancora fuori posizione la nostra difesa. Civitanovic si invola sulla destra tutto solo. Appena entrato in area lascia partire un diagonale che Abbiati respinge di piede sul primo palo.

Il sogno può attendere. Ci sarà da soffrire. Però questa volta non serve affidarsi a sogni. Il Milan sale in cattedra con due situazioni in fotocopia. Punizione dai 30 metri. Sulla palla Albertini che lascia partire un potente tiro che Butina respinge con difficoltà. Si avventa Comandini che manda fuori.

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Qualche minuto dopo ancora una punizione dalla stessissima mattonella. Questa volta sulla palla ci va Shevchenko.

“Tiratore scelto che, appostato, batte i punti di passaggio obbligato per il nemico”. La Treccani nella definizione di cecchino ha dimenticato, calcisticamente parlando, di inserire il nome del campione ucraino.

Tiro capolavoro. Imparabile per Butina che prova ad allungarsi sulla sua sinistra ma il pallone si insacca all’incrocio dei pali. Vantaggio Milan.

Timida reazione della Dinamo che prova a lasciarsi trasportare dall’incessante tifo di casa. Ma è dominio Milan. Ancora Sheva che involatosi sulla sinistra in posizione defilata, lascia partire un sinistro che scheggia la traversa.

Milan vicino al secondo gol. Calcio d’angolo battuto da Albertini dalla destra. Coco di testa a colpo sicuro. Respinge il portiere ma il terzino rossonero riprende e calcia di destro sparando alto. Ma il raddoppio è nell’aria. Fallo laterale dello stesso Coco. Tokic prova ad allontanare di testa ma il pallone resta li. Ve la ricordate la definizione Treccani di cecchino? Bene, arriva la conferma.

Sheva è li, lascia rimbalzare la palla, la protegge e con un torsione che trova la sua descrizione estetica nella storia dell’arte, firma il raddoppio. Siamo alla fine del primo tempo ma il match potrebbe essere dichiarato concluso già qui, se non fosse per due episodi degni di nota.

Il primo riguarda l’invasione di campo di un tifoso croato che spezza la monotonia del match. Prontamente fermato e accompagnato all’uscita. Il secondo al 56′ va contemporaneamente ad aggiornare il tabellino dell’incontro e il manuale del calcio.

A centrocampo Albertini colpisce di testa un campanile proveniente dalle retrovie. Maldini di piatto sinistro l’appoggia a Gattuso che dopo una corsa palla al piede di qualche metro, mette dentro un filtrante per per Coco che taglia la difesa. Il terzino entra in area sulla sinistra e di prima mette al centro. Sul secondo palo è appostato Josè Mari che insacca il definitivo 3-0 a porta vuota.

Qualificazione ai gironi Champions raggiunta e con l’innesto di Redondo, il viaggio verso il sogno può proseguire la sua corsa spedita.

Ma si sa, i sogni alle volte si intorbidiscono per il cinismo della realtà. Berlusconi e tutto il popolo rossonero, hanno atteso invano colui che avrebbe fatto fare “un immediato salto di qualità alla squadra”. Fernando Redondo, il colpo del mercato estivo, la ciliegina sulla torta su una squadra pronta al grande salto, non scese mai in campo. Il destino volle che il suo ritorno al calcio giocato coincidesse con un Milan vincente ma solo due anni dopo.

La delusione per un sogno atteso e mai realizzato non è un fallimento. Bisogna sempre avere il coraggio di andare avanti e quel Milan da Zagabria in poi, l’ha dimostrato. In fondo “Solo una cosa rende impossibile la realizzazione di un sogno: la paura di fallire!” (cit. Paulo Coelho).

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Gennaro Gattuso
Photocredits: acmilan.com

 

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