CