il 19/02/2022 alle 11:28

Timothy Weah: “Il Milan fa parte della mia famiglia, certo che mi piacerebbe giocarci!”

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Timothy, il figlio del Pallone d’Oro rossonero George Weah, è stato intervistato questa mattina sulle pagine di Sportweek.

“Con il Chelsea sarà una partita incredibile, contro una della migliori squadre al mondo. E’ un sogno per qualsiasi giocatore disputare gare del genere a Stamford Bridge.”

Papà George giocò pure nel Chelsea, vincendo una FA Cup.
“Quando sono nato, mio papà in effetti giocava con i Blues e da ragazzino ci feci qualche provino. Per me dunque è una sfida in più, contro una squadra che sfoggia grandissimi giocatori in ogni ruolo, tutti tra i migliori al mondo: da Lukaku a Jorginho passando per Pulisic, mio compagno di nazionale. Al Chelsea ho comunque un sacco di amici con cui sono cresciuto, come Reece James e Hudson-Odoi. Non vedo l’ora di godermi il momento.”

E giocherà anche contro l’allenatore Tuchel, che al PSG non l’ha valorizzata.
“E’ sempre interessante affrontare gli ex allenatori. E’ vero, a Parigi non ho giocato molto con lui ma ero molto giovane. E’ comprensibile, ero in fase di apprendistato. Poi comunque sono andato al Celtic e ho vinto il campionato. Esperienze che fanno crescere. Adesso gioco con più continuità quindi è il momento giusto per ritrovare Tuchel. Sarà divertente anche sfidare il mio ex capitano al PSG, Thiago Silva.”

Il Lille si è qualificato da primo nel girone e da campione di Francia: un titolo insperato salvo per lei, tra i pochi a crederci fin dall’inizio.
“Sono ambizioso di natura e ogni stagione la affronto con l’idea di fare qualcosa di grande. Per mentalità penso solo a vincere, ad arrivare per primo. In più lo scorso anno avevamo la squadra giusta per fare qualcosa di incredibile.”

Al di là dell’ambizione, che tipo di attaccante è lei?
“Il mio obiettivo è diventare uno dei più grandi, come Lukaku o Cavani: voglio segnare tanto e fare assist sfruttando la mia velocità. Ultimamente ho segnato meno, ma lavoro per migliorarmi ogni giorno. Posso giocare su tutto il fronte d’attacco anche se preferisco davanti o sulla sinistra, anche se ultimamente gioco spesso a destra.”

Quali sono i suoi idoli? In casa sua in bella vista c’è la maglia di CR7 oltre a quella di papà George.
“In realtà le ho comprate entrambe a delle aste di beneficenza. Ronaldo è uno dei migliori della storia, ma il mio idolo assoluto rimane papà perché ha avuto una carriera fantastica. Me ne resi conto un giorno da bambino: facevamo shopping e fummo assediati dai tifosi che gli chiedevano foto e autografi. Allora mi spiegò tutto. Così poi andai a rivedermi le sue partite su Youtube, a leggermi gli articoli su di lui. In un certo senso riscoprirlo sotto quel punto di vista fu uno shock ma positivo. E comunque per me rimane solo il mio papà.”

Che caratteristiche le piacerebbe avere di lui?
“Mi farebbe comodo la sua potenza fisica in particolare. Spalle alla porta era davvero forte, anche tecnicamente. Se potessi, prenderei tutto, mi renderebbe tutto più facile.”

-Leggi QUI anche: “Nuovo ruolo per Tommaso Pobega, un assist al Milan?”-

Le dà qualche consiglio?
“Lui conosce bene il calcio e me ne dà sempre di buoni, come mia mamma, che è patita di calcio.”

George è l’unico africano ad aver vinto il Pallone d’Oro: un’anomalia?
“Innanzitutto è una fonte di ispirazione, un esempio che mi stimola molto. E’ normale che abbia vinto il Pallone d’Oro, perché era fortissimo. Meno invece che non ci siano stati altri africani a vincerlo dopo di lui. Alcuni lo avrebbero meritato, come Eto’o o Mané, ma forse hanno pagato il fatto di essere africani il che dà ancora più valore al trofeo di mio padre.”

