Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l’ex portiere del Milan degli Invicibili Sebastiano Rossi è tornato a parlare del suo passato, del suo presente e del suo futuro.

Che ha fatto in tutti questi anni, Seba? Non dica che è andato a letto presto…
«Ho lavorato tanto per me, adesso lavoro per gli altri. Ho giocato fino a 39 anni, ho ricominciato un’altra stagione della vita a 40, vado avanti. Sto bene, vivo a Cesena, a casa mia, responsabile dell’area tecnica della nostra squadra, in Serie C. Sono tornato alle origini. Ero partito dalla C con il Forlì, quarant’anni fa, ’82-83».
Poi Cesena in A. E il Milan, “quel Milan”. Tanta roba, cinque scudetti e la Coppa dei Campioni di Atene, 4-0 al Barcellona…
«Eh, sì. Mi è andata bene, ma poteva andare meglio. Potevo fare anche i Mondiali, nel 1994. Ma Sacchi ha fatto altre scelte. Mah. La difesa del Milan sì, il centrocampo del Milan sì, il portiere no? Però, dai, va bene così. Ci tenevo, perché mi sarebbe piaciuto vincere anche un Mondiale. Non so se sarebbe andata diversamente ai rigori. Chissà…».
I rapporti con Sacchi adesso come sono
«Buoni. Anzi eccellenti. Con Arrigo mi sento spesso, era stato lui a volermi al Milan. È il mio primo maestro, abbiamo vinto il campionato Primavera con il Cesena».
Poi ha avuto altri allenatori: Bigon, Lippi, Capello, Zaccheroni. Con chi è stato meglio?
«Con tutti. Perché da tutti ho imparato. Diciamo che con Capello era diverso perché in quel Milan c’era sempre il profumo della vittoria».
E il sapore dei primati. Anche i suoi, vittorie consecutive, minuti senza prendere gol. Rossi ha superato il record di Zoff. Buffon ha battuto il record di Rossi.
«Dino Zoff era il mio idolo. Mi sono ispirato a lui, un mito assoluto. Buffon è Buffon e basta. In un suo libro ha avuto belle parole per me. Ha detto che, all’esordio a Parma contro il Milan, l’ho incoraggiato. Che sono un ragazzo sensibile. Mi fa piacere».
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Sensibile? Ma se prendeva per il collo i giocatori che facevano gol. Vedi Bucchi dopo Milan-Perugia 1999.
«Oh. Io non volevo mai perdere. È venuto a prendersi il pallone dentro la mia porta. La mia. Non si fa così, lo diceva anche il regolamento».
Forse era nervoso. In quel periodo non c’era troppa alternanza? È stato scritto: la guerra dei portieri. Pazzagli, Antonioli, Pagotto, Taibi, Lehmann…
«Macché guerra. Io non ho fatto la guerra a nessuno. C’era concorrenza e rivalità, questo sì. Giusta competizione. Giocavamo sempre per vincere, io per non prendere gol, anche nelle partitelle di allenamento. Non c’era seduta che uno di noi non uscisse con una ammaccatura, o un taglio. Funzionava così, ed era bellissimo. Io mi sono sempre impegnato e divertito».
Si diceva: Rossi portiere pazzo…
«Ma va’. Non mi sono mai considerato un pazzo. Credo invece di essere stato abbastanza coraggioso, vivevo tutto molto intensamente. Mi impegnavo al massimo. Sempre. E non mi dispiace se qualcuno ancora oggi dice che sono stato un precursore nel modo di stare in campo e di interpretare il ruolo. Non avevo paure né timori».
Come quando a Foggia, nell’ottobre del ’93, un tifoso le ha lanciato un fumogeno e lei lo ha ributtato sugli spalti?
«Non me ne sono neanche accorto. Arrivava di tutto, bottiglie, bulloni, sassi: la recinzione era attaccata alla porta. Ero concentratissimo sulla partita, ho preso il petardo d’istinto e l’ho rilanciato. Sono momenti, capita, bisogna essere lì per capire. Comunque, anche se sono particolari, sono sempre bei ricordi».
Dei suoi colleghi portieri chi ricorda?
«È stata una buona generazione, eravamo tutti italiani, escluso il fenomenale brasiliano Taffarel. Una grande scuola, eccellenti preparatori, fra i primi nel mondo, poi la preparazione è stata trascurata».
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I più bravi dei suoi tempi?
«Molti ragazzi in gamba, buoni giocatori. I migliori? Zenga, Tacconi, Giovanni Galli».
Rossi, e adesso?
«Molti ragazzi stranieri. Non voglio dare giudizi, ma posso dire che Maignan è molto bravo, para bene, ha buoni lanci. Poi Handanovic, che ha avuto preparatori italiani. Onana? Non lo conosco, ho visto poco. Dobbiamo aspettare. Gli altri sono quasi tutti di buon livello».
Che cosa non le piace dei portieri attuali?
«I passaggini indietro, tre-quattro volte di seguito. Ma buttala avanti, fai un bel lancio. Una noia mortale, come la musica andina, come cantava Lucio Dalla. Uffa, sono snervanti».
E gli stranieri?
«In certi atteggiamenti in campo mi rivedo in Neuer e Courtois. Poi a Parigi c’è il nostro Donnarumma, che è anche il portiere della Nazionale. È il futuro».
E nel futuro di Sebastiano Rossi cosa dobbiamo leggere?
«Ho vinto molto, quasi tutto. Adesso vorrei vincere qualcosa qui a Cesena, a casa mia. Cosa c’è di più bello?».
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