Fikayo Tomori si racconta senza filtri al The Guardian, toccando argomenti come il Milan, la famiglia, la vita in Italia e la differenza con la Premier.

Sull’esperienza in Italia
“Mi sono sempre visto un giorno vivere in un altro paese, che fosse per il calcio o semplicemente nella vita. Ho sempre voluto imparare una nuova lingua. A casa i miei genitori erano nigeriani, quindi mi parlavano yoruba, e ovviamente a scuola si imparano le lingue, ma io sono venuto in Italia determinato a imparare l’italiano. Anche se fossi stato qui in prestito solo per sei mesi, volevo almeno essere in grado di vivermi l’esperienza”.
Sulla differenza tra Premier League e Serie A
“In Inghilterra, il calcio è più come il basket. Tutto è end-to-end, c’è più intensità, tutto accade in modo reattivo. In Italia è più come il football americano. È come se avessi delle giocate impostate da fare. Quando la palla è qui, devo essere qui. Quando la palla va da un’altra parte, so che devo essere due metri più in là in quella direzione, o che cercare questo giocatore in particolare… In Inghilterra è molto improvvisato e le cose accadono così velocemente. In un momento puoi attaccare e trovarti in quello dopo a correre indietro di 30 metri, poi tornare di nuovo all’attacco. Qui è più come: ‘OK, la palla è lì, dov’è il mio compagno di squadra? Dov’è l’avversario?’ Se la palla è lunga devo essere in una posizione in cui posso lasciare l’attaccante e arrivarci, ma se la palla arriva tra i piedi all’avversario sono in grado di andare a premere”.
Su Paolo Maldini
“Paolo Maldini è il miglior difensore di sempre. L’altro giorno ci ha parlato della velocità della palla e di come lavorare sulla posizione del nostro corpo. Come difensore, vuoi assicurarti sempre di impressionarlo”.
Sulla non chiamata in Nazionale
“Ci sono già così tanti giocatori di talento nel mio ruolo e c’è un numero limitato di posti. Devo solo assicurarmi di giocare ad alto livello. Poi quando vengo chiamato dovrò essere sicuro di stare al top. Ecco perché devo concentrarmi prima di tutto su quello che sto facendo qui al Milan”.
Sulla famiglia e sulla vita in Italia
“Ieri stavo parlando con mia sorella, che mi conosce da tutta la vita. Mi ha detto: ‘Sembri solo molto più calmo, molto più sorridente’. Penso che probabilmente sia l’effetto che fa l’Italia. Tutto è un po’ più tranquillo. In Inghilterra, è tutto così frettoloso e frenetico, mentre qui le persone se la prendono con un po’ più di calma”.
Sull’episodio di Cagliari
“Ovviamente non è stato un buon momento, ma tutti i giocatori mi hanno aiutato ad uscire dalla situazione. Tutti sapevano cosa stava succedendo. Ho parlato con l’arbitro e da allora tutti sono stati di grande supporto e hanno cercato di starmi più vicino possibile, il che è stato fantastico. È stato un momento triste per me e anche per Mike, ma il club è stato di grande supporto e ha reagito molto rapidamente. Ma il problema non sono solo gli stadi. Potresti commettere fallo, subire un rigore, qualsiasi cosa, e quando torni negli spogliatoi hai mille messaggi da dei nessuno. Le persone creano un account falsi perché sanno di potere dire tutto senza avere conseguenze, si sentono intoccabili. Le società che gestiscono i social media dovrebbero essere in grado di fare di più per ridurre ciò che sta accadendo”.
Sulla situazione del calcio italiano nel panorama europeo
“Penso che ci siano dei cicli nel calcio. Prima era il Real Madrid, il Barcellona, poi il Bayern Monaco, poi le squadre inglesi. Non credo sia una correlazione specifica tra il calcio italiano e il non fare bene in Champions League.”
Sulla mamma di Pioli
“I miei genitori non mi mettono così pressione (ride, ndr). Ma ovviamente è qualcosa che vogliono che io faccia, vogliono che io abbia una carriera di successo. Ora siamo a buon punto, ma stiamo affrontando partita dopo partita. Speriamo di avere alla fine qualcosa da festeggiare e che la mamma di Pioli possa finalmente lasciarlo in pace”.
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photocredits: acmilan.com