STOJKOVIĆ

Milan-Stella Rossa – I grandi avversari: Dragan Stojković

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Stojković – Quando si parla di Stella Rossa di Belgrado il tifoso rossonero si blocca per l’emozione. Se fosse un’interrogazione risponderebbe: nebbia totale!

Poi, però, sorprendendo il professore che si aspetta una scena muta, comincerebbe a parlare di una sfida leggendaria, fondamentale per la costruzione del Milan di Arrigo Sacchi, che avrebbe realizzato il desiderio del suo presidente: diventare la squadra più forte al mondo.

Ricorderebbe la classe di Van Basten, il sacrificio di Donadoni, Mannari al posto di Virdis (espulso nella nebbia del giorno prima); poi la tensione e la successiva euforia per la sequenza dei calci di rigore, con gli errori decisivi di Savićević e Mrkela. 

Ricorderebbe anche Dragan Stojković.

Uno dei tanti grandi avversari affrontati dal Diavolo rossonero nel corso di una storia costellata di straordinarie partite, soprattutto in campo internazionale.

Un giocatore fantastico, capace di galleggiare tra centrocampo e attacco grazie alla sua tecnica sopraffina e a una visione di gioco fuori dal comune, una delle più pure espressioni della scuola jugoslava, non a caso definita Brasile d’Europa, come nel titolo del bel libro di Paolo Carelli. 

Piksi, soprannome nato dalla sua passione giovanile per il cartone animato di Hanna & Barbera Pixie and Dixie and Mr. Jinks, nasce a Niš, città della Serbia meridionale, e cresce calcisticamente nella squadra della sua città, il Radnićki, che nella prima metà degli anni Ottanta sta vivendo il suo momento d’oro (ne sa qualcosa il Napoli, eliminato al Primo Turno della Coppa UEFA 1981/82).

Nel 1984, a 19 anni, gioca gli europei francesi e trova la rete proprio contro i padroni di casa (ma la Jugoslavia torna a casa con tre sconfitte).

Nel 1986, a 21 anni, arriva la chiamata della Stella Rossa di Belgrado, club con cui vince due campionati jugoslavi e una Kup Maršala Tita, la coppa nazionale dedicata al Maresciallo Tito.

In poco tempo diventa il giocatore di punta del movimento jugoslavo, che sta rinascendo grazie un’incredibile nidiata di campioni (la nazionale Under 20 che nel 1987 vince i mondiali in Cile non manda neppure la squadra migliore).

Nel biennio 1988/89 viene premiato come “giocatore jugoslavo dell’anno”, un onore che nel 1990 (ovvero nell’ultima edizione del premio) toccherà al compagno di squadra Robert Prosinećki, di quattro anni più giovane e anch’egli stella nascente del calcio jugoslavo.

Proprio nel 1989 arriva la sfida contro il Milan.

A San Siro, dopo aver giocato un primo tempo di grande qualità, in cui costringe Franco Baresi alle maniere forti, è proprio lui a portare in vantaggio la Stella Rossa, eludendo gli interventi di Maldini e Baresi (quando saltarne uno è già un’impresa) e battendo con il destro Giovanni Galli.

L’immediato pareggio di Virdis rimanda alla sfida di Belgrado il verdetto e qui si scatena la famosa nebbia che convince l’arbitro tedesco Pauly a rinviare la partita con i biancorossi in vantaggio per una rete a zero, grazie al goal di Dejan Savićević.

Come ricordato dallo stesso Stojković , il tecnico jugoslavo Branko Stanković, andando contro il parere dei propri giocatori, decide di accettare di ripetere la gara il giorno seguente.

Il Milan, come sappiamo, passerà il turno grazie ai calci di rigore, ma sarà ancora Piksi a metterlo in difficoltà, pareggiando il momentaneo vantaggio di Marco Van Basten.

Come nella partita di andata succede tutto in pochi minuti: Savićević, futuro rossonero, in mezzo al campo e spalle alla porta, stoppa di petto un lancio proveniente dalla sua difesa, alza la palla con un delicato palleggio e, girandosi e quasi percependo l’inserimento di Dragan, riesce a calciare verso il suo capitano, evitando l’intervento di Rijkaard.

Stojković fa rimbalzare due volte la palla, attende il momento perfetto e poi esplode un potente sinistro che si infila sotto la traversa della porta difesa da Giovanni Galli. Stojković si prende anche la responsabilità del primo calcio di rigore e non fallisce, ma fortunatamente per noi, i suoi compagni non sono altrettanto precisi.

Questa Stella Rossa, però, non è ancora pronta per vincere. Ci riuscirà due anni dopo schierando una squadra ancora più forte, grazie alla crescita di Savićević e Prosinećki e agli innesti di gente come Jugović, Mihajlović, Pančev e Belodedici (rumeno, ma di origini serbe, capace di vincere la Coppa dei Campioni con la Steaua Bucarest e con la Stella Rossa, giocando due finali senza reti e con epilogo dagli undici metri).

Non c’è più, però, Dragan Stojković, il quale non solo non avrà il piacere di alzare la Coppa con i suoi ex compagni, ma, per uno scherzo del destino che può capitare solo in una storia dal sapore balcanico, si troverà dall’altra parte.

