MEMORIALE SHOA MILANO – Nella giornata di ieri (25 marzo 2019) Milanisti 1899, nelle persone del Vice Presidente Vicario Alessandro Jacobone, del Vice Presidente Davide Grassi, del Segretario Generale Pierangelo Rigattieri, del Presidente del Milan Club Radio Rossonera Sergio Pellegrinelli in rappresentanza dei propri associati e di tutti i tifosi milanisti che rifuggono ogni forma di violenza come da statuto dell’Associazione, ha partecipato ad una mostra al Memoriale della Shoah di Milano dedicata ad Arpad Weisz: ex allenatore dell’Inter (con cui ha vinto uno Scudetto nel 1930), deportato ad Auschwitz nel 1942 dall’Olanda insieme alla propria famiglia.

Durante il periodo di apertura della mostra, inoltre, l’Inter, partner dell’esposizione insieme a Bari, Novara, Alessandria e Bologna, darà la possibilità a 400 ragazzi del proprio Settore Giovanile di visitare la mostra e incontrare Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto Facchetti, ex calciatore, dirigente e presidente nerazzurro. Gianfelice, attore, drammaturgo e regista teatrale, darà vita per l’occasione proprio ad un monologo celebrativo della figura di Arpad Weisz e contro ogni sorta di discriminazione.
Oggi più che mai dunque vogliamo raccontarvi, tramite la penna di Davide Grassi, la storia di Ferdinando Valletti…
La storia di Ferdinando Valletti eroe rossonero dimenticato dal Milan
di Davide Grassi
Una società senza memoria non ha futuro, si usa dire. E per società si può intendere anche una di calcio. Vi raccontiamo la storia di un grande milanista, che i più giovani forse non conoscono: Ferdinando Valletti, calciatore rossonero deportato in campo di concentramento e trattato in maniera indecorosa dalle vecchie dirigenze milaniste.
Per parlare di Valletti bisogna fare un salto nel tempo fino al primo marzo del 1944 quando – sotto l’occupazione nazista – iniziarono gli scioperi nelle principali fabbriche milanesi. Fu una protesta contro le razzie di operai e macchinari da parte dei tedeschi, contro la guerra, la militarizzazione delle fabbriche, le deportazioni. Valletti, calciatore che ha giocato come mediano nel Verona, nel Seregno e, soprattutto, come difensore nel Milan per due stagioni, lavorava all’Alfa Romeo. Anche lui aderì allo sciopero e per questo motivo venne catturato dai fascisti, consegnato alle famigerate SS naziste e rinchiuso nel carcere di San Vittore. Presto venne fatto salire su un treno del binario 21 della Stazione Centrale di Milano e deportato prima nel campo di concentramento di Mauthausen e dopo in quello di Gusen II, dove lavorò nella “squadra cemento” che doveva scavare gallerie per nascondere alcune fabbriche belliche tedesche. A Gusen la vita era durissima e furono in tanti a soccombere presto alla fatica e alle violenze. Ma un giorno a Valletti – marchiato con I57633 – capitò un fatto inaspettato: un kapò entra nella baracca e chiese se qualcuno sapesse giocare a calcio. Il motivo? Strano a dirsi, ma anche le SS di divertivano con il pallone e avevano bisogno di un giocatore.
Valletti si fece avanti: all’inizio nessuno gli credette quando disse di aver giocato nel Milan. Ma gli venne data la possibilità di dimostrare quello che diceva. Gli aguzzini lo fecero giocare a piedi scalzi e Nando si impegnò, dimostrò di essere un vero calciatore. Questo gli consentì di essere esentato dal lavoro massacrante nella “squadra cemento” e di avere il “privilegio” di diventare sguattero in cucina, dove iniziò anche a trafugare cibo da dare ai compagni di baracca, ormai ridotti allo stremo. Qualcuno ce la fece, qualcun altro no: quando arrivarono gli alleati, il 5 maggio 1945, nella sua baracca erano ancora vivi in cinque, tra cui proprio lui. Tornò a Milano, dove fu insignito del Diploma di medaglia garibaldina e gli venne riconosciuta la qualifica di Partigiano combattente. In famiglia all’inizio preferì parlare poco di quello che aveva visto, ma poi finì per tenere conferenze sulla terribile esperienza che ha aveva vissuto.
Il Milan rimase sempre nel suo cuore, tanto che a 80 anni la figlia Manuela pensò di contattare la società rossonera per chiedere un piccolo regalo per il padre. Racconta: “Il Milan aveva completamente dimenticato mio padre, ricordo che al compimento dei sui 80 anni, fui io a telefonare in via Turati per chiedere sommessamente che gli venisse recapitato un qualsiasi oggetto che potesse fargli sapere che la sua squadra del cuore lo ricordava. La mia richiesta cadde nel vuoto e io ci rimasi davvero molto male, ma di questo lui non seppe mai nulla”.
Ferdinando Valletti morì nel 2007, malato di Alzheimer, dimenticato dalla squadra in cui ha giocato e che ha amato per tutta la vita. L’anno scorso, però, a seguito forse anche di una trasmissione a lui dedicata trasmessa da Radio Rossonera in occasione del Giorno della Memoria, la figlia e i nipoti di Valletti vennero invitati a Milanello dove furono ricevuti da Rino Gattuso, che regalò loro una maglia del Milan.
Qui sotto potete trovare il link alla trasmissione.
(tratto da MilanNight.com)
Ascolta qui la puntata di Casciavit su Ferdinando Valletti andata in onda su Radio Rossonera
Ascolta “26-01-2018 Casciavit Lezioni di storia SPECIALE Ferdinando Valletti” su Spreaker.