Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l’attaccante della Salernitana Franck Ribery ha detto la sua sul campionato italiano.

Franck, questo è il quarto anno in Italia. Si sta affezionando?
«L’Italia mi è sempre piaciuta: la mentalità, la lingua, il cibo. Firenze è meravigliosa e ha un pubblico incredibile. E poi Salerno… Ho trovato grande affetto: qui vivono tutti per il calcio. Quando non vinciamo vedo la tristezza negli occhi dei tifosi e mi dà fastidio. Io non sono tanto bravo ad accettare le sconfitte, non ho mai imparato. L’anno scorso ho capito che la situazione era difficile e ho fatto di tutto per raggiungere la salvezza. È diverso dalla vittoria di una coppa, ma le emozioni sono immense: quell’impresa resterà per sempre nel mio cuore».
Cosa trasmette ogni giorno ai suoi compagni?
«Io voglio bene a tutti. Nello spogliatoio parlo e cerco di dare l’esempio. Un piccolo dettaglio fa la differenza. Ci sono ragazzi che si intristiscono per un passaggio sbagliato e allora intervengo io. Abbiamo anche la fortuna di avere un grande allenatore: Nicola è il top. Vive per il calcio, è sempre motivato».
Come ha fatto Iervolino a convincerla a restare?
«Non ne ha avuto bisogno. Quando vedo una persona come lui, che trasmette fiducia e concretezza, io vado avanti sereno».
I bambini la amano perché è spontaneo come loro?
«Sì, io sono una persona semplice che ha bisogno del contatto umano. I bambini, ma anche i tifosi adulti, sanno che io per loro ci sono sempre: una fotografia, un autografo, un sorriso. Il campione non può essere campione solo in campo».
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Quando il fisico ha qualche acciacco, cosa gli dice la testa?
«La testa ascolta il corpo e si regola. Io voglio andare al massimo, ma per riuscirci a volte devo rallentare e riposare. A 39 anni ci sta che il fisico ogni tanto abbia qualche problema. Ma il campione crede nelle cose, si avvicina giorno per giorno all’obiettivo».
Nel 2013 lei vinse tutto con il Bayern, ma arrivò terzo nel Pallone d’oro dietro a Ronaldo e Messi. Giusto?
«No. Ingiusto. Quello fu un anno incredibile per me. Avrei dovuto vincere io. Allungarono i tempi di consegna dei voti, successe qualcosa di strano. Mi sembrò una decisione politica».
Nel 2006 era più forte l’Italia del suo amico Toni o la Francia?
«La Francia: in finale giocammo meglio. Ma questo è il calcio. L’Italia era fortissima dal punto di vista mentale. Io fui sostituito da Trezeguet che sbagliò il rigore. Ma David aveva segnato il golden gol proprio contro l’Italia all’Europeo 2000. Sono cose che succedono. E se penso a quella parata di Buffon sul colpo di testa di Zidane, mamma mia…».
Ronaldo, Ibrahimovic, lei, Di Maria: la Serie A è un buon posto per finire la carriera?
«La Serie A deve essere contenta che arrivino grandi campioni, anche se non più giovani. E il livello del calcio italiano presto crescerà. La storia non si cancella».
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