Maldini: “Abbiamo cambiato mentalità a Leao! Rap? Mi ha spiegato che…”

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Il leggendario difensore e capitano del Milan Paolo Maldini, ora dirigente dei rossoneri, è stato ospite al celebre podcast Muschio Selvaggio, condotto da Fedez. Maldini si è raccontato tra passato e presente.

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SUL PRIMO GOL IN SERIE A: “Mio primo gol in Serie A l’ho fatto a 17 anni, a Como. Mi ricordo tantissimi episodi di più della metà partite in cui ho giocato. Non sapevo cosa fare, era il primo gol. Ero un po’ stordito per il primo minuto e mezzo. Poi abbiamo anche vinto quella partita, quindi tanta carica e speri di arrivare al risultato finale. Mi ricordo anche che Berlusconi mi regalò un orologio con la dedica. La dedica era molto semplice ma bella”.

SU SACCHI, CAPELLO E ANCELOTTI: “Nel carattere: Sacchi non ha giocato a calcio. Non dico avesse timore, ma magari aveva una maniera d’approccio diversa rispetto a quella di un grande ex calciatore. E’ stato molto difficile anche perché è cambiato il metodo di lavoro: con Sacchi ci ha ammazzato. C’erano meno conoscenze rispetto ad oggi perché poi sono arrivati i preparatori ateltici. Io credo di essere andato in overtraining per metà della mia carriera. L’importante è non mescolare troppi lavori. Io andavo a casa ed ero fidanzata con Adriana, ma non ce la facevo a mangiare fuori (ride, ndr). Ancelotti l’ho avuta nella parte migliore della mia vita, quando hai 30 anni gestisci le emozioni in maniera diversa e godi dei momenti di tensione. La cosa che più mi manca è quel misto di eccitazione e paura che c’e quando si arriva allo stadio nelle grandi partite. Prima dici “Cazzo…”, poi speri di riprovarla. Dopo i 30 anni vivi le cose in maniera più logica e tranquilla. Capello mi ha preso e mi ha detto: “Sai di essere il migliore al mondo?” e da lì ho preso la responsabilità del migliore del mondo e mi ha fatto crescere molto”.

SU MARADONA, MESSI E CRISTIANO RONALDO: “Maradona e Ronaldo il brasilano sono i più forti. Io non ho giocato contro Messi, grazie a Dio. Cristiano Ronaldo è un grande bomber, ma ha meno magia degli altri due. Io ero veloce e forte fisicamente, ma loro erano ancora più veloci. Diego poi era simpaticissimo: quando l’hanno nominato nella Home of fame, mi sono vergognato per avergli dato tante di quelle botte e gli chiesi scusa”.

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SUL MONDIALE, MAI VINTO DA MALDINI: “Mi spiace non aver vinto, ma dopo quattro mondiali giocati, tutto quello che hai vinto col club… l’invidia non esiste. Nel 2002 c’è stato un cambio di generazione. Nel 2006 sono andato a festeggiare con la macchina”.

SULLE SCONFITTE: “È un po’ così: se sei vincente hai comunque perso tanto. Ho perso tre finali di Champions, una finale Mondiale e Europeo. Ho avuto la fortuna di giocare in grandi squadre e grandi nazionali, ma grazie a Dio ho avuto la possibilità di giocare sempre per qualcosa di importante”.

SULLE BANDIERE: “Adesso è molto più difficile, gli italiani non andavano quasi mai all’estero ed era più facile rimanere all’interno del proprio paese. La cosa importante è essere ambizioso: se sei ambizioso e trovi tutto quello che hai bisogno per arrivare al tuo traguardo nella squadra in cui nato è facile. Ma se fossi nato in un altro club che non aveva le mie stesse ambizioni… A me non è mai mancato niente. L’importanza di giocare in uno sport di squadra insegna che conta quello che hai e non da dove vieni. Fin di piccolo degli orari, degli obiettivi, è un insegnamento continuo. Io non giudico chi sceglie una squadra solo per una questione economico. Ci sono anche ragazzi di 16-17 che grazie al calcio devono aiutare la famiglia, è una cosa pesante e non semplice”.

SULLE VARIE OFFERTE DI MERCATO PER LUI: “Sono vere le voci, ma nulla di concreto. Anche il Chelsea mi aveva cercato tramite Vialli. Se ho mai pensato di lasciare il Milan? Sarei dovuto essere molto convinto io di andare via e il club di lasciarmi andare via. Non è mai successo. Ci sono stati anni duri, tipo a metà anni 90 quando siamo arrivati decimi e undicesimi, ci sono state delle contestazioni. Il club mi ha sempre voluto tenere e quindi certi pensieri non ci sono stati”.

SULL’EPISODIO CON CHIELLINI: “In occasione di un corner mi aveva dato una gomitata, io mi ero già rotto il naso più volte e quindi volevo evitare di romperlo di nuovo e quindi mi sono arrabbiato parecchio. Poi è arrivato Buffon e mi ha detto di calmarmi. Sono cose che capitano, però dovete sapere che in allenamento è anche peggio, capita di perdere anche la pazienza. Mi ricordo poi un altro episidio, in un trofeo Berlusconi in cui ho tirato una testata a Casiraghi, mio compagno di squadra in nazionale. Che vergogna quella volta. In quella partita avevo anche segnato e alla fine ero stato eletto miglior giocatore della partita nonostante l’espulsione. Io lo rifiuto perchè mi vergognavo. Casiraghi tra l’altro il giorno dopo si doveva sposare e lo ha fatto con l’occhio nero”.

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SU TALENTO E DISCIPLINA: “Il talento aiuta. Tutti sono preparati fisicamente e tatticamente, ma l’ossessione e la disciplina fanno la differenza. Ci sono giocatori che hanno abbassato la loro forza fisica e la mentalità a causa di un infortunio magari e non essere più quelli di prima”.

SU DANIEL MALDINI: “È già tanto quello che ha fatto, ha anche vinto uno scudetto. Christian è cresciuto anche lui nel Milan, poi si è rotto due volte il crociato e oggi gioca in C. Daniel sta facendo la sua prima esperienza lontano dal Milan. Tra l’altro a differenzia mia, di mio papà e di Christian è l’unico che non fa il difensore. È bello quello che sta facendo. Lui non è precoce come me e quindi questa stagione in prestito e la prossima saranno fondamentali. La storia della famiglia è difficile da capire e raccontare, non esiste qualcosa di simile. Siamo orgogliosi di questo, oltre ovviamente ad essere supermilanisti”.

SULLA FINALE DI CHAMPIONS DEL 2005: “Ho fatto gol io in finale dopo 40 secondi e lì avevo capito che c’era qualcosa di strano. È una partita che abbiamo dominato per 110 minuti, loro hanno giocato bene 10 minuti e siamo riusciti a perdere. Ci sono state tante speculazioni su quello che è successo all’intervallo, siamo entrati nello spogliatoio urlando tutti perchè eravamo nervosissimi, è intervenuto Ancelotti urlando per farci stare zitti. Hanno detto che avevamo festeggiato, io da capitano non lo avrei mai permesso e anche i miei compagni non lo averebbero mai fatto. Sono cose lontane dalla realtà, è quasi stupido commentarle. Il calcio è bello anche per questo. Il Liverpool aveva fatto un cambio difensivo per non prendere altri gol e invece ne fanno tre in sei minuti. Il bello del calcio è anche che due anni dopo abbiamo avuto la possibilità ad Atene di affrontare nuovamente il Liverpool e di vincere”.

SUL CALCIO ITALIANO ATTUALE: “In questo momento il gap è enorme e non è facile da colmare. Il Milan è stato un grande club fino al 2007, poi ha fatto fatica a stare dietro a livello di ricavi a certi club come PSG, Real e United. Noi oggi, a livello di mercato, battagliamo, perdendo dal punto di vista economico, con squadre che arrivano 18esime nella Premier League inglese. Il potere economico di queste squadre è superiore al nostro, però noi abbiamo tradizione e idee”.

SU BERLUSCONI: “All’inizio non era un politico. Quando è arrivato al Milan ci ha raccontato il suo progetto e ci hanno fatto sognare a tutti. Berlusconi non era conosciuto come oggi, quindi qualche dubbio lo abbiamo avuto quando ci ha detto che voleva portare il Milan in vetta al mondo. Lui è arrivato e ha riorganizzato tutto il club come un’azienda che doveva funzionare. Lui era metodico, controllava tutto. Si preparava in tutto, prima di parlare con qualcuno voleva sapere tutto di lui. Prima di diventare primo ministro nel 1994, ad inizio stagione, ci disse che avevamo tre obiettivi: vincere il campionato, vincere la Champions e lui doveva diventare presidente del consiglio. Ci disse che se avessimo vinto la Champions League lui avrebbe avuto più chance di diventare primo ministro. E come è andata? Abbiamo vinto il campionato, la Champions e lui è diventato primo ministro. Io conoscevo suo figlio Pier Silvio, mi capitava di andare ad Arcore con lui. Se abbiamo parlato di politica? No, magari è successo sul calcio. Sulla vita in generale lui è sempre stato molto attento. Lui è sempre stato molto attento a tutti noi. Un anno fa sono stato ad Arcore con lui e Galliani, e ha chiesto cose sulla mia famiglia e cose così. Sono cose fanno piacere, vuol dire che ci tiene”.

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SU LEAO, CALCIATORE E RAPPER: “Ha già fatto un disco. Una volta mi ha chiesto se poteva farlo uscire il venerdì e il sabato poi giocavamo. Io gli faccio: ‘Cosa?!’. Lui poi mi ha spiegato che nel mondo della musica i dischi escono il venerdì. E gli ho detto: ‘Allora domani devi fare due gol’. Leao è un talento pazzesco. Io sono un esteta grazie a mio papà e Leao è bello da vedere, è qualcosa di unico. Ha le carte in regola per diventare un top. Lui era in panchina al Lille e quando è arrivato gli ho detto che lui giocava per il suo Instagram perchè metteva video bellissimi con dei dribbling e giocate, ma poi finiva la stagione con due gol segnati. Lo abbiamo aiutato a cambiare questa mentalità. Uno così talentuoso deve lavorare anche più degli altri per sfruttare il suo talento”.

SUL NUOVO STADIO: “Se vogliamo vivere di ricordi restiamo a San Siro. La storia la fanno i giocatori. E’ uno stadio che è cambiato tanto, non è più quello che è stato costruito 80 anni fa. Ma possiamo andare avanti a vivere di ricordi? Oppure costruiamo un nuovo stadio moderno che ci permetta di aumentare i ricavi? La cosa che più mi dà fastidio è che la città di Milano ha capito questa cosa, non è possibile non cogliere un’occasione del genere”.

SUL PALLONE D’ORO: “Non ho rimpianti. Mi rode di più il culo non aver vinto un Mondiale per esempio. Meglio vincere un trofeo che un premio personale”.

SULL’INTER: “C’è massimo rispetto, ma non è una cosa solo mia. Quando è arrivato Nesta dalla Lazio mi chiese quali erano i ristoranti in cui poteva andare e quali no, perchè a Roma è così. Gli dissi che poteva andare dove voleva. C’è un antagonismo sano tra le due squadre”.

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