Nella giornata di oggi si è tenuta la conferenza stampa di presentazione del nuvo libro di Olivier Giroud. Il centravanti del Milan, decisivo per la vittoria dell’ultimo scudetto, ha voluto pubblicare un’autobiografia dal titolo “Cederci, sempre. Perché ho fiducia nella vita, in Dio, in me stesso e nel destino”.

Sul libro: “Avevo in mente di scrivere questo libro. Lo scrittore di un libro su Deschamps mi ha contattato perché voleva scrivere un libro sulla mia vita; ho preso del tempo per riflettere. È un po’ strano perché sono ancora un giocatore, ma alla fine ho deciso di scriverlo; ringrazio lo scrittore: abbiamo fatto un grande lavoro insieme”.
Sulla fede: “Per me la fede è fondamentale. È importante ricordare i momenti difficili: so dove ho cominciato la mia carriera, quanti sacrifici ho fatto per arrivare a questo livello, e questa fede è stato il filo rosso della mia vita; sono nato in una famiglia cristiana e mia moglie mi ha sempre portato nella chiesa evangelica. Dio ha fatto tanto per noi, la mia fede mi ha portato qui anche perché è da lei che ho imparato i valori da trasmettere ai miei figli: rispetto, amore e umiltà. Per me è assolutamente naturale parlare di fede nel mondo del calcio. Sono una persona socievole e voglio essere un esempio per i miei fratelli in Dio e per quelli che si pongono delle domande in merito”.
Su Shevchenko: “Negli anni del grande Milan, tra il 90 e il 2000, ero un grande tifoso rossonero. Ho visto tanti video di Van Basten e di Papin, volevo segnare come loro. Sheva era per me la classe, l’esempio, il calciatore preferito: lui poteva fare gol in tutti i modi e mi piaceva la sua mentalità, caratterizzata dal battagliare e dal mai mollare. Quando l’ho incontrato avevo le stelle negli occhi”.
Su Paolo Maldini: “Ero a Nizza con la Nazionale. Il mio manager mi ha detto di parlare Facetime con Maldini: per me era una cosa speciale, è una leggenda del Milan. Mi piace il rapporto con lui e Massara. Ho parlato con loro senza problemi e per me era un segnale di dover andare al Milan”.
Su Pioli ed Ibrahimovic: “La concorrenza è come un tiramisù, il mio dolce preferito. Non conoscevo tanto lo stile di Pioli, ma quando ho parlato con lui ho capito subito di poter lavorare molto bene insieme; lui è una brava persona, sincera, che sa come parlare ai giocatori. Ibra è una leggenda del Milan; non gli ho detto subito che fossi un suo tifoso. I miei amici mi hanno regalato la sua maglia. Avevo un po’ di apprensione nel chiedergliela… Lui ora mi prende in giro su questo. Sono molto felice del rapporto che ho con Zlatan”.
Sul derby del 5 febbraio: “Emozione pazzesca, con la Curva Sud davanti a me. Sono stati due gol pesanti. Se l’Inter avesse vinto il derby sarebbe stata quasi irraggiungibile… Credo che Dio mi ha detto di crederci fino alla fine per il primo gol e anche per il secondo… quella mossa mi capita qualche volta. Ho spinto De Vrij prima di fare quella corsa, così che sul passaggio di Calabria si è trovato in ritardo e dopo… esplosione! Tutti i tifosi mi hanno parlato di questo gol per 4-5-6 mesi, anche oggi! Succede solo a chi ci crede. Sono molto orgoglioso e spero di vivere ancora questo tipo di emozioni”.
Sull’Inter: “Al Chelsea ero il terzo attaccante, c’erano Abraham e anche Batsuahyi davanti a me. Parlai con Lampard per trovare una soluzione, ma lui non voleva mandarmi via. Poi segnai 8 gol nelle ultime 10 partite. L’Inter era molto interessata a me, ma ad un certo punto mi hanno detto che non c’erano più soldi per prendermi. Mi voleva anche la Lazio. Ero disperato, volevo andare via. Potevo andare al Tottenham, ma avevo giocato nell’Arsenal. Era destino che fossi rossonero e non nerazzurro”.
Sullo Scudetto: “Ho paragonato l’atmosfera di vincere lo Scudetto a quella del Mondiale. È normale. Non ho mai visto questo tipo di celebrazioni. La gente ha aspettato a lungo questo titolo; i tifosi piangevano per la strada e questo ti prende il cuore. Con la Francia andammo troppo velocemente, qui ci abbiamo messo 4 ore e mezza. I tifosi a Reggio Emilia sono tutti venuti sul campo: non me lo aspettavo, è stato pazzesco. In doccia canto ‘I campioni dell’Italia siamo noi’. L’ho cantata tutta l’estate, l’ho insegnata ai miei figli; anche il “Siam venuti qua su per vedere segnare Giroud. Gli ho insegnato anche Pioli is on fire. Un sabato festeggiavo con la famiglia, era il mio anniversario di matrimonio e il battesimo di mia figlia; c’era una band e abbiamo cantato “Freed from desire” con gli amici: non so più il testo originale, ma solo Pioli is on fire”.
Sulla maledizione della maglia numero 9: “Non c’è tabù. Io sono cristiano, non sono superstizioso. Non è un numero che mi fa fare gol. Lo volevo al Milan, è un bel regalo essere come Pippo Inzaghi il numero 9 del Milan”.
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