In un lungo editoriale sul Corriere della Sera, Mario Sconcerti tira le somme dell’ultimo mese in casa Milan.

“La lunga trattativa fra Maldini e il Milan è la fotografia di un calcio profondamente cambiato. Non parlo di schemi, parlo di modo di gestire le società, quindi l’intero movimento. Noi siamo rimasti gli stessi, la gente ha la stessa fretta di acquisti e la stessa specie di amore nei confronti della squadra. Ma qualcosa di forte non torna più nei tempi di reazione. Sembrano tutti lenti, quasi incomprensibili anche in affari scontati come il rinnovo di Maldini o Italiano. Presi dal bisogno di calcio ordinario, non ci siamo accorti del ribaltamento avvenuto. Oggi le proprietà sono in maggioranza americane. Alcuni di loro sono miliardari vasti, altri rappresentano fondi d’investimento, ma tutti americani sono. Cioè investono, non spendono. Questa è la prima differenza. La seconda è che non mettono i loro soldi in mano a nessuno, nemmeno al loro uomo di fiducia. Nessuno ha potere di firma, cioè di conclusione, solo la proprietà. I nostri dirigenti hanno autonomia di scouting, di scelte e in sostanza anche di trattativa, ma quando si arriva alla fine è la proprietà americana che decide, non il direttore dell’area tecnica.”
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“Competenza, finanza, progettualità, sono tutte categorie diverse che nel vecchio calcio spesso combaciavano. I presidenti davano un budget e l’obiettivo era rimanerci dentro. Ora si discute tutto, spesso sono i presidenti stessi a parlare con gli intermediari. C’è una presenza operativa che ha schiacciato il ruolo dei vecchi uomini mercato. I direttori sportivi fanno teatro, sviluppano trame, tengono buoni rapporti con i media (fateci caso: nessun imprenditore americano parla, il silenzio distingue la forza) ma non decidono più. In sostanza c’è un potente flusso di denaro che non è più libero di circolare e accontentare un mondo per tradizione vasto e goloso. Oggi i binari sono pochi e soprattutto sono esatti. Credo sia questo il confine dell’autonomia che anche Maldini chiedeva. Ma è qualcosa di non previsto nel mondo reale. Tu tratta e riporta. Sei il migliore, ma i soldi sono miei. È una rivoluzione culturale infinita e sciocca, perché dovunque nel mondo funziona così. Ma il calcio è sempre stato un sogno e i sogni hanno prodotto miliardi di debiti. I sogni sono allusioni finali, nel mezzo c’è la realtà. Gli americani l’hanno improvvisamente portata. È tempo di smettere di meravigliarsi. Magari continuando comunque a sognare.”
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