Il Chievo, il Milan e le conferenze stampa sopra le righe: torna a parlare in pubblico l’ex allenatore Alberto Malesani
Intervistato dall’edizione di oggi de La Stampa, torna a parlare pubblicamente dopo tanto tempo Alberto Malesani, ex allenatore tra le altre di Chievoverona, Hellas Verona, Panathinaikos e Genoa. Tanti i temi toccati dall’ex allenatore, dalle imprese più grandi agli sfoghi diventati virali, passando per un desiderio non diventato realtà che aveva a che fare direttamente con il Milan.
I ricordi di Alberto Malesani
La prima parte dell’intervista de La Stampa ad Alberto Malesani è dedicata ai ricordi migliori della carriera, dall’esempio di calcio all’avanguardia alla CNN per derby di Verona tra Chievo ed Hellas.
Malesani, il calcio le manca?
«Il calcio mi manca? Non tanto. Mi manca il lavoro sul campo, altre cose che alla gente non interessano. Ma che puoi fare anche in altre aziende. La gente? Mi ricorda perché ho vinto. Se arrivi secondo o terzo, ti dimenticano in fretta. Poi qualche idea credo di averla avuta. La finale di Coppa Uefa con il Marsiglia è citata da tutti come l’esempio di un calcio all’avanguardia. Ancora oggi sarebbe una buona promozione per il calcio».
Il risultato di cui va più fiero?
«Sicuramente è uno. Ma nella mia vita ho toccato tanti mondi. Da imprenditore ho visto il mio vino dentro ristoranti importanti. Prima del calcio avevo creato un ufficio import export alla Canon Italia. Vengo da una famiglia di operai, sono stato operaio, geometra, impiegato. E da allenatore ho portato un piccolo borgo come Chievo dal nulla alla Champions League. Una favola ripetibile? Difficile, anche se nulla è impossibile. Oggi le squadre sono società per azioni. Le idee contano, certo, ma come dicevano l’avvocato Agnelli e il grande Silvio Berlusconi: se vuoi avere, devi spendere”.
“Al Chievo mi sono trovato meglio. Era una gestione orizzontale, ciascuno metteva a disposizione quello che aveva nel proprio settore. Facevo di tutto, anche la campagna abbonamenti. All’inizio distribuivo persino i biglietti agli amici, perché nessuno veniva al campo. Ma siamo arrivati a fare sold out per il derby con il Verona, per cui si scomodò anche la CNN. Quelli sono successi».
Esultanze, sfoghi, rimpianti, esempi
Nella seconda parte dell’intervista, l’ex allenatore Alberto Malesani ha raccontato alcuni temi ricorrenti della sua carriera: dalle esultanze sfrenate alle conferenze diventate virali, passando per il Milan e per Carlo Ancelotti.
Poi c’è il capitolo esultanze.
«Le ho sdoganate. Quella del derby nacque da una scommessa con Gigi del Neri, gli dissi che se avessi vinto avrei corso sotto la curva del Verona. Io allenavo l’Hellas, eravamo sotto 2-0 e vincemmo 3-2. Era gioia, non uno sberleffo, l’avrei fatto ovunque. Ora vedo esultare per molto meno…».
Malesani, la conferenza stampa infuriata al Panathinaikos gira ancora su internet.
«Fu solo uno sfogo. Il vero Malesani non è quello lì. In Grecia fra l’altro mi trovai molto bene, la squadra la gestivamo io e il presidente: nessun direttore sportivo, niente procuratori…».
Quale squadra le sarebbe piaciuto allenare?
«La nazionale. E il Milan, di cui sono tifoso. Quello dell’epoca di Berlusconi e Galliani. A un certo punto le strade si sono anche incrociate. Ma non è successo»
Malesani, che allenatori ammira?
«Tutti, dai dilettanti in su. E’ un ruolo difficile, la gente spesso lo sminuisce. Prima vengono i calciatori ma l’allenatore è importante. Non deve essere protagonista, ma un condottiero silente. Ancelotti e Del Bosque. Hanno vinto tanto. E sono silenti. Carlo ha vinto molto di più di tanti altri che sono molto reclamizzati, gli manca solo un Mondiale, gli auguro di cuore di vincerlo con il Brasile. Dopo Mancini, altro grande allenatore, meriterebbe la panchina azzurra».
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