Milan-Sampdoria
Esistono singoli momenti in singole partite che cambiano stagioni intere. Woody Allen nell’incipit di “Match Point” pronuncia queste parole per bocca del protagonista: “Colui che disse: preferirei essere fortunato piuttosto che abile aveva capito tutto della vita. Le persone non vogliono accettare il fatto che gran parte della nostra vita dipende dalla fortuna. È spaventoso pensare quante siano le cose che sfuggono al nostro controllo”.
Nel calcio come nella vita, cerchiamo di trovare ordine, organizzazione, tentativi spesso velleitari di percorrere in linea retta percorsi tortuosi di montagna, cercando di scorgere cosa ci sia dietro il tornante. Formazioni abbozzate su tovaglioli di carta, circondate da chiacchiere da bar, in cui figurava in bella vista il tridente El Shaarawy – Balotelli – Mastour, o chi brindava all’intervallo di Istanbul.
In fondo nessuno sa come andranno le cose e, personalmente, penso sia meglio così. Penso che l’alternativa in cui tutto è prevedibile e ordinato sia ancora più terrificante.
In quel Milan-Sampdoria, in quei minuti finali decisivi per lo scudetto, la roulette ha girato ed è uscito il rossonero.
La partita è di importanza paralizzante, di quelle che ti fanno dormire male per tutta la settimana. É la quartultima giornata il Milan di Zaccheroni sta cercando di portare a termine una rimonta in cui pochi credevano. La Samp di Spalletti è alla disperata ricerca di punti salvezza, proprio contro il Milan rientra Montella, il loro bomber a lungo assente.
Le squadre non sono al completo, a loro manca Ortega (giocatore sublime, imprevedibile in campo e fuori). A noi manca Weah squalificato e Sebastiano Rossi, anche lui squalificato a lungo termine per una reazione violenta, che forse ricorderete, dopo aver subito gol su rigore.
Al posto di Rossi ha fornito prestazioni di buon livello un ventunenne di nome Christian Abbiati, che nell’ultima giornata di quel campionato folle ci regalerà lo scudetto con una parata meravigliosa contro il Perugia.
Al posto di Weah gioca Maurizio Ganz, lui non lo sa ancora, ma in quella partita lui esulterà per il gol più importante del campionato.
Le squadre scendono in campo, il Milan nel consueto Zaccheroniano 3-4-1-2
Milan: Abbiati, L. Sala, Costacurta, P. Maldini, Helveg, Albertini, Ambrosini, Guglielminpietro, Boban, Bierhoff, Ganz – All.: Zaccheroni
Sampdoria: Ferron, Grandoni, Franceschetti, Lassissi, Balleri, Doriva, Pecchia, Laigle, Castellini, Montella, Palmieri – All.: Spalletti
A San Siro sono sessantamila i cuori che hanno un sussulto quando l’arbitro Braschi fischia l’inizio. La Samp aggredisce la partita, vogliono i tre punti. Vogliono restare in A. Montella con un ottimo sinistro prende il palo ad Abbiati battuto.
Al 17’ però la Samp perde una brutta palla in uscita, un paio di rimpalli e un giovanissimo Massimo Ambrosini lascia partire un terra-aria di sinistro che s’infila esattamente all’incrocio dei pali. Lo stadio esplode, è il terremoto. 1-0.
Il Milan però smette di giocare, si abbassa e la Samp prende campo e coraggio. Colpisce una traversa clamorosa su un’ azione alla Pelè di Franceschetti nella quale salta tutta la nostra difesa palleggiando con la coscia.
Al termine del primo tempo Lassisi la combina grossa, prima sbaglia il controllo e regala la sera a Ganz e poi lo stende da ultimo uomo. Rosso diretto, Samp in 10 per tutto il secondo tempo.
L’espulsione paradossalmente ci fa giocare ancora peggio, al rientro siamo ancora più passivi e attendisti e Montella trova il pareggio al 14’ con un bel colpo di testa su calcio d’angolo. 1-1.
Tre minuto dopo Zac toglie Boban, non in giornata, e butta dentro Leonardo. L’intuizione è indubbiamente corretta.
Al 34’ il brasiliano posiziona il pallone per una punizione dal limite, la traiettoria che nasce dal suo piede sinistro è affilata e precisa. Palla all’incrocio con Ferron proteso in un tuffo impotente. 2-1.
Sembra fatta, ma al 41’ la Sampdoria batte un calcio d’angolo corto che sorprende la nostra difesa, la disordina, un passaggio all’altezza del dischetto trova Franceschetti, in giornata di grazia, che con un sinistro al volo di controbalzo mette la sfera a fil di palo. 2-2. Terrore sugli spalti.
La Lazio sta vincendo, lo scudetto sbiadisce davanti ai nostri occhi, il cronometro sembra accelerare furiosamente. I secondi diventano istanti.
Sta finendo.
É il quinto minuto di recupero. È l’ultima palla in mezzo. L’ultimo calcio d’angolo.
Ambrosini batte. È una traiettoria lunga sul secondo palo.
Ganz si coordina, in una semirovesciata di sinistro.
Castellini, il difensore della Samp più vicino si gira in una mezza piroetta per contrastare il tiro, la palla gli sbatte sul palmo della mani sinistra, accanto al viso.
È tutto lì. Lo scudetto 98/99 è tutto in quel tocco di mano che spiazza il portiere e rimbalza dentro la rete. 3-2.
É tutto lì, un anno intero di formazioni, tattiche, movimenti, schemi.
E poi vinci lo scudetto grazie alla mano sinistra di Castellini.
Maradona ha avuto la sua mano de dios, quel giorno il diavolo rossonero ci ha messo la sua.
photocredits eurosport.it
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