il 17/03/2022 alle 22:55

Kessié al Barcellona? Demirabellizzazione completata

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Se la parola petaloso è entrata a far parte del vocabolario ufficiale della Treccani, allora per demirabellizzazione dovrebbe essere un gioco da ragazzi. O forse no.

Siamo nell’estate del 2016 e il Milan di Mihajlovic prima e Brocchi poi è reduce da una stagione “Vorrei ma non posso”, proprio come il singolo di J-Ax e Fedez che in quei giorni suona anche dalla radio più impolverata del paese. Per la prima volta nell’era Berlusconi, il Milan, complice anche la sconfitta in finale di Coppa Italia contro la Juventus, rimane fuori dalle coppe europee. Il segnale è forte: il tempo del patron di Fininvest, dopo 29 trofei alzati in 31 anni di presidenza, è finito. Il 5 agosto una sua firma basta per vendere il Milan alla Sino-Europe Investment Management Changxing, fondo pechinese guidato da Li Yonghong: è l’inizio della fine.

Il terremoto societario investe tutti i settori del Milan, dai giardinieri di Milanello a direttori sportivi e amministratori delegati. Il 19 aprile del 2017, il nuovo AD Marco Fassone sceglie di affidare l’area tecnica rossonera a Massimiliano Mirabelli. Finita la stagione di transizione, culminata col ritorno in Europa (League) dopo il tragico anno di assenza, Fassone e Mirabelli hanno finalmente a disposizione grandi fondi per riportare a Milano giocatori da Milan. Tra fine maggio e inizio giugno, le cose formali non si fanno attendere: 18 milioni al Villarreal per il difensore centrale Mateo Musacchio, 15 milioni ai tedeschi del Wolfsburg per il terzino sinistro Ricardo Rodriguez, 24 milioni all’Atalanta per Andrea Conti e 32 per Franck Kessié, 38 milioni al Porto per la giovane promessa Andrè Silva, 6 milioni al Sunderland per l’esperienza di Fabio Borini e 23 milioni al Bayer Leverkusen per il trequartista turco Hakan Calhanoglu. Un mercato faraonico che però è ancora ben lontano dall’essere chiuso: sotto il sole (evidentemente troppo caldo) di luglio arrivano anche Leonardo Bonucci per 42 milioni dalla Juventus, Lucas Biglia per 20 milioni dalla Lazio e per chiudere in bellezza l’attaccante cercato da Montella, il croato Nikola Kalinic, per 27.5 milioni di euro. Totale spesa? Aggiungendo anche il costo del cartellino di Antonio Donnarumma (che sentiva troppo la mancanza del fratello minore Gigio, tanto da convincere la dirigenza a pagarlo 1 milione di euro), siamo sui 245 milioni di euro. Duecentoquarantacinque milioni di euro. Duecento. Quarantacinque. Milioni. Di euro.

Al raduno di Milanello l’entusiasmo è alle stelle, grazie anche alla promettente conferenza di Mirabelli: “Stiamo seguendo una logica in quello che stiamo facendo, basta vedere l’età media dei giocatori che stanno arrivando: cercheremo di aprire un ciclo. Poi sarà il campo a dirci se questo lavoro è stato fatto in modo positivo o meno“. Le questioni sono 3: il ciclo è stato aperto?; il campo ha parlato in maniera positiva o negativa?; la logica dietro ai duecentoquarantacinque milioni di euro c’è stata? Le risposte sono altrettante e anaforiche: no, no, no. Il Milan chiude la stagione al sesto posto in Serie A, 31 punti dietro la Juventus: ogni punto di distanza dai bianconeri è costato 8 milioni di euro. In Europa, Rino Gattuso, subentrato a Montella e motivo per il quale il ciclo è nato e morto nel giro di 5 mesi, riesce invece a fare una figura decorosa, uscendo agli ottavi con l’Arsenal al termine di una sfida di ritorno caratterizzata da qualche fischio di troppo.

Passano pochi giorni e la bolla cinese esplode: il 10 luglio 2018 la Elliott Management Corporation, fondo d’investimento americano, comunica di aver assunto il controllo del club a seguito dell’inadempimento delle obbligazioni verso di essa da parte del presidente Li Yonghong. Arriva quindi un altro terremoto societario, che questa volta però (a parte qualche scivolone iniziale, brasiliano e che ha indossato per diversi anni prima la maglia 30, poi la 18 e infine la 33 del Milan) il ciclo è riuscito ad aprirlo per davvero, come ben sappiamo.

Con l’ormai quasi ufficiale addio di Kessié, che a fine stagione passerà al Barcellona a parametro zero, dopo neanche 5 anni nella rosa del Milan non sarà più presente nessun calciatore acquistato durante l’opulenta campagna acquisti estiva del 2017 targata Massimiliano Mirabelli.

Per il modo (che tutti conosciamo) con il quale Franck ha praticamente dato l’addio al Milan, possiamo tranquillamente affermare una cosa: a Milanello nessuno di quegli 11 è rimpianto, anzi. Se però pensiamo a quanti di quei 245 milioni sono ritornati nelle casse di Casa Milan, allora sul nostro volto spunterà un sorriso beffardo, che sta a metà tra la rabbia ancora latente e la convinzione di aver ormai superato uno dei momenti più difficili della storia recente del club. Ironia della sorte, il giocatore acquistato da Mirabelli che ha fatto rientrare più denaro al Milan è stato Nikola Kalinic, forse il simbolo per i tifosi di quella campagna fallimentare che sembra, in questi giorni con il Milan al vertice della classifica, lontanissima. Oltre ai 14.5 milioni rientrati con la cessione del croato all’Atletico Madrid, il Milan ha guadagnato poco più di 2 milioni da Ricardo Rodriguez (prima andato in prestito al PSV e poi finito al Torino), 3.8 milioni e un Ante Rebic dalla cessione di André Silva e per finire il cartellino di Mattia Caldara (che oggi, per Transfermarkt, vale 4 milioni di euro) dal ritorno di Leonardo Bonucci alla Juventus. Tutti gli altri, Conti, Biglia, Musacchio, Borini, Calhanoglu, Antonio Donnarumma e ultimo proprio Franck Kessié, hanno lasciato il Milan a parametro zero.

E questo è il motivo per il quale se pronunciate le parole passiamo alle cose formali davanti ad un tifoso rossonero, sulla sua faccia si presenterà quel sorriso beffardo, che sta a metà tra la rabbia ancora latente e la convinzione di aver ormai superato uno dei momenti più difficili della storia recente del club.

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photocredits: acmilan.com
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