Rivera: “Milan, puoi rivincere! Ai miei tempi…”

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Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, il primo pallone d’oro italiano Gianni Rivera ha parlato di come il Milan vivrà la stagione di Serie A che sta per iniziare.

Il Milan insegue una stella, sembra il 1978. Può farcela?
«Il Milan può rivincere, certo. A maggio ha festeggiato con merito, con i riconoscimenti da dividere tra società, allenatore, calciatori. In estate, poi, non mi sembra certo che la squadra si sia sfasciata…».

Lo scudetto della stella porta un’emozione speciale?
«Ogni vittoria ha un significato. Quanto al Milan, questa seconda stella sarebbe potuta arrivare prima ma qualcosa evidentemente è andato storto».

Questo è il sabato delle previsioni: per Rivera chi vincerà?
«Il bello del calcio è che, prima di giocare, non si sa niente, anche se tutti fanno previsioni. È come dire se domani pioverà, quando fuori c’è il sole…».

Inter e Juventus però sono candidate importanti, anche se vengono da una delusione.
«E io, da milanista, spero che queste delusioni continuino…».

La sensazione è che molto, per la Juve, dipenda da Allegri, che spesso si odia o si ama. Rivera da che parte sta?
«Guardi, per me gli allenatori sono tutti uguali. Rocco e Liedholm erano il massimo perché, pur essendo differenti, ragionavano allo stesso modo, senza protagonismi».

Scusi, perché “tutti uguali”? Gli allenatori hanno idee e personalità. Lei ad esempio vive a Roma. Mourinho le piace?
«Mourinho non va in campo, è questo che voglio dire. E per dare un giudizio su un allenatore, dovrei conoscerlo. A me, comunque, sembra un tecnico che a volte vince e a volte perde».

Come tutti o quasi.
«Ancelotti vince sempre. Ovunque vada. È notevole».

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Nereo Rocco nel novembre ‘78 diceva: “Quando Rivera smetterà, lo vedo bene come general manager all’inglese: ha tutte le qualità perché sa parlare ai giocatori”. Rivera allenatore però non si è mai visto.
«Non è detta l’ultima parola. Ho il cartellino da allenatore professionista, nella mia vita sto bene ma mi piacerebbe tornare nel calcio».

Da dirigente o da allenatore?
«Anche da allenatore a quasi 80 anni, perché no? In fondo, un allenatore non deve correre…».

Per par condicio, anche una frase di Liedholm: “Rivera ha un innato senso del comando”. I calciatori ora hanno meno personalità, non crede?
«Noi avevamo più coraggio, sì. Se c’era qualcosa da dire, finivamo per dirlo. Ora no».

Vengono in mente i quasi 300 calciatori di A che nel ‘76 dichiararono il proprio voto (e Rivera: “Democrazia Cristiana”). Da ex deputato, che rapporto c’è tra pallone e politica?
«Sono paralleli: calciatori e politici non si espongono mai. Anzi, i politici qualche volta lo fanno ma, se serve per convenienza, si rimangiano tutto».

E allora, questa Italia del calcio, da che cosa deve ripartire?
«Dai giovani. Forse ci sono troppi stranieri, di sicuro dobbiamo puntare sui ragazzi. Non è vero che non nascono più campioni. Io ho creato un’accademia, di cui parlo anche sul mio sito giannirivera.it. Partiremo a giugno e sarà un’academy itinerante, con la Calabria come prima tappa. Avremo ex calciatori come Sormani e De Sisti, oltre ad alcuni arbitri».

Perché arbitri?
«Perché ho visto giovani arbitri aggrediti e non è possibile. Prima che dalla tecnica, bisogna ripartire dall’etica».

Qualcosa sulla tecnica però possiamo dirla. Le piacciono i numeri 10 di oggi?
«Oggi non guardo molto calcio ma mi sono reso conto che i numeri 10 non esistono più. L’ho capito quando ho visto un portiere col mio numero…».

Ma ci sono giocatori che trasmettono un’emozione?
«Non voglio parlare di singoli ma sì, ci sono. Ogni epoca trasmette emozioni, altrimenti gli stadi sarebbero vuoti. Oggi comunque si gioca quasi sempre tutti schiacciati in una metà campo. Per fortuna nel secondo tempo i calciatori si stancano un po’, così si vede un po’ di tecnica. Ah, un’altra cosa: non capisco il modo di battere il calcio d’inizio. Tutti giocano il pallone all’indietro. Se noi in Messico avessimo fatto così, non avrei segnato il 4-3 alla Germania».

Insomma, meglio prima.
«Il livello dei miei tempi non c’è più. Mi sembra si veda sempre meno un Pelé, un Maradona. Magari anche un Rivera…».

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