Next Level Boss – Mattia Caldara e Milan-Venezia

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Mattia Caldara

Alcune volte nella vita l’umiltà può essere un difetto.

Mattia nasce a Bergamo ma vive a Scanzorosciate, vi sono validi motivi per ritenere che l’Atalanta abbia osservatori anche nel reparto maternità, occhi sapienti che valutano la coordinazione delle gambette che spuntano dai pannolini. I genitori Stefano e Laura raccontano di un bambino fissato con il calcio, ogni minuto, di ogni ora, di ogni giorno c’è una palla, piccola o grande, di spugna o cuoio, che viene calciata in giro per casa o per il giardino. Inizia a circa sei anni nello Scanzo, la convocazione ai “Primi calci” dell’Atalanta, segnalata dagli osservatori pediatrici (si scherza, ma anche no) arriva quando Mattia è in procinto di iniziare la prima elementare.

Primo zaino, primo diario, prima convocazione di una squadra di serie A.

Mattia scorre tutta la trafila a Bergamo, a pochi passi da casa, amato e supportato dalla famiglia. Ad ogni, raro, momento di difficoltà Mattia, serafico, proferisce un “Se non mi confermano torno a giocare nello Scanzo” dando l’impressione che non gli dispiaccia poi così tanto.

Il primo distacco del cordone ombelicale arriva col prestito al Trapani quando Mattia ha 18 anni. Il padre Stefano lo vive come un trauma, è una persona emotiva: fa fatica da sempre a guardare le partite del figlio, quando va a vedere le partite delle giovanili fa la spola, nervosamente, tra la tribuna e la macchina. Cammina senza posa con il timore che il figlio sbagli. Oltretutto preferisce non prendere gli aerei, quindi raggiungere Trapani da Bergamo diventa un viaggio molto impegnativo, vanno solo una volta per portare la macchina al “piccolo” Mattia (che ormai è alto quasi un metro e novanta).

Dopo l’anno di prestito torna a Bergamo per poi essere nuovamente ceduto a titolo temporaneo a Cesena. Dopo questa ulteriore parentesi transitoria (fortunatamente raggiungibile in poche ore di autostrada) lo staff dell’Atalanta ritiene che il suo percorso di maturazione sia concluso e lo aggrega alla prima squadra. Siede comodo in panchina per le prime sei giornate, poi un infortunio a Davide Brivio gli spalanca le porte della serie A e della titolarità. In panchina non tornerà più (per quell’anno) anzi oltre a ottime prestazioni per attenzione e senso dell’anticipo si dimostra molto efficace anche in zona gol, concludendo quella prima magica stagione con 30 presenze e 7 gol.

Gli mette gli occhi addosso la Juve, che lo compra ma lo lascia a Bergamo, nelle loro valutazioni doveva essere il post-Chiellini (ma siamo nel 2021 e Chiellini ancora il presente). Dall’arrivo a Torino in avanti la carriera di Mattia si insabbia, nell’attesa di trovare spazio alla Juve perde sicurezza e continuità, in più il suo fisico imponente comincia a dargli problemi frequenti e fastidiosi. La Juve decide che il futuro non sarà di Mattia e, in un operazione discutibile che coinvolge il Milan, Higuain e il ritorno a Torino di Bonucci, Mattia arriva a Milano.

Al Milan Mattia, complici gli infortuni, gioca poco e male. Per salvare il salvabile viene mandato in prestito a casa sua, quella Bergamo vicino alla famiglia dove potersi ritrovare. Eppure a Mattia neanche casa sembra come prima, troppi anni in panchina senza pretendere nulla, con educazione, a cercare di dimostrare quanto vali in allenamento ma senza mai essere scortese con nessuno. Ad attendere, composto, il proprio turno.

E poi il fisico che ti tradisce quando non dovrebbe. Qualcosa stavolta a Bergamo è diverso, qualcosa si è spento. O forse è diverso Mattia, forse si è spento lui.

Mattia vive questa stagione in prestito al Venezia, è ancora di proprietà del Milan, ha 27 anni, e la sua carriera non sembra ancora iniziata del tutto.

Leggi QUI le parole di Paolo Poggi a Radio Rossonera

Guarda QUI l’intervista con James Murray, il Chief of Staff di ACMilan

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