il 08/11/2022 alle 12:00

Verso Cremonese-Milan: a casa Stradivari le ultime note stonate

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Il campionato 1995/96 doveva essere quello del riscatto. Bisognava ritornare velocemente li dove, tutto il mondo Milan, era abituato ad albergare. Un appassionante staffetta tra successi europei e dominio sul patrio suolo. Dall’avvento di Silvio Berlusconi, la bacheca fu costretta a far spazio in appena otto anni a ben a 24 trofei. Quattro scudetti, altrettante Supercoppe Italiane, tre Coppe Campioni, tre Supercoppe Europee e due Coppe Intercontinentali,  non potevano permettere a questo club di rimanere ancora all’asciutto e con la non piacevole partecipazione all’Europa di Serie B, la Coppa Uefa.

Chiamiamolo anno sabatico. Ma l’estate del 1995 si tornò a fare sul serio. Già dal mercato arrivarono due autentici boati. Il centravanti liberiano e Pallone d’Oro in carica, George Weah arrivò dal PSG per ereditare la gloriosa maglia numero 9 che fu di Marco Van Basten. A fine mercato, con qualche anno di ritardo, arrivò a Milano il calciatore dalla classe cristallina e vincitore, l’anno precedente del Pallone d’oro e il FIFA World Player. In assoluto uno dei più grandi della storia del calcio italiano e non solo. Roberto Baggio vestirà la maglia rossonera e con Savicevic e Weah andrà a comporre un tridente da sogno.

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Quel Milan è inarrestabile e si arrivò all’ultima giornata del girone d’andata. In programma la trasferta nella terra dei liutai e casa di Antonio Stradivari, patrimonio dell’Unesco. Nel territorio geograficamente lombardo ma che strizza l’occhio alla cultura emiliana, Capello e i suoi erano pronti a chiudere in bellezza la prima parte del campionato contro gli uomini del compianto Gigi Simoni.

Domenica 14 gennaio, la Cremonese, alla sua quinta e ultima stagione in A, provava a dare una gioia ad uno Zini che, sprezzante delle temperature siderali, gremiva gli spalti.

Le soavi corde di uno Stradivari che intonano il Capriccio n°5 di Nicolò Paganini come colonna sonora mentre si degusta un prelibato torrone era il programma di quel pomeriggio per chiudere la pratica da campione d’inverno.

Però nessuno aveva fatto i conti con la storia recente. Nella città che diede i natali al grande Ugo Tognazzi, orgoglio cinematografico italiano, il Milan, nei precedenti 14 anni, era riuscito a tornare a casa vittorioso solo in due occasioni. Negli altri quattro incontri, due pareggi e due sconfitte. L’ultima proprio nella stagione precedente. Non uno score entusiasmante e quella domenica pomeriggio Fabio Capello mandò in campo la migliore formazione possibile. Nessuna replica stonata era concessa.

Linea difensiva classica. Da destra a sinistra Panucci, Costacurta , capitan Baresi e Maldini. Albertini, Desailli e Boban nei tre di centrocampo. Il tridente offensivo, vista l’assenza di George Weah volato in Coppa d’Africa, composto dalla fantasia di Roberto Baggio e Dejan Savicevic a supporto di Marco Simone.

Difronte ad una Cremonese messa in campo ordinata e compatta, il Milan, imbattuto da 12 turni, cerca la via del successo investendo sulla tecnica e la rapidità per sopperire all’assenza del potente 9 liberiano. Sembra essere proprio questo lo spartito di giornata. Baresi e compagni iniziano ad accordare i propri violini per dar vita ad una sinfonia come leitmotiv del più classico dei testa coda.

Dopo appena 14 minuti, Panucci lancia da 30 metri in profondità. Simone sorprende la retroguardia grigiorossa. Solo davanti al portiere manda la palla in porta ma Verdelli rovina la festa ai migliaia di tifosi rossoneri e salva sulla linea. È ancora Milan. Il Divin Codino dipinge calcio sulla destra, serva al centro per Simone che strozza il tiro. Palla tra le braccia di Turci.

Vista la giornata in ombra del Genio Savicevic rimasto intrappolato nella lampada, sordo alle invocazioni di Capello e dei suoi compagni, è ancora Baggio a scuotere un Milan intorpidito. Porta a spasso mezza difesa cremonese. In velocità, sulla sinistra salta Garzya e prova il tiro. Turci para in due tempi sul primo palo.

