Arrigo Sacchi ci porta dentro (e dietro) la sua vita al Milan: dal rapporto con Berlusconi alle tensioni con Van Basten
Per la pubblicazione del suo nuovo libro “Il realista visionario“, Arrigo Sacchi ha concesso un’intervista al Corriere della Sera: i temi, ovviamente, ruotano intorno al suo grande Milan. Dal rapporto con Silvio Berlusconi a quello travagliato con Van Basten, passato per la situazione attuale dei rossoneri. Tanti racconti, tanti aneddoti, tanta vita: quella vissuta da Arrigo Sacchi al Milan.

Il Milan degli olandesi: Sacchi e il rapporto con Van Basten, Gullit e Rijkaard
VAN BASTEN: «Il calciatore che più ho amato? Non mi costringa a fare classifiche, non è giusto. Ho voluto bene a tutti i miei giocatori, nessuno escluso. Van Basten? Qualche anno fa, le cose che disse in una intervista mi ferirono. Ma non gliene voglio male. Non mi sembra di essere stato duro con lui. Semplicemente, lo trattavo e lo valutavo come gli altri. Forse non gli andava bene questo. Ma non me lo ha mai detto. Tra noi non c’erano problemi. Forse qualche tensione c’è stata. Lui era convinto che noi italiani fossimo tutti ignoranti. Una volta gli risposi. Caro Marco, gli dissi, guarda che noi vincevamo i campionati del mondo quando voi olandesi stavate ancora sott’acqua. Lo feci ridere, e ne fui felice. Era una persona e un atleta fragile. Durante una partita di precampionato della nostra prima stagione, gli dissi che non serviva che andasse incontro alla palla a centrocampo. Vacci vicino, senza cercarla, e poi taglia dentro, che così ti picchiano di meno. Mi ascoltò? No, e lo spaccarono. Era un fuoriclasse assoluto, un po’ testardo. Quando ritornò in Italia dal primo infortunio, venne a vedere Milan-Napoli, il famoso 4-1 per noi. Mister, mi disse, non avrei mai creduto che in così poco tempo lei riuscisse a fare un gioco così poco italiano».
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GULLIT E RIJKAARD: «Pensi che quando andai perla prima volta a vedere Frankie Rijkaard prima di convincere Berlusconi ad acquistarlo al posto dell’argentino Claudio Borghi, operazione che come noto non fu facile, non mi fece una grande impressione. Ma forse quella volta ero stato poco attento. Avevo già vinto un campionato, ma continuavo a essere un po’ in soggezione dell’ambiente. Mi sembrava ancora tutto più grande di me. Con il direttore sportivo Ariedo Braida, andammo a Rotterdam per una partita della nazionale olandese. Pioveva a dirotto. Lui mi disse, Arrigo vai pure sotto la tettoia, io invece mi metto in prima fila. Sono proprio gentili, pensai. Invece Ariedo, che è uno straordinario uomo di calcio ma anche un bon vivant, non lo aveva fatto perla mia salute.“Ti metti lì, e prendi nota di tutte le belle ragazze in tribuna. Poi all’intervallo me le indichi, che le voglio vedere”. E da buon soldato, invece delle mosse di Rijkaard, segnai sul taccuino il posto dove sedevano le donne più attraenti. Per fortuna, ci furono altre occasioni. Ruud è forse la persona che più di tutte ha capito e accettato l’ossessione che mi ha sempre divorato. Per il calcio, si intende. Con quel Milan aggredivamo e costruivamo. In un Paese dove in qualunque campo si tende a vivacchiare, noi eravamo l’eccezione».
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Il rapporto con Berlusconi e la crisi del Milan di Pioli e di Leao
LA DEDICA DI SACCHI A BERLUSCONI: «L’ultima volta che ho sentito il presidente fu due mesi prima della sua morte. Ripetemmo la nostra gag. Io che gli confesso di non riuscire a dargli del tu, lui che mi insegna come fare. “Si metta davanti allo specchio, e dica a voce alta: Silvio Berlusconi è uno str***o, Silvio Berlusconi è uno str***o”. Era davvero convinto che potesse funzionare. Ci ho mai provato? Mai. Quel giorno, nel salutarmi, mi disse: Arrigo chiama quando vuoi, in fondo sei una delle poche persone del mondo intero che non mi hanno mai dato dello str***o. Non l’ho più fatto, e ancora me ne dispiace. Sentivo che era stanco. Ho voluto molto bene a quell’uomo. Gli devo tutto. A differenza di molte, troppe persone, che oggi fingono di non averlo mai conosciuto, io non me ne dimentico».
LEAO E LA CRISI MILAN: «Perché il giudizio su Leao è così severo? Non sopporto chi non sfrutta appieno il proprio talento. Quel ragazzo ha qualità evidenti, ma sta raccogliendo meno di quanto potrebbe. Nel calcio, la testa va allenata non solo per colpire la palla. Per quanto riguarda la crisi del Milan, mandare via Paolo Maldini è stato un atto contro natura. Prendere 6-7 nuovi stranieri in una sola volta invece è un azzardo, soprattutto in una squadra con pochi italiani. Hanno bisogno di tempo per inserirsi, e per capire».
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