MILAN-BENEVENTO – Essere tifosi non è facile. Essere tifosi davvero intendo.
In fondo è come avere un disturbo polarizzante della sfera emotiva: quando si vince vorresti andare fuori da Milanello e abbracciarli uno ad uno, stenderti commosso sui parabrezza delle loro auto di lusso, dipingere facciate di stabili da dodici piani con i loro volti, comprare tutto il merchandising mai prodotto.
Li vedi, dal vivo o in tv, e sembrano brillare di luce propria, avvolti da un’aura spirituale che riempie la tua vita, la completa.
Certo, quando si perde, e, sopratutto, quando si perde male, si tende a meditare l’omicidio di massa, la bomba sull’autobus, la crocifissione ai cancelli dello stadio. I più pacati valutano sport alternativi in cui dirigere la propria passione, snooker, padel, formula 1, qualsiasi palliativo possa offrire un blando conforto.
Tanto lo sappiamo già, sia i guerrafondai sia gli evasivi, saranno ad ascoltare il fischio d’inizio della partita successiva. Non importa quale.
Perché, diciamoci la verità, sei sei milanista davvero non hai scelta. Se quella maglia gioca tu ci devi essere e, se proprio non puoi, comunque ti informi sul risultato.
A prova di ciò, sottopongo alla vostra attenzione una sconfitta orribile subita in casa, contro il Benevento in 10. Dovevamo vincere a tutti i costi per scongiurare il possibile sorpasso dell’Atalanta per il sesto posto, valevole per il preliminari di Europa League, il Benevento è ultimissimo in classifica, gioca per l’onore.
Sulla carta avevamo già vinto, se solo esistessero davvero le partite sulla carta…
Si gioca in serale, sulla panchina milanista siede Gattuso, su quella del Benevento c’è De Zerbi che, magari a qualcuno starà antipatico, ma scarso non è.
Le squadre scendono in campo:
MILAN (4-4-2): G. Donnarumma; Calabria, Bonucci, Zapata, Rodriguez; Borini, Kessie, Biglia , Bonaventura; Cutrone, André Silva. (A. Donnarumma, Storari, Abate, Antonelli, Gomez, Musacchio, Mauri, Montolivo). All. Gattuso.
BENEVENTO (4-3-1-2): Puggioni; Sagna, Djmsiti, Tosca, Letizia; Cataldi, Sandro, Djuricic; Viola; Brignola, Iemmello. (Brignoli, Sparandeo, Gyamfi, Billong, Rutjens, Del Pinto, Sanogo, Volpicelli, Coda). All. De Zerbi.
L’approccio in Milan-Benevento dei rossoneri non è malvagio, c’è un buon ritmo e una parvenza di manovra, Andrè Silva va vicino al gol in una mischia contorta in area. Per contro Ricardo Rodriguez rischia un autogol fantozziano con un retropassaggio scellerato.
Alla mezz’ora il patatrac, da un contrasto sulla nostra trequarti il pallone sguscia e finisce sui piedi di Iemmello, la nostra difesa si paralizza supponendo un fuorigioco che non viene fischiato. Gol.
La reazione è di quelle rabbiose ma confuse, una partita frustrante in cui il cronometro accelera e la lucidità cala. Una partita sfortunata.
Che poi è la grande differenza fra una squadra “forte” e una “buona squadra”, la capacità di andare oltre la sfortuna, oltre gli episodi arbitrali controversi.
All’ 80’ Diabaté viene espulso per doppia ammonizione ma non fa molta differenza, la partita scivola via, la vittoria che sembrava facile è diventata una sconfitta amara. Io ricordo distintamente la rabbia, la sensazione di ingiustizia. Tanti intorno a me hanno detto che erano stufi, che ne avevano abbastanza. E invece…
Perché se sei milanista davvero, puoi fingere, ma sai di non avere scelta.
Photo Credits Milan-Benevento 2018: eurosport.it