Sul finire del primo tempo, Franco Baresi, con il suo iconico gesto del braccio alzato, anticipa ciò che si sarebbe concretizzato di li a poco. Richiama l’attenzione dell’arbitro non per segnalare un fuorigioco avversario bensì per riconsegnargli il pallone sgonfio. Stessa sorte succederà inspiegabilmente a quel Milan.

Nel 1818 l’allora Re di Sardegna, Carlo Felice, chiese al violinista più grande e virtuoso della storia della musica, Niccolò Paganini di replicare una delle sue entusiasmanti esecuzioni. Il Maestro, risoluto, rispose: “Paganini non ripete”. Tralasciando le conseguenze a quella risposta al cospetto del Re, il tifoso rossonero, era stufo di ripetere le solite scialbe prestazione nella Cremona, patria del violino.

Ma il poco gradito bis, stava per risuonare e accompagnare i 13 mila presenti allo Zini. Ad inizio ripresa è ancora Baggio che provò a travestirsi da Paganini e con una punizione dal limite, esaltò le qualità di Turci che sulla sua destra si distese e a mano aperta sventando il pericolo. Tutto sotto la curva dei migliaia di tifosi giunti da Milano pronti a sfatare un tabù inspiegabile.

L’illusione inizia a sgretolarsi intorno all’ora di gioco. Gigi Simoni manda in campo l’idolo di casa. Al posto di uno spento Florijancic, fece il suo ingresso bomber Tentoni. E proprio lui qualche minuto dopo, su un calcio d’angolo battuto da Maspero, raccolse una palla vagante in piena area piccola respinta malissimo da una distratta difesa rossonera. Tutto solo, tira a botta sicura di destro. Il boato del gol stava per raggiungere tutta la pianura padana se non fosse per un autentico miracolo di Sebastiano Rossi che con un’uscita disperata, devia la palla di piede.

Ma i presenti increduli stanno per assistere al Tentoni show. L’attaccante grigiorosso riceve palla sulla sinistra. Affronta e vince un duello in velocità con Baresi, e già questa sarebbe una notizia da prima pagina, incrocia di sinistro e la palla, utilizzando un temine vintage, fa la barba al palo con Rossi battuto. Due minuti più tardi, Maspero mette al centro una punizione dalla destra. Ancora Tentoni stacca tutto solo di testa e un Rossi immobile accompagna la sfera fuori a pochi centimetri dalla traversa.

Non solo bomber, anche assist man l’idolo di casa. Riceve palla, marcato da Costacurta, lo irride e con un colpo di tacco lancia tutto solo Petrachi davanti al numero uno rossonero. Il vantaggio della Cremonese dura qualche secondo. L’arbitro Beschin annulla per un millimetrico fuorigioco a dir la verità confermato anche da Baresi che con il suo braccio alzato non sdogana un semplice gesto ma era, è e resterà un dipinto da esporre nelle più prestigiose gallerie d’arte.

Prima che il direttore di gara sancisse la fine di uno sgradevole bis, un piccolo sussulto della capolista. Punizione dalla destra di Baggio, palla tesa in area e Tentoni, sempre e solo lui, atterrà platealmente Maldini. Rigore netto per tutti tranne che per Beschin. Ecco i titoli di coda su quello che diventerà l’ultimo Cremonese – Milan della serie A.

Al triplice fischio il Milan non avrà tempo e modo di gustarsi il titolo di campione d’inverno. Il pareggio con l’ultima in classifica darà seguito a uno tsunami di critiche sulla sua Weah dipendenza e sui rischi per il futuro.

Vi ricordate la storia di Paganini e il Re Carlo Felice? Il Sovrano dopo la risposta del musicista, non gli permise di andare avanti con l’esecuzione. Beh, normale, è pur sempre il Re. Quel Milan difronte alle critiche e al concreto spauracchio di altre partite così scialbe, si avvolse di porpora e si cinse il capo della sua corona.

Cremona divenne l’inizio di una cavalcata radiosa. Perchè se Paganini con il suo Stradivari fa Paganini, il Re si impone perchè Sovrano ma il Milan è sempre il Milan.

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