Arrigo Sacchi ha commentato alla Gazzetta dello Sport il grande lavoro della società rossonera: “Le idee contano più dei soldi”.

L’argomento è alla base di molti suoi ragionamenti, perché?
“Vi racconto un aneddoto. Alla mia prima stagione da allenatore al Fusignano mi mancava il libero. Andai da un dirigente e gli spiegai il problema, mi disse: ‘che numero di maglia ha il libero?’. ‘Il 6’. Andò a prendere la maglia e dandomela concluse: ‘adesso, se sei bravo, il libero lo costruisci con il lavoro e con le idee’. Non c’erano soldi e dunque non c’erano alternative. Quell’anno vincemmo il campionato.”
Se non hai soldi devi aguzzare l’ingegno: questa è la norma?
“Proprio così. Dovrebbe esserci una regola che dice alla società: non si possono fare debiti. Per essere competitivi è importante avere intuizioni, passione, spirito di sacrificio. Ma in Italia siamo rimasti alla furbizia come qualità principale…”
E’ questo il vero problema?
“Secondo me sì. Qui da noi bisogna vincere a ogni costo, anche facendo debiti, anhe giocando male, anche fregando l’avversario. Ma non è giusto. In Spagna se vinci giocando male il pubblico ti fischia, l’ho provato sulla mia pelle. In Italia invece ti applaudono. E la colpa è di tutti: presidenti, dirigenti, allenatori, giocatori, tifosi e giornalisti. Con questo andazzo, però, non si cresce: bravo il Milan che ha invertito la rotta e sta cercando di diventare una squadra di livello internazionale attraverso il rispetto di banali regole economiche, che applicherebbe ogni buon padre di famiglia.”
-Leggi QUI anche “Calciomercato – Triangolo Napoli-Milan-Inter per il centrocampista”-
E’ vero che lei una volta fece vendere due giocatori che pensavano soltanto ai soldi?
“Mi capitò a Parma, erano due ragazzi con me da cinque anni ma ormai nelle loro teste c’era solo l’ingaggio, non più il calcio. Li mandammo via e non ci furono conseguenze negative sul piano dei risultati, anche perché per me il leader è sempre stato il gioco, non il singolo giocatore.”
Arrivato al Milan, allontanò un giocatore che non si comportava da professionista e non chiese rinforzi.
“Già, dissi a Berlusconi che andava benissimo la riserva di quello che avevamo mandato via. Prima di scegliere un giocatore guardo la persona perché sono stato convinto che i piedi li puoi migliorare ma la testa no.”
Anche lei quando fu ingaggiato dal Milan firmò il contratto in bianco, vero?
“Esatto. Non volevo dei giocatori avidi e dovevo dimostrare che non lo ero neanche io. Il Milan scegliendo elementi giovani e poco conosciuti ha preso una direzione precisa: si punta sul gioco, se si fa male uno entra un altro e non si fanno drammi, conta il collettivo e non il singolo. Questa è la strada per arrivare lontano, altro che spendere soldi per acquistare questo o quel campione, che poi magari non è neanche un campione…”
Scarica QUI la nostra app per dispositivi Android. Rimani sempre aggiornato sulla tua squadra del cuore!
Scarica QUI la nostra app per dispositivi IOS. Rimani sempre aggiornato sulla tua squadra del cuore!