MILAN-INTER – A me personalmente è rimasta la sensazione di non aver apprezzato a pieno Ronaldinho con la maglia del Milan. È arrivato dopo anni di abbuffate di campioni e di trofei e, credo, di aver dato troppe cose per scontate.
Per questo motivo, quando mi capita di rivedere le partite, Dinho è quello che mi stupisce di più; più di Sheva, più di Kakà, più di Ibra.
Non l’ho apprezzato quanto avrei dovuto, su questo faccio ammenda.
C’è qualcosa di inafferrabile nel sorriso perenne di Ronaldinho, la sensazione che lui abbia capito qualcosa che tu non sai o che non abbia capito qualcosa che è meglio non capire. Un’ingenuità preziosa, che ti consente, sul campo e nella vita, di dribblare la paura delle conseguenze.
Un sentimento unico che ha permesso di sintetizzare, nello stesso essere umano, il gol (senza senso) di punta al Chelsea e un arresto in Paraguay per avere usato un passaporto falso; in un paese dove non serve il passaporto se sei brasiliano.
Spregiudicatezza.
Parola che cambia accezione se utilizzata in contesto calcistico o meno, in bilico tra complimento e critica.
Il derby del 2008 è il primo di Ronaldinho, è arrivato nel luglio di nell’estate e non ha ancora segnato in maglia rossonera. É l’inizio anomalo di un campionato strano: la Lazio è prima in solitaria, il Napoli secondo, L’inter terza a pari merito col Catania. Il Milan dopo un avvio incerto (sconfitta col Bologna alla prima) cerca i tre punti per la risalita.
In quella sera di settembre San Siro è pieno per tutta la sua capacità, ottantamila persone, divise a metà da speranze opposte.
Le squadre scendono in campo:
MILAN (4-3-2-1): Abbiati; Zambrotta, Maldini, Kaladze, Jankulovski; Gattuso, Seedorf, Ambrosini; Ronaldinho, Kakà; Pato. In panchina: Dida, Emerson, Cardacio, Antonini, Shevchenko, Flamini, Bonera. Allenatore: Ancelotti
INTER (4-3-3): Julio Cesar; Maicon, Burdisso, Materazzi , Chivu; Zanetti, Cambiasso, Vieira; Mancini, Ibrahimovic, Quaresma. In panchina: Toldo, Cordoba, Rivas, Balotelli, Cruz, Stankovic, Adriano. Allenatore: Mourinho
La partita inizia piano, il Milan gestisce palla in un possesso poco efficace, l’inter di Mourinho cerca di essere pericolosa in ripartenza.
In attacco i rossoneri hanno dispiegato il tridente tutto brasiliano Ka-Pa-Ro, gli scambi sono di pregevole fattura ma il brasiliano più giovane dei tre, Pato, non è in serata memorabile.
Invece c’è quell’altro, quello che sorride sempre, che cresce ogni minuto che passa.
É una partita bloccata, serve qualcosa.
Qualcosa che non si sa bene cos’è.
Qualcosa di imprevedibile.
È quasi l’intervallo, Ibra (che gioca con la maglia sbagliata) tira un missile da fuori area che scalda i guantoni di Abbiati, la palla rimbalza sul terreno umido, Jankulovsky di prima alza un campanile che ricade appena fuori area.
Materazzi salta ma non calcola bene la traiettoria, Zambrotta di anca riesce ad indirizzare verso Gattuso che ha il tempo di allungare la traiettoria verso Ronaldinho, nel cerchio di centrocampo, prima che un nerazzurro lo travolga.
Ronaldinho controlla con il metro e novanta di Patrick Vieira arrampicato sulla schiena, Viera stesso, però, commette l’errore di staccarsi da Dinho per assorbire la sovrapposizione sull’esterno.
Dinho ha la palla e un metro di spazio, non gli serve altro.
Una palla morbida, alzata col destro, trova l’inserimento di Kakà sul lato opposto del campo. L’altro brasiliano, manco a dirlo, fa un ottimo primo controllo ma è costretto ad allargarsi.
Respira un attimo, alza la testa.
In area arriva Dinho, correndo come non t’aspetti, a chiudere un triangolo di sessanta metri. Salta, alto.
A mezz’aria si trasforma in Oliver Bierhoff, e inzucca la sfera con potenza e precisione. La palla s’infila all’incrocio. Julio Cesar ha le mani sulle ginocchia, sconsolato, non è riuscito a tentare la parata. Non se l’aspettava.
Ronaldinho appena segnato il suo primo gol in serie A. Contro l’inter.
Un gol da tre punti.
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