Paulo Dybala – Se ti piace il calcio, non puoi non apprezzare Dybala come giocatore. É uno di quei pochi eletti a cui la natura ha concesso il dono della sensibilità estrema dal tallone all’alluce, un dono raro e spesso fragile, non a caso tutti i soprannomi di Paulo rimandano a qualcosa di prezioso da proteggere. Il più conosciuto è certamente “La Joya” (il gioiello) ok, forse non originalissimo una volta tradotto, visto che la cronistoria pallonata è piena di perle, diamanti e gioiellini vari. Alcuni brillano ancora, altri, ormai opachi, raccattano le ultime mensilità di stipendio in campionati che si giocano in meridiani distanti con diritti televisivi poco appetibili.
Dybala è “La Joya” da molto tempo, si è guadagnato il suo posto nel catalogo del gioielliere già dai suoi primi luccichii da minorenne, sul campo di Cordoba. Ma andiamo per ordine.
Nonostante il passaporto Italiano, per ascendenze della nonna materna, a quanto pare di origini napoletane, il cognome Dybala è di origine polacca. Il nonno, Boleslaw Dybala, emigrò in Argentina alla fine della seconda guerra mondiale (c’è la possibilità che il cognome originale fosse Dybla, ma non perdeteci il sonno).
Comunque, Paulo è Argentino, nato e cresciuto albiceleste a Laguna Larga, un paesino vicino Cordoba. Il padre Adolfo Dybala (si, Adolfo.) Mediano più di lotta che di governo, ha giochicchiato a calcio in categorie inferiori e ha mantenuto la famiglia gestendo una ricevitoria. Adolfo ha l’occhio capace di cogliere il talento non comune del figlio già in tenera età e praticamente Paulo inizia a giocare a calcio appena tolto il pannolino.
A 10 anni supera un provino con il Newell’s old boys, ma il padre decide di non mandarlo a 65km da casa e (responsabilmente) decide di farlo giocare per l’Instituto, meno distante da casa.
Purtroppo Adolfo Dybala viene consumato da un tumore al pancreas che sconvolge l’infanzia di Paulo e lo rende orfano di padre a soli 13 anni. Un lutto che lo segna inevitabilmente e lo costringe a perdere sei mesi di “pausa” dall’Instituto e a tornare in paese per stare in famiglia, per stare vicino alla madre e ai sui due fratelli maggiori.
Rientrato all’Istituto, per ovvie difficoltà economiche in cui versa la sua famiglia, Paulo è costretto a dormire nella pensione del club, ed è in quel periodo che si guadagna il suo primo soprannome calcistico “El pibe de la pensiòn”. Vive in quella pensione fino a 17 anni quando firma il suo primo contratto da professionista al minimo salariale.
Il debutto nei professionisti arriva il 13 agosto del 2011, prima giornata della serie B argentina, Instituto-Urtica. Non segna ma gioca bene, il primo gol arriva alla seconda giornata, a 17 anni 9 mesi e 5 giorni fa registrare il record per il più giovane marcatore dell’Instituto, spodestando Mario Kempes (mica uno qualunque) quella sera stessa un giornalista argentino gli appiccica il suo soprannome più famoso, la Joya.
Da quel momento non esce più dalla formazione titolare, col 9 sulle spalle, la stagione di Dybala fu straordinaria: fu il primo minorenne dai tempi Maradona a segnare una tripletta), il primo nella storia del club a segnare per sei gare di fila, il primo a segnare ben due triplette. Alla fine chiuse con 38 presenze consecutive (altro record) e 17 gol.
Dybala sembrava promesso sposo dell’Inter, con Zanetti nelle doppia veste di estimatore/promotore, la valutazione era intorno ai 3 milioni di euro ma L’inter non formalizzo mai l’offerta. Accadde invece che Luca Cattani, capo degli osservatori del Palermo, si trovava in zona per cercare di far concludere l’acquisto di Franco Vasquez dal Belgrano ma, casualmente, incontrò a cena L’ex presidente del Cordoba, Juan Carlos Barrea. Si parla di Vasquez, si parla di Cavani (in procinto di lasciare Palermo) e Barrea lancia cadere sul tavolo una frase laconica:
“C’è un ragazzino, più forte di Vasquez, che secondo me può sostituire Cavani”.
A Cattani si drizzano le orecchie, dal giorno dopo comincia a informarsi sul ragazzino e se ne innamora calcisticamente, è talmente appassionato nelle telefonate a Zamparini che lo convince a portarlo in Sicilia immediatamente. La cifra di acquisto è si 3,5 milioni di euro (in realtà santa fuori una magagna con un fondo intermediario che deteneva una parte del cartellino di Dybala, ma ve la risparmio)
Paulo arriva a Palermo con la faccia da bambino e gli occhi spaesati di chi ha attraversato l’oceano, in Sicilia diventa immediatamente “U’ Picciriddu” terzo soprannome della sua vita calcistica. Gli anni a Palermo non sono facili, non fosse altro che Zamaparini cambia allenatore più o meno a cadenza mensile. Tra le leggende che si narrano di quel periodo una in particolare è degna di nota, Gattuso si trovò ad allenare il Palermo per un’estate, aveva smesso da poco la carriera di giocatore e, pare, che marcasse a uomo Dybala nelle partitelle di allenamento, Paulo dice che quel periodo gli è stato molto utile per “Capire come evitare i contatti con il primo controllo”.
E vorrei ben vedere…
Da lì in avanti la storia la conoscete, Paulo si è preso prima il Palermo, poi la Serie A.
(N.D.R. Chi scrive si vanta di non aver mai nominato la squadra per cui gioca Dybala attualmente)
Leggi QUI le parole di Fikayo Tomori a Dazn
Guarda QUI la puntata di PelleRossonera con Carlo Pellegatti con le ultime di Juventus-Milan