il 07/11/2020 alle 16:11

Prima o poi uno stop doveva arrivare, nel mentre tamponamento in sala VAR

0 cuori rossoneri

Dice più o meno tutto il titolo, potrei anche chiuderla qui.

Due mesi di Milan

Non mi nascondo e lo dico, se prima di Shamrock Rovers-Milan mi avessero detto che al 21 novembre, entrando nel secondo blocco di partite italiano ed europeo, saremmo stati primi in classifica e con 6 punti in Europa League avrei firmato quasi ad occhi chiusi. Quasi solo perchè avrei preferito averne 7 di punti nel girone europeo.
Non solo primi in classifica, ma vincendo il Derby e giocando un gran bel calcio. Metterei la firma per essere nelle stesse condizioni al 3 gennaio quando andremo a Benevento. Passaggi a vuoto, come quello di giovedì sera, compresi. Era atteso, prevedibile, anche quasi auspicabile che il Milan facesse un passaggio a vuoto. Per far tornare con i piedi per terra tutti, ambiente e tifosi. O forse solo i tifosi, perchè l’ambiente è sempre stato più che chiaro, nelle parole della Dirigenza e di Pioli “Obiettivo migliorare il sesto posto”.
Una decina di anni fa gli Afterhours cantavano che “Non c’è niente/ che sia per sempre”, il video lo trovate su YouTube e per i fan di XFactor vedrete un Manuel Agnelli irriconoscibile. Al di là della musica underground italiana, il concetto che veicolano in quelle due righe e in tutta la canzone è lo specchio di quello che sarà dobbiamo, più o meno, comprendere tutti in assoluto. Ma l’essere tornati sulla terra, l’essere tornati battibili dopo 24 risultati utili consecutivi, aver conosciuto la prima sconfitta dal post lockdown e la seconda partita del 2020 senza fare gol (l’ultima Milan-Sampdoria 0-0) non può che fare bene a questa squadra. Della partita con il Lille comunque ha scritto molto meglio di me Simone nei giorni scorsi (leggilo qui). Lo ha ricordato, con parole da leader vero, anche Simon Kjaer alla fine della partita con il Lille che “Fa male perdere così, ma è il calcio, certe sveglie fanno bene alla squadra“. Simon Kjaer, appunto, insieme a Ibra il leader, il grande vecchio, la guida spirituale di questa squadra.
E’ a loro che il Mondo Milan ha guardato e si è stretto per superare le difficoltà, i momenti complicati, pochi, di questo inizio. E’ alla leadership e alla calma di Simon che hanno guardato tutti nel nubifragio portoghese. E’ a Zlatan che tutti si appoggiano quando non trovano idee, perchè anche una palla sporca, un campanile, può diventare magia. Quei vecchi che per un po’ sono stati ostracizzati da Milanello per scelte  dirigenziali, salvo poi ravvedersi e scoprirne la grandissima importanza.

