Arrivato a Milanello nell’estate del 2017, il centrocampista turco, dopo anni di luci ed ombre, sembra aver trovato finalmente la propria dimensione grazie a mister Pioli e Zlatan Ibrahimović, diventando definitivamente un leader tecnico della compagine rossonera, sia dentro che fuori dal campo.

All’interno di un’intervista rilasciata a DAZN e Goal, tocca questi temi, permettendoci di contestualizzare al meglio la descrizione di un talento che sembra poter essere pronto al salto di qualità definitivo, il salto da buon calciatore a top player.
“Vogliamo costruire il presente ed il futuro sulla tradizione, intorno a Franco Baresi e Paolo Maldini. Il nostro obiettivo è chiaramente quello di raggiungere la Champions League. Vogliamo realizzare qualcosa, le aspettative sono alte”.
È da queste parole che occorre partire per comprendere l’evoluzione di Hakan, giunto alla sua quarta stagione in rossonero.Il numero che sceglie al suo arrivo è un numero indubbiamente pesante nell’immaginario del tifoso milanista, che l’ha visto indossato da leggende come Gianni Rivera, Ruud Gullit, Manuel Rui Costa e Clarence Seedorf.
Ma Çalha non ha paura, sa di aver le capacità per sostenere questo fardello sulle sue spalle.
Le aspettative però sono alte e l’ambientamento al campionato italiano, non è certamente la cosa più facile del mondo. La prima svolta arriva con il cambio di allenatore: Gennaro Gattuso, a sorpresa sulla panchina del Milan, cambia modulo, atteggiamento e concetti alla squadra, il che si traduce in un posizionamento del turco nei tre davanti, a sinistra.
Nella seconda parte di stagione sigla 6 reti e 4 assist, candidandosi ad una stagione esaltante per l’anno successivo.Rino Gattuso ha grande fiducia nel ragazzo classe 1994 e lo dimostra nell’annata 2018/2019, dove il nativo di Mannheim però non riesce a confermarsi sui livelli della seconda parte della stagione precedente.
In fondo lui ha sempre detto di sentirsi un trequartista, ma ha grande umiltà nel mettersi a disposizione della squadra e lo dimostra mettendoci sempre tutto sé stesso, nonostante a volte le prestazioni e la fortuna non lo premino. Il gol a Bergamo contro l’Atalanta è il primo in campionato, il secondo dopo quello in Europa League contro il Dudelange, una rete importantissima che lo rilancia per un finale di campionato ai livelli che gli competono e che lo vede decisivo anche contro Fiorentina e Spal, con la qualificazione in Champions sfumata di un solo punto.
In quella rete, una meravigliosa bordata da fuori area in linea con le sue caratteristiche balistiche, si vede la rabbia di un uomo a cui le cose non riescono ad andare nel senso giusto, un ragazzo che sta dando se stesso per la maglia rossonera e che soffre per non riuscire a fornire il proprio contributo come vorrebbe.
Perchè Hakan sa di essere in grado di dare di più, è consapevole di valere di più di 4 gol a stagione e qualche fischio di troppo.
Il mister gli ha sempre dato fiducia e lui lo ringrazia, sia dopo la rete all’Atalanta che al momento dell’addio: “Grazie mister, grazie per tutto ciò che hai fatto per la squadra, ora e in passato. Abbiamo avuto alti e bassi, ma ti sarò sempre grato per la tua fiducia e per avermi sostenuto nel miglior modo possibile”.
Parole che sanno di maturità, maturità di un uomo diventato padre in quel marzo, ben integrato all’interno del gruppo (noto il suo bellissimo rapporto con Kessié), ma che ha vissuto una stagione tormentata e difficile dal punto di vista sportivo.
Una maturità che però non è ancora quella tecnica, perchè ci si chiede: quale sarà l’abito tattico perfetto per Hakan?
L’arrivo di mister Giampaolo e la sua idea di gioco basata sulla presenza di un trequartista sembrerebbero in apparenza poter finalmente favorire lo spostamento di Çalhanoğlu nel ruolo a lui più congeniale, ma sul campo si trova a dover fare prima il play davanti alla difesa all’esordio ed in seguito a fare ancora la mezz’ala.
La rete al Brescia della seconda giornata ed il rigore procurato alla terza a Verona iniziano a mostrare sprazzi di un giocatore più determinato e determinante però, che non ha paura a caricarsi la squadra sulle spalle nei momenti decisivi, con personalità e determinazione, nonostante gli episodi e i risultati non sembrino supportarlo.
Dopo il match col Genoa, la conferma dell’inizio di questo percorso la si ha con l’arrivo di Stefano Pioli sulla panchina del Milan: è infatti dell’ex Leverkusen il primo gol della nuova gestione tecnica. Un gol bellissimo per coordinazione, inserimento e potenza, seguito da un assist per la rete del momentaneo vantaggio rossonero sul Lecce (il match finirà 2-2). Un’esultanza rabbiosa, quasi a dire “eccomi, questo sono io”, seguito da una prestazione da leader tecnico.
Questo è l’Hakan Çalhanoğlu che i tifosi sognano, quel calciatore a cui manca però ancora qualcosa per avere continuità. Quel qualcosa, o qualcuno, arriva il 2 gennaio 2020 in Italia ed ha le sembianze di un certo attaccante svedese di nome Zlatan.
Dal suo approdo in rossonero si cambia modulo, si arriva nel giro di poche partite al 4-2-3-1 e si inizia a vedere un giocatore continuo, soprattutto grazie allo spostamento nel suo ruolo, dopo aver parlato con mister Pioli ed avergli spiegato le sue preferenze tattiche.
“Zlatan ha così tante idee che vuole realizzare con noi in campo. Tutta la sua esperienza ci aiuta ulteriormente e, soprattutto, ci aiuta la sua incondizionata voglia di vincere. Parte tutto dall’allenamento: Zlatan vuole vincere ogni singola partita di allenamento, è ambizioso e si arrabbia molto quando perde. Conosceva me e le mie qualità anche prima del suo ritorno al Milan. Mi chiede sempre di giocare liberamente, di non pensare troppo e di essere sempre concentrato al 100%. Inoltre mi dice sempre che il mio corpo è il mio capitale. Mi trasmette le sue esperienze: in campo so come si muove e lui conosce le mie giocate” (queste le sue parole nell’intervista rilasciata a DAZN e Goal).
La stagione 2019/2020 del nazionale turco si chiude con 11 reti e 9 assist, con un’ultima fase da top player: ha inciso (attraverso gol, assist o tiri respinti dal portiere e poi trasformati) in 15 marcature nelle ultime 12 partite di Serie A.
Numeri mostruosi (cui va aggiunta anche una percentuale di passaggi riusciti nell’area avversaria pari al 65%, il 15% in più della media degli altri calciatori), soprattutto se ad essi si somma una leadership tecnica e umana sempre più evidente, con prestazioni sempre più incisive del numero 10.
Sì, proprio quel numero di cui abbiamo parlato prima, così pesante eppure così leggero, così fantasioso eppure così concreto.
Ha trascinato la squadra al filotto di risultati che dura da marzo e che ha portato alla conferma di Pioli come allenatore del Milan, una conferma voluta dal gruppo, voluta da Çalha: nessun coach lo aveva capito come ha fatto lui, ribadendo più volte nelle sue dichiarazioni come Stefano abbia dato il 100% ogni singolo giorno e la squadra si sia impegnata per ripagarlo in campo.
All’interno dei discorsi affrontati con DAZN e Goal, si riporta un virgolettato in tal senso: “Ci ha portato tanto dal punto di vista tattico, niente contro Giampaolo, ma i suoi sistemi non ci erano arrivati, mentre quelli di Pioli sì. Il ritorno di Ibra, poi, con la sua mentalità e le sue qualità in campo, ha portato ancora avanti la squadra nella crescita. Per me personalmente, era importante poter finalmente giocare nella mia posizione preferita in modo continuo, cosa che il mister ha reso possibile”.
Parole di un leader, di un calciatore vicino all’esplosione definitiva a 26 anni.
Nelle ultime 8 gare ha contribuito con reti e passaggi decisivi in ben 7, considerando anche la palla a Leao per l’autorete di Klavan, in 4 di queste invece ha inciso sia con un gol che con almeno un assist.
Parole di un ragazzo nato a Mannheim e che ora ha il fuoco dentro e il diavolo nel cuore, come dimostra la reazione avuta alla sostituzione durante la prima di campionato contro il Bologna, testimonianza di voler restare in campo ad aiutare la squadra in un momento cruciale del match.
Hakan aspetta solo che le sue prestazioni vengano consacrate dall’ovazione del pubblico, che mai come in questo momento aspetta di poterlo abbracciare e urlare il suo nome a squarciagola in quel di San Siro.
Perchè, in fondo, di Hakan non si può certo dire che non abbia sempre dato il 100% per questa maglia, nel bene e nel male.
Emanuele Frigerio