Scacco Matto – Zona Liedholm: Baresi prima di Sacchi

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Del Nils Liedholm allenatore del Milan 1978/79, vincitore dello scudetto della stella, si ricordano tutti. Di contro, forse non molti hanno memoria dello svedese in panchina nel triennio compreso fra il 1984 ed il 1987.
Era, quello, un Milan in difficoltà, alle prese con gli ultimi anni della gestione Farina e con il passaggio al nuovo proprietario Silvio Berlusconi, avvenuto il 20 febbraio 1986.
La squadra ereditata dalla gestione precedente (Castagner – Galbiati) era reduce da un deludente ottavo posto. Col ritorno in panchina di Liddas, la società rossonera procedette ad una vera e propria rivoluzione: nell’estate del 1984   arrivarono Terraneo, Di Bartolomei (fedelissimo del Barone fin dai tempi di Roma) e Virdis, insieme ai due inglesi Wilkins e Hateley. Proprio un gol storico di Attila Hateley consentì al Milan di vincere alla 7° giornata (dopo diverse stagioni) il derby contro i cugini nerazzurri. Il campionato va bene ed i rossoneri vengono condotti da Liedholm fino al 5° posto in classifica, che significa qualificazione alla Coppa UEFA.
Nonostante le casse societarie non siano floride, per il palcoscenico europeo la rosa della stagione successiva viene arricchita dall’acquisto di Paolo Rossi, eroe del Mondiale ’82 sul viale del tramonto. Purtroppo le attese della vigilia non vengono confermate dall’andamento della stagione: in campionato la squadra arriva 7° mentre in Uefa viene sorprendentemente eliminata dai belgi del Waregem dopo la sconfitta per 1-2 patita al ritorno a San Siro. Pablito Rossi chiude l’esperienza in rossonero con appena due reti realizzate, anche se sono quelle importanti che consentono al Milan di pareggiare il derby del 1° dicembre.
La stagione 1986/87 è la prima nella quale il mercato viene fatto da Berlusconi. Arrivano Giovanni Galli, Bonetti, Donadoni, Galderisi e Massaro. La squadra parte bene, Virdis segna a raffica ma, nella primavera 1987, si assiste ad un preoccupante calo. Così, dopo 26 giornate, Liedholm viene esonerato. Al suo posto arriva Fabio Capello, che riesce a conquistare una qualificazione Uefa dopo lo spareggio con la Sampdoria, risolto da Massaro nei tempi supplementari.
Nonostante questo secondo regno del barone non sia stato a livello del primo, non bisogna comunque dimenticare che fu in questo periodo che il Milan cominciò a gettare le basi per quel ‘gioco a zona’ che poi avrebbe implementato Arrigo Sacchi.
A scanso di equivoci, le due ‘zone’ erano diverse. In un capitolo del suo famoso libro La Piramide Rovesciata, il giornalista inglese Jonathan Wilson cita Sacchi affermare che la zona di Liedholm non fosse una ‹‹vera zona››. Il punto sarebbe relativo al fatto che, nella versione di Liedholm, la zona era più orientata all’uomo che allo spazio, come invece sarà con il tecnico di Fusignano.
In termini moderni potremmo definire la zona del Barone Liedholm come una zona orientata sull’uomo. Il solo fatto che la si possa appunto tradurre in linguaggio attuale ci fa capire la modernità di un approccio che, per i tempi, era fortemente innovativo.
L’allenatore svedese aveva già fatto parlare della zona durante il periodo romano a partire dal campionato 1979-80, quando venne sperimentato il cosiddetto ‘doppio libero’, cioè la coppia centrale costituita da Santarini e Turone. I fattori chiave per l’implementazione della zona nella Capitale furono però gli arrivi di Nela e, in particolare, la decisione di spostare Di Bartolomei nella posizione di centrale difensivo. In pratica, con DiBa in difesa e Falcao a centrocampo la Roma aveva a disposizione due registi in grado di cucire il gioco e tessere quella fitta rete di passaggi che caratterizzavano la fase offensiva della compagine di Liedholm.
Il gioco predicato dallo svedese prevedeva infatti una elaborata fase di possesso, alla quale faceva seguire improvvise accelerazioni in avanti.
Inoltre, sfruttando lo strapotere fisico di Vierchowod, Liedholm poteva permettersi di usare appunto Di Bartolomei da secondo centrale e, allo stesso tempo, di avere due terzini di spinta come Nela e Maldera.
Arrivato al Milan lo svedese cercò di replicare quell’impianto di gioco. In difesa c’era Baresi a fungere da registra arretrato, cosa che permise a Liedholm di riproporre di Bartolomei a centrocampo. A fianco di Baresi venne posizionato il giovane Filippo Galli con Paolo Maldini che esordì come esterno (destro) nel 1985/86, totalizzando subito 27 presenze.
A parte la fase offensiva, interessante di quella squadra fu l’applicazione della tattica del fuorigioco. In generale, alla linea arretrata veniva chiesto di alzarsi in occasione di scarichi all’indietro degli avversari, accompagnando la risalita del pallone.

Tuttavia, con gli avversari che attaccavano la profondità, la linea difensiva arretrava fino a fermarsi nel momento in cui gli attaccanti finivano in fuorigioco oltre i giocatori milanisti (all’epoca non esisteva la differenziazione fra attivo e passivo).

Questa applicazione non impediva la rottura della linea e, a volte, la conseguenza di ciò era una difficoltà ad assorbire inserimenti da dietro.

Rispetto a quello che sarà con Sacchi, la linea di Liedholm risulterà a volte piuttosto statica, con gli interpreti che non si muovevano all’unisono.
Detto questo, i primi rudimenti di zona sono arrivati a Milanello con Liddas, in un periodo come detto non facile a livello tecnico.
Michele Tossani

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