Dalla firma alle firme

E dalla mia firma per il futuro più prossimo alle firme che tengono banco per il futuro leggermente più a lungo termine. Non solo ovviamente quella di Ibra, che si deciderà più avanti, ma che ha già convinto tutti in dirigenza. Soprattutto quelle di Donnarumma e Calhanoglu, diventati leader sempre di più, vocali e tecnici. Il Milan vuole tenerli, loro vogliono rimanere, ma tra le due volontà ci sono milioni di dubbi e di punti di domanda. Più o meno della stessa quantità tra domanda, vera o finta che sia, e offerta. Alla fine vincerà la volontà dei giocatori, com’è stato in estate per Ibra. Come detto da Maldini, non c’è una settimana buona o una cattiva per i rinnovi, ogni settimana può essere quella buona. Inutile dare tempistiche, a meno che a darle non siano i diretti interessati, ma fino ad ora nè Mino Raiola nè Gordon Stipic si sono visti nei pressi di Casa Milan. A Milano sì, a Casa Milan non ancora. Niente drammi nè allarmismi però, anche se sembra esserci sempre meno tempo, la fiducia è tanta e il tempo del raccolto arriverà.
Ai tre in scadenza si uniranno presto anche Kessiè e Romagnoli, giocatori che per motivi diversi, al Milan reputano e considerano importanti. Frank è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi sei mesi con Pioli, tornando sul rendimento che aveva spinto la ex dirigenza rossonera all’asta con la Roma. Per Alessio il discorso è un po’ diverso, è il capitano, il Milan non lo ha mai messo in dubbio, ma da lui ci si aspetta di più e il discorso va al di là delle zoppicanti prestazioni che ha mostrato dal rientro post infortunio. Va al di là dell’enorme ingenuità con il Lille in occasione del rigore, molto generoso, le difficoltà contro Lukaku e Dzeko o il rigore contro l’Udinese. Diciamo che la crescita attesa era maggiore, ma ad oggi non ci sono segnali per cui la fiducia nel capitano possa essere stata minata. Certo è che se vuole un aumento di stipendio, le prestazioni dovranno andare di pari passo.
Tamponamento VAR, abbiamo un problema. Forse due.
Già Udine, l’ultima delle situazioni in cui dalla sala VAR è arrivato solo silenzio. Come è rimasta silente la settimana prima per Milan-Roma, quando non ha corretto i disastri di Giacomelli che ha fischiato due rigori inesistenti, uno per parte, dimenticando di fischiare forse l’unico che c’era. Ammonendo anche Ibrahimovic a corredo. Ma se per Udine poteva andare bene la scusa di un pranzo andato un poco più lungo dell’intervallo, per la partita con la Roma scuse non ce n’erano. E infatti l’arbitro Giacomelli è stato fermato fino alla sosta. Tornerà, probabilmente, a fine mese anche se uno stop più lungo non gli farebbe male.
In 7 giornate però, sono tanti i campi in cui il VAR, il più grande aiuto fornito ai nostri arbitri negli ultimi anni, è rimasto silente. Com’è possibile? si chiederanno legittimamente in tanti. In questo caso, per quanto pessima, la risposta è abbastanza semplice e risiede tutta nel protocollo, cambiato per la terza volta in tre anni.
Oggi se c’è contatto, seppur lieve, la parola resta quella del campo, meno controlli, tempi più brevi. E maggiore libertà di interpretazione.
Ma così non serve a nulla, non può servire solo per calcolare il fuorigioco millimetrico, è un modo inutile di utilizzare un’innovazione fondamentale.
Si torna quindi, alla domanda di prima Com’è possibile? non c’entra la malafede o il complotto, ma la paura degli arbitri. Lo ha raccontato Claudio Gavillucci, ex arbitro di Serie A. Nonostante quanto abbia detto Rizzoli, il racconto dell’ex fischietto di Latina è abbastanza chiaro: sbagliare e correggersi al VAR comporta una valutazione negativa. Potrebbe far variare il voto di quel decimale che ti fa scalare indietro nelle gerarchie arbitrali. Quindi ecco che allora meglio sbagliare da soli senza l’aiuto del VAR. FOLLIA.
A proposito di complotti, siamo in periodo. Lasciando perdere quello che succede negli Stati Uniti da una settimana a questa parte, meglio concentrarci sul nostro calcio. E’ stato Claudio Lotito ad invocare il complotto nei suoi confronti. Il motivo? I tamponi positivi di tre suoi giocatori in tutti i laboratori tranne quello a cui si appoggia per la Lazio e la Salernitana. Laboratorio che non è nè a Roma nè a Salerno, ma ad Avellino. Da gran virologo sull’onda lunga di Cristiano Ronaldo, il presidente laziale, ci ha spiegato che c’è differenza tra positività e contagiosità e altre spiegazioni di laboratorio, invocando un laboratorio unico della Serie A che analizzi tutti i tamponi di Serie A. Presidente, su questo ha totalmente ragione.
Poi però quando quasi sembrava credibile ci ha raccontato che la vagina è piena di batteri, come i sassi o i cancelli.
Pres, il problema è che il Covid è un virus, non un batterio. Poteva fermarsi prima. A dimostrazione, se mai servisse, che è sempre meglio che ognuno si occupi del proprio campo di competenza.
E in tutto ciò, Immobile, positivo per la Uefa e per il laboratorio di Roma, ma negativo per il laboratorio avellinese è ancora in dubbio disponibilità per la partita con la Juve di domani mezzogiorno. Così come Lucas Leiva e Strakosha.
Alla faccia del complotto.

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