“La vita è come una commedia, non importa quanto è lunga, ma come è recitata”. Il buon Lucio Anneo Seneca, con qualche secolo di anticipo, sembra aver riassunto perfettamente il clima intorno al mondo del calcio oggi. La velocità con la quale si indossano maschere e ci si traveste in personaggi alquanto anacronistici, è così rapida da distogliere l’attenzione dai veri problemi.

Da domenica sera non si è attenuato il vento giustizialista che ha scompigliato l’ormai trasandata chioma di questo sport. La frase “la morte del calcio” è stata in tendenza sui social per giorni. Ma non ci si è limitati solo alla sentenza. Si è messo in guardia il mondo intero su quello che potrebbe accadere da gennaio in poi sui campi di calcio.
Il concetto di giustizia, per dirla alla Aristotele, è la più importante delle virtù. Rivendicarla è l’atto sociale più alto e nobile. Il giustizialismo applicato al calcio è cosa diversa. Spesso è argomento che tende a tracimare nella commedia. E in questa sceneggiatura, protagonisti o comprimari, tutti abbiamo un ruolo.
Senza girarci intorno. Regalare ai posteri un Milan-Fiorentina come la pietra miliare degli scandali calcistici perchè considerato solo l’inizio di un losco progetto già pianificato, è una delle manifestazioni più plateali del degrado intellettivo.
Entrare nel merito regolamentare di una decisione, è esercizio che non mi ha mai affascinato. Piuttosto osservo ed esprimo un parere sull’opportunità di taluni di ergersi a principi del foro. La domanda sorge abbastanza spontanea: ma questo sete di giustizialismo c’è sempre stato e ci sarà ogni qual volta si accerterà un errore arbitrale? Ammesso che Sozza sia il colpevole. Ma fingiamo di si … altrimenti, che commedia sarebbe?
Pur confidando nell’intelligenza di tutti, il dubbio resta. La memoria mi fa difetto ma non ricordo questa insurrezione social al gol di mano di Udogie. L’immagine non era chiara, si disse. Oppure “l’effetto Serra“ dello scorso Milan – Spezia. Il vantaggio? Non è una regola, è una norma. Mentre Koulibaly che prende la coscia di Bennacer senza mai toccare la palla, era solo un contrasto di gioco. Tomori che spizza il polpaccio di Osimhen, quello si che era rigore netto. Ci mancherebbe. Le stesse persone, lo “scrivo sottovoce”, finsero indifferenza la stagione precedente quando Bakayoko, in formato partenopeo, toccò con la punta del piede il polpaccio di Theo in area. Coincidenza che ha trovato la sua replica qualche settimana fa. Sempre l’attaccante nigeriano contro l’Empoli e Diaz contro la Cremonese, in due identiche situazioni. Indovinate se la tanto invocata uniformità di giudizio c’è stata o meno.
Per elevare l’ errore a scandalo bisognerebbe suffragare il tutto con prove degne di questa parola. Concetto sfuggito al legale della Salernitana che intervenuto a Televomero, se pur della materia, non si fa problemi a sentenziare su Milan – Fiorentina definendola “primo scandalo del nostro campionato”. Con il dovuto rispetto, caro Avvocato, non le sembra inconsistente portare davanti ad un giudice l’errore o presunto tale, di un arbitro, come impianto accusatorio di uno scandalo?
Eppure durante la settimana il mondo degli arbitri è stato travolto da un vero e proprio scandalo. Il procuratore capo dell’AIA, Rosario D’Onofrio, è stato arrestato perché al centro di un enorme traffico di droga. Materiale sufficiente per polverizzare il potere a palazzo.
Ma per il tribunale popolare non è così rilevante. La giustizia, quella vera, passa dalla direzione del suono di un fischietto. Poco importa se le manie rivoluzionarie si alimentano solo se a farne le spese, direttamente o di riflesso, è la presunta vittima. A parti invertite l’indifferenza è solo casuale.
Siamo attori e spettatori di una pura commedia. Fa quasi tenerezza lo sforzo di apparire reali trasformando, idealmente, un palcoscenico in tribunale, la bandiera della propria squadra del cuore in una toga e uno stridore curvaiolo in un’austera arringa difensiva.
Non ci sarebbero parole migliori per definire questa grottesca situazione se non con quelle di Eduardo De Filippo: “Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male”.
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