Piksi, infatti, si è ulteriormente messo in mostra nei mondiali italiani del 1990, in particolare con la stupenda doppietta alla Spagna negli Ottavi di Finale. Il secondo goal, giunto all’inizio dei tempi supplementari e decisivo per fissare il punteggio sul 2-1 e qualificare la Jugoslavia, è un marchio di fabbrica: una punizione perfetta che aggira la barriera disposta da Zubizarreta e si infila nell’angolo basso alla sinistra del portiere iberico.

Ma la prima rete è pura poesia. Come ricorda Gigi Riva nel suo L’ultimo rigore di Faruk, la Spagna domina la partita e Martín Vázquez (uno della Quinta del Buitre, che nella stagione successiva passerà al Torino), a un certo punto, fa un tunnel a un sonnolento Dragan e lo risveglia.

Il suo talento illumina la parte finale dell’incontro: al 78esimo minuto Vujović, dalla sinistra, riesce a crossare verso il centro dell’area, la palla viene impennata da un colpo di testa di Katanec e scende verso Stojković, appostato sul lato destro, nei pressi dell’area piccola. Dragan carica il destro e lo stesso Martín Vázquez del tunnel si getta in scivolata per contrastare il tiro, ma il numero dieci della Jugoslavia, invece di calciare al volo, fa scendere il pallone, lo accarezza dolcemente con il destro mandando a vuoto il suo avversario e poi, sempre con il destro e con altrettanta delicatezza e precisione chirurgica, batte il portiere spagnolo con un diagonale. 

Bernard Tapie, ambizioso presidente dell’Olympique de Marseille, non ha potuto fare a meno di notare un talento del genere e lo ha scelto per sostituire Francescoli, idolo del giovane Zidane. Così, in quella finale del 1991, giocata al San Nicola di Bari, l’avversario della Stella Rossa è proprio l’OM e Stojković, che, dopo una stagione complicata, fa il suo ingresso in campo al 112esimo minuto, entra nella storia scegliendo di non prendere parte ai decisivi calci di rigore, pronunciando le famose parole: “Se da jugoslavo lo sbaglio, i marsigliesi mi uccidono in campo. E se segno, non potrò più ritornare al mio paese”. 

Dragan non è più quello di Belgrado, il ginocchio sinistro comincia a fare troppo male a causa di un problema di cartilagine inizialmente sottovalutato e Tapie, dopo una sola stagione, decide di cederlo.

Il Milan, che si era interessato a lui ai tempi del trasferimento all’OM, nell’estate del 1991 lo aggrega per qualche giorno alla squadra che sta preparando la nuova stagione, ma alla fine è il neopromosso Hellas Verona della famiglia Mazzi a puntare su di lui. Stojkovic, però, dopo aver perso la testa in un’amichevole di metà agosto con la Reggiana, con conseguente squalifica, fatica a trovare la condizione e riuscirà a giocare con continuità solo a partire da febbraio.

Ma la stagione del Verona è deludente e si conclude con il ritorno in Serie B. Dragan, dopo aver saltato la partita di andata, affronta il Milan alla penultima di campionato, in un ambiente particolare: i rossoneri sono campioni e i tifosi festeggiano lo Scudetto, la retrocessione del Verona e l’ultima partita ufficiale di Carlo Ancelotti (che saluta con una doppietta in due minuti). Stojković, in una partita del genere, senza motivazioni, è un fantasma e la Gazzetta dello Sport è spietata con il suo 5 in pagella: “… ridicolizzato nel finale da Ancelotti …”. 

Non sono passati neppure quattro anni da quella sfida di Coppa dei Campioni con i rossoneri, ma Piksi sembra aver perso la magia che avvolgeva le sue giocate.

Passa ancora un biennio a Marsiglia, ma lo fa da comprimario e sarà solo spettatore (e neppure in panchina) nella finale di Monaco di Baviera contro il Milan. Mentre la Jugoslavia si dissolve, lui decide di lasciare il calcio europeo (ma  continuerà a giocare per la sua nazionale fino alla fine della carriera) e di provare l’esperienza del Sol Levante, accettando l’offerta del Nagoya Grampus, club in cui giocherà sino al 2001 (anno del ritiro) e che allenerà dal 2008 al 2013.

Dopo un’esperienza in Cina, pochi giorni fa ha accettato il difficile incarico di nuovo Commissario Tecnico della Serbia, una nazionale che viene dal fallimento nelle qualificazioni agli Europei.

Dieci anni dopo il rifiuto di tirare quel rigore, Piksi è tornato nel suo paese, prima come presidente della Federazione serba e poi come presidente dell’amata Stella Rossa. Oggi, a distanza di trent’anni, prova a guidare nuovamente la sua nazionale dalla panchina. 

I tifosi rossoneri, invece, non possono fare a meno di ricordare le sue prodezze in campo con ammirazione e nostalgia, perché una grande squadra, come fu quel Milan, è tale anche in virtù degli avversari che incontra e Dragan Piksi Stojković, in quegli infernali Ottavi di Finale, fu indubbiamente un grande avversario.

Joel Da Canal

photocredits it.wikipedia.org

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