Papà il Pallone d’Oro lo vinse da giocatore del Milan. La Serie A è un campionato che la ispira?
“Quello italiano è un campionato appassionante, con molte squadre che possono lottare per lo scudetto: Milan, Inter, Juve, Roma. Magari non è più al top come la Premier ma lo è stata quando c’era il grande Milan di mio padre. Mi piacerebbe giocarci un giorno.”

Al Milan ci sono suoi ex compagni, come Maignan con cui è cresciuto al PSG.
“Con Mike parlo spesso di Milan. Mi dice che si trova benissimo con i tifosi e che la città è fantastica. Ma mi sento anche con Rafael Leao, Fikayo Tomori, tutti miei amici. Il Milan è una bella squadra. Di Serie A parlo anche con McKennie che si sta godendo il periodo alla Juve. Come Moise Kean, un altro pazzerello che incrocio sui campi da quando avevamo 13 anni.”

Le piacerebbe un giorno giocare al Milan?
“Naturalmente sono focalizzato sul Lille, ma è sempre stata una mia ambizione giocare un giorno in un grande campionato come la Serie A e in particolare in un grande club come il Milan, che in fondo fa un po’ parte della storia della mia famiglia.”

A suo padre farebbe piacere?
“Non me ne parla mai apertamente, ma quando ero bambino c’era l’idea che andassi a giocare nelle giovanili rossonere. Le cose sono andate diversamente, però magari al Milan arriverò lo stesso. Nel calcio le cose vanno veloci, e non si sa mai.”

E’ difficile portare sulle spalle il cognome Weah?
“Mi ritengo una persona equilibrata, calma. Per me chiamarmi Weah non è un peso: è il nome della mia famiglia. Gioco anche per fargli onore. Il fatto che papà sia stato una star internazionale e che oggi sia un capo di Stato non conta. Lui ha fatto una carriera straordinaria, spetta a me continuare quel percorso come magari spetterà a mio figlio se mai vorrà diventare calciatore. Se mi mettessi a pensare al passato di papà diventerebbe tutto problematico, così preferisco concentrarmi sul calcio, dare il massimo, migliorarmi e godermi ogni momento in campo.”

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Nel programma di governo di suo padre in Liberia, oltre all’accesso gratuito agli studi universitari, c’è l’abolizione del divieto di cittadinanza per i bianchi. Anche lei è salito in prima linea contro il razzismo nel calcio. E’ giusto lasciare il campo in caso di insulti razzisti?
“Tutti potrebbero darle la propria ricetta, ma uscire dal terreno di gioco è giusto perché è un gesto che trasmette un concetto di unità, senza alcun distinguo: siamo tutti una grande famiglia. Nel 2022 non ci può essere spazio per il razzismo. Anche se ho l’impressione che nell’ultimo anno ci siano stati meno episodi discriminatori, se non cambiano le cose nella vita di tutti i giorni non cambieranno nel calcio. Sono stato fiero di Mbappé che nel 2020 fece interrompere la gara di Champions contro il Basaksehir, rientrando negli spogliatoi. Come lo sono stato quando lo fece il Milan in un’amichevole nel 2013 con la Pro Patria in segno di solidarietà verso Boateng.”

A proposito di Mbappé, secondo lei deve restare al PSG?
“Kylian è uno dei miei amici nel calcio, abbiamo giocato insieme al PSG, dove mi dava molti consigli. Sta facendo cose straordinarie ed è già uno dei migliori al mondo. Ma non gli consiglio di rimanere per forza a Parigi. E’ normale che dopo tanti anni voglia cercare nuovi stimoli in un altro campionato, in un altro calcio, in una squadra top anche per continuare a migliorarsi. E poi a chi non piacerebbe giocare nel Real Madrid?”

Lei per che squadra tifa?
“Inanzitutto il Lille, ma fin da ragazzino sono un tifoso dell’Arsenal per via di mia madre che era una fan di Arsene Wenger e mi portava sempre all’Emirates Stadium.”

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