Ci sono partite che non si ricordano perché le cose che potevano succedere non sono successe.

È il 7 dicembre del 1995, è la gara di ritorno degli ottavi di finale di Uefa: Sparta Praga- Milan.
Il Milan, allenato da Fabio Capello, ha vinto senza troppa fatica la gara d’andata per due a zero. Una doppietta di Weah, che a dicembre avrebbe vinto il pallone d’oro (primo calciatore non europeo) è sufficiente per andare a Praga con una certa tranquillità.
Il Milan è in maglia bianca, il pallone e le righe del campo sono arancioni. I tacchetti di ferro.
Fa’ freddo, il campo è ghiacciato.
A centrocampo, al posto di Albertini, accanto a Boban, gioca un diciottenne biondino dal fisico e temperamento che si fanno notare: Massimo Ambrosini. In attacco Di Canio – Weah.
Pure nello Sparta Praga ci sono un paio di giocatori che rubano l’occhio, uno immediatamente, anche perchè è più di due metri e non fa il portiere: Jan Koller e un altro biondino molto dinamico con un buon tiro da fuori che si chiama Pavel Nedved.
Giovani e calciatori, il sogno di tutti.
Eppure quel momento per un calciatore, l’alba di una carriera, è un momento molto delicato. Un equilibrio fragile in cui gli occhi di tanti, tutti, ti sono addosso e cercano di capire che cosa sei, che cosa potrai fare. Cercano indizi nei tuoi movimenti, nei tuoi tocchi, scrutati come tarocchi per leggerti il futuro.
Giudicare, nel calcio (e non solo), è un’attività a cui viene dedicata una quantità di tempo non sufficiente. Difficilmente, quando a chiunque chiedono un opinione su un giocatore, si sente la risposta che sarebbe più onesta: “Non lo so, vedremo”.
E la fretta, purtroppo, spesso rende sfuocato il confine tra giudizio e pregiudizio.
La partita, complice il campo, scivola via verso uno zero a zero di cui sarà lecito non ricordarsi. A qualche minuto dalla fine esce Boban ed entra Tomas Locatelli. Il Milan l’ha acquistato dall’Atalanta dopo una convincente stagione in serie B.
Hanno intravisto del potenziale, del potenziale da Milan.
Non dev’essere facile. Hai meno di vent’anni, giochi trequartista, sei abituato ad essere il più forte della squadra, fin dai pulcini. Poi arrivi a Milanello e ti giochi il ruolo con Boban e Savicevic. Scopri, allenamento dopo allenamento, che sei forte. Ma non come loro. Ogni giorno vedi loro fare cose che tu non riesci a fare, e non conta l’impegno che ci metti, è che proprio sono più bravi di te.
In quella sera fredda di Praga, Tomas fa’ il suo esordio europeo.
Nei pochi secondi di quella partita ha sul destro la palla per segnare, la colpisce al volo, la indirizza all’angolino.
È un tiro difficile è gli riesce bene, ma non abbastanza.
Il tiro di per se non ha niente di sbagliato, ha fatto tutto come andava fatto.
Semplicemente, manca qualcosina nella potenza o nell’angolatura. Non è abbastanza, il portiere si distende e respinge.
Tomas Locatelli in tutto al Milan farà sedici presenze, lui non lo sa, ma quello è l’apice della sua carriera.
Stefano Attardi