Intervistato da Tuttosport, l’ex giocatore del Torino Beppe Dossena ha parlato del difficile momento che sta vivendo il Milan.
I rossoneri come possono uscire da questa complessa situazione?
«La fortuna del Milan si chiama Paolo Maldini. È il leader attorno al quale stringersi per ripartire. In questa fase è palese la difficoltà della squadra a ricevere ogni input, che sia tattico o motivazionale. Maldini ne ha vissute parecchie, ha esperienza nel gestire i rapporti, è la base sulla quale riedificare il Milan. Pioli sta incontrando evidenti difficoltà, ma ciò non toglie che gli vada riconosciuto il lavoro straordinario compiuto nella passata stagione. Lo scudetto è stato un capolavoro sportivo, e i meriti di Pioli nella sua conquista sono stati ampi. Di sicuro non aveva la squadra più forte, ma con la giusta alchimia e un prezioso lavoro tattico è arrivato davanti a tutti».
Da un punto di vista psicologico, più che tecnico, il ritorno di Ibra può aiutare i rossoneri?
«Opero un distinguo: il suo carisma può stimolare o intimorire, dipende dalla personalità dei singoli compagni. Se è percepito come un leader allora va benissimo, ma deve essere il leader di tutti, non di un gruppo all’interno dello spogliatoio».
Quanto pesa l’assenza di Maignan, in questo Milan?
«Tanto: al di là delle parate, spesso decisive e importanti, è un portiere che trasmette sicurezza. Il suo recupero sarà dirimente, per le sorti della squadra di Pioli».
Il trentaseienne Giroud paga le fatiche mondiali?
«Avere tanti impegni può essere positivo, e con le cinque sostituzioni un giocatore può gestirsi. Se cura corpo e mente resta un attaccante forte».
Tra i rossoneri, fin qui, c’è un De Ketelaere che gioca senza trasmettere il piacere di farlo.
«È uscito dalla comfort zone che si era creato in Belgio e sta faticando. Ha qualità, e per tirarle fuori dovrebbe poter sbagliare ancora una serie di partite, vista la giovane età (21 anni, ndr). Questo però posso dirlo io che non devo tenere conto dei risultati che il Milan ha necessità di raccogliere. Se però lo si vuole far crescere gli va data fiducia. E la fiducia si traduce nella continuità di impiego. Adesso gli leggi in faccia la paura di tentare le giocate, in campo sembra un pulcino bagnato. Rimane un investimento da tutelare, un talento da proteggere, ma la sua maturazione mal si concilia con l’esigenza stretta che il Milan ha di tornare a ottenere risultati positivi».
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