Kessie – Nei giorni scorsi sui social ha impazzato la discussione sulla cosiddetta “situazione Kessie”. Mi verrebbe voglia di dire che ha “impazzito” il dibattito perché, ma non serviva il rinnovo di Franck per averne conferma, i soliti maniaci di protagonismo non hanno perso l’occasione per provare a riassumere in duecentottanta caratteri una situazione complicatissima. Il risultato è stata la, purtroppo, “solita” guerra tra bande che ha ottenuto il “solito” risultato: una sempre maggiore divisione del tifo rossonero. Stanti così le cose, due idee mi sembrano assurde: da un lato il solo pensare di riassumere il tutto in un tweet e dall’altro il fatto che lo si debba sottolineare. Ma tant’è…
Proviamo dunque a fare il punto sulla questione in maniera un po’ più approfondita anche se, ahimè, non definitiva.
Innanzitutto, ribadiamo un paio di dati “storici” che possono aiutarci a sviluppare al meglio il discorso. Nell’estate del 2017 l’allora Direttore Sportivo del Milan, Massimiliano Mirabelli, dovette superare la concorrenza della Roma a suon di milioni per aggiudicarsi le prestazioni sportive di Kessie; capisco che la guerra tra bande non permetta il giudizio lucido sull’argomento ma, basta andare a vedersi le vecchie pagine dei giornali.
In tanti volevano Franck e tantissimi tifosi del Milan hanno prima urlato che avremmo dovuto portarlo via ai giallorossi a suon di milioni e poi stappato lo spumante per l’arrivo del ragazzo. Salvo poi mugugnare sugli spalti (c’ero) e sui social (c’ero anche lì) per le prestazioni del ragazzo. Sul fatto che per due stagioni abbia dovuto coprire le mancanze di Suso in fase difensiva, niente. Andiamo avanti.
Questo significa che il ragazzo ha ancora un valore “commerciale” per il Milan oltre a quello tecnico; è un “bene” che è stato pagato a fronte delle sue prestazioni in campo. Brutto a dirsi visto che si parla di esseri umani ma anche questo è un elemento da considerare nella scelta di come comportarsi. Mal contati, il Milan ha speso per il giocatore Franck Kessie trenta milioni all’acquisto più diciassette milioni per lo stipendio al lordo per un totale di cinquantasette milioni di euro.
A questi vanno aggiunti, ultimo elemento di fatto, i circa quattro e mezzo da pagare per l’ultima stagione. Diciamo, sempre mal contati, sessanta milioni.
Ma un giocatore, parafrasando una celebre canzone, non si giudica solo da questi particolari; un calciatore è fatto di apporto tecnico, presenza nello spogliatoio, visione che ne hanno i tifosi, potenzialità di crescita tecnica ed economica e tanti altri fattori che possono incidere nella scelta della dirigenza. Ecco perché prima di dare un giudizio definitivo sulla questione sarebbe meglio valutare gli scenari che si pongono dinanzi alla direzione sportiva ed allo staff tecnico. Lavoro difficile ma non impossibile.
Primo scenario: Rinnovo ad ogni costo.
Sono in molti sui social a chiederlo per vari motivi. Innanzitutto, non possiamo permetterci di perdere il quarto giocatore “a zero”, cosa che comporterebbe una perdita, in mancate cessioni, di più di cento milioni considerando i valori di mercato dei giocatori persi.
Poi c’è da considerare il valore tecnico del giocatore che è stato il migliore della stagione e lo ha dimostrato plasticamente nella partita decisiva di Bergamo sia con i due rigori trasformati, sia con la forza fisica messa al servizio della nostra qualificazione in Champions.
Non solo, pesa sul giudizio anche il ruolo del giocatore nello spogliatoio e nella visione dei tifosi: Kessie si è autonominato “il Presidente” del Milan e ha fatto varie dichiarazioni d’amore verso la squadra compresa quella sulla sua volontà di rinnovare e quindi va rinnovato. Da ultimo viene l’aspetto psicologico: siamo tornati ad essere una grande squadra e lo dobbiamo dimostrare tenendo i giocatori sui quali possiamo costruire un futuro da protagonisti nel panorama mondiale.
Nelle prossime righe ci sono tutti i possibili “contro” di una simile scelta, evitiamo inutili ripetizioni in una situazione già complessa di suo e passiamo ai prossimi scenari.
Secondo scenario: rinnovo e rivendita.
È una pratica spesso utilizzata nello sport professionistico americano: non mi servi, ti rinnovo il contratto lo stesso e lo utilizzo per scambiarti sul mercato con un giocatore che invece mi serve. Va segnalato però che in quel mondo, per una serie di situazioni, spesso non si scambiano i giocatori ma i contratti: io ti do un giocatore da “tot” milioni di stipendio, quanti giocatori da “tot” milioni di stipendio mi dai per stare dentro il nostro tetto salariale? Le esigenze tecniche vengono successivamente, sovente con esiti disastrosi.
Nel nostro caso significherebbe rinnovare il giocatore alle cifre richieste dal suo procuratore (otto più due di bonus?) per poi andare sul mercato e rivenderlo. Ipotesi suggestiva che limiterebbe i danni economici ma comporterebbe una serie notevole di incognite.
Siamo certi di trovare una squadra disposta a pagare Kessie “tot” milioni (facciamo trenta per comodità) più quello stipendio?
Oggi Tottenham e Psg sono disposte a pagare quelle cifre al giocatore (e le relative commissioni al procuratore) in virtù del mancato pagamento del cartellino, lo sarebbero anche domani con i trenta milioni da versare nelle casse del Milan? Forse no e a quel punto avremmo un giocatore con uno stipendio “sovradimensionato” al resto della squadra, maldigerito dalla dirigenza e forse anche dai compagni di squadra che si presenterebbero alla porta del Direttore Sportivo chiedendo un analogo adeguamento dello stipendio mandando totalmente “a ramengo” il progetto di contenimento dei costi fin qui condotto con successo.
Ricordiamo che non si tratta di una velleità “neo-schiavista” della dirigenza ma dell’essenziale contenimento della principale voce di spesa delle squadre di calcio, il monte salari. Essenziale per una squadra come il Milan che ha intrapreso un percorso di ricostruzione e che è ancora sotto la lente dell’Uefa; sono perfettamente conscio che le posizioni del massimo organo del calcio europeo siano discutibili ma al momento resta il nostro unico interlocutore.
Ricordo anche che tale operazione ha senso solo se effettuata a strettissimo giro perché da gennaio il procuratore di Kessie è libero di contrattare con qualsiasi squadra del pianeta.
Terzo scenario: perdere il giocatore a zero.
Oggi le bandiere non ci sono più, utilizziamo il giocatore fino a fine anno e alla fine ci stringiamo la mano andando ognuno per la propria strada. È la “soluzione Donnarumma”, tanto più desiderabile visto che la dirigenza rossonera si è cautelata, come nel caso del secondo portiere della squadra di Parigi, con gli acquisti di Adli e Bakayoko.
Possibile e praticabile ma mi sento di ricordare che in questo momento esiste la variabile indipendente rappresentata dai tifosi.
Chi mi garantisce che al primo tocco di palla non si scateni un uragano di fischi che renda difficile, se non impossibile, l’utilizzo di Kessie nelle partite casalinghe? Proprio l’esperienza del transfuga parigino con il lancio dei dollari in campo all’epoca del primo rinnovo insegna che la situazione potrebbe diventare di difficilissima gestione.
Quarto scenario: lo teniamo a marcire in tribuna
I puristi si sono già scatenati:
“Giusto non pagare le commissioni ai procuratori che tolgono soldi al circuito del calcio.”
“Noi siamo il Milan. Se non vuoi stare, marcisci in panchina”.
“Dopo le dichiarazioni di Tokyo non voglio uno che non sa mantenere la parola”.
E ho riportato solo le cose ripetibili.
Ci sta come dicono i giovani d’oggi, il tifoso fa il suo mestiere e ragiona da tifoso. Occorre però ricordare che farsi la fama di chi mette i giocatori in tribuna (rectius: panchina, per evitare problemi legali) riduce sensibilmente il numero di giocatori acquistabili nelle sessioni successive. Inoltre, così facendo, si rinuncia alle prestazioni del giocatore buttando nello sciacquone quattro milioni e mezzo di euro che comunque andrebbero registrati nel bilancio della prossima stagione nella colonna delle perdite. E alla fine, il giocatore andrebbe comunque ad accasarsi ad un’altra squadra perché la minaccia di stare fermo un anno conta relativamente; se lo hanno spinto fino a quel punto è perché lo vogliono a qualsiasi costo.
Direi che ce n’è abbastanza per un grosso mal di testa e diverse notti insonni, la posizione di Maldini e company non è di certo la più facile. Sorprende quindi la posizione di chi, al contrario, ha una soluzione per tutto sia essa una di quelle prospettate sopra oppure il classico “È tutta colpa di Elliott” (o dei Cinesi, o di Mirabelli, o di Berlusconi o della Banda della Magliana, scegliete voi tra le mille che avete letto).
Questa è una situazione estremamente complessa che arriva al termine di due campionati dominati dalla pandemia e dalla crisi economica conseguente che ha portato tante squadre italiane ed europee vicine alla crisi definitiva. Pretendere di risolvere la questione in duecentottanta caratteri è segno di grave superficialità ed ha causato, come dicevamo in testa, la solita guerra tra bande e l’ennesima, inutile, spaccatura del tifo rossonero. Inutile, a meno che non sia voluta.
Ma, siccome lo statuto della nostra associazione dice esattamente il contrario parlando espressamente di dialogo fra i tifosi rossoneri, noi ci opponiamo e proviamo a fare chiarezza e fornire ai nostri associati strumenti per il dialogo.
Siamo diversi, abbiamo il Milan ed i milanisti nel cuore.
E ne andiamo fieri.
Pierangelo Rigattieri
Segretario generale dell’Associazione Milanisti1899
photocredits acmilan.com
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