Clarence Seedorf, ex stella del Milan, ai microfoni di Amazon Prime Video ripercorre la sua carriera da calciatore. Sono diversi gli spunti interessanti.

Parte dall’Olanda: “Il mio sogno era di diventare giocatore della prima squadra dell’Ajax. Poi negli anni è arrivata anche la maglia bianca del Real Madrid. Quando avevo 15 anni ho ricevuto una chiamata per andare a giocare a Madrid e i miei genitori hanno deciso di tenermi vicino a casa e di finire la scuola. Quindi queste due maglie sono state le prime ad avermi dato qualcosa di speciale”.
Poi, arriva la Sampdoria: “La mia prima esperienza fuori dall’Olanda. In Italia, che era il campionato più ambito in quel momento, c’erano 10 squadre super competitive in lotta per lo Scudetto. La Samp aveva appena giocato la finale di Champions League e mi ha dato tanto. Mi ha fatto capire cosa ci vuole per essere un giocatore forte anche all’estero. Anche di quale mentalità hai bisogno e come adattarti alle nuove culture sia dentro che fuori dal campo. Con questo bagaglio sono andato a Madrid e mi sono adattato velocemente”.
A quel punto, a proposito, la maglia ‘Blanca’ del Real: “Nel 97-‘98 abbiamo fatto un anno particolare, abbiamo sofferto molto durante il campionato ma in Champions, quando siamo arrivati alle fasi a eliminazione, abbiamo portato a casa una vittoria nella finale contro la Juventus dopo 33 anni. Al Real mi sono consolidato come giocatore a livello internazionale. Di derby ne ho giocati tanti, il mio primo è stato Real Madrid–Barcellona di Supercoppa Spagnola. Per una settimana la gente ha dormito per strada e in tenda per poter comprare un biglietto per il match. Una tensione e un’aspettativa in città che non ho mai visto da nessuna parte. E poi abbiamo vinto”.
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Seedorf arriva a Milano: “Rientrato in Italia ho indossato la maglia dell’Inter. Sono stato lì due anni e mezzo e poi sono passato dall’altra parte: non una cosa semplice. Ma io dico sempre che quando rispetti la maglia e la indossi, poi la gente ti rispetta. Questo è quel che è successo a me con gli interisti. Il Milan è stato la mia casa e in 10 anni abbiamo scritto tante belle pagine insieme. Durante gli anni in rossonero ho dimostrato di avere una capacità di essere concreto sul campo, rispettoso degli avversari. E poi ripeterò alcune parole che venivano dall’alto. Berlusconi diceva sempre che bisogna ‘essere più forte della sfortuna ed essere ambiziosi’. L’ambizione di voler vincere. Il Milan in quel periodo aveva una mentalità diversa, una convinzione e una autostima veramente alta. La mentalità, l’eleganza, la qualità e la capacità di capire i momenti dentro e fuori dal campo“.
Infine, spende qualche parola per Carlo Ancelotti: “Il suo stile è creare le condizioni migliori per i giocatori perché possano esprimere il loro talento. Non tutti gli allenatori lo fanno. Tanti creano le migliori condizioni per se stessi e i giocatori poi devono adattarsi. Ancelotti ha sempre cercato di capire quali fossero le esigenze della squadra a livello tattico e anche individuale e poi trovava le soluzioni. Basta vedere Pirlo, Modric e tanti altri a cui lui è riuscito a dare una posizione in campo che poteva farli rendere tanto. Anche me stesso, io ero trequartista. Noi avevamo quattro trequartisti. Potevi essere creativo. E lui invece di scegliere chi tenere fuori e chi dentro ha deciso di averli tutti dentro. Ma è riuscito a trovare l’equilibrio. È una delle sue qualità principali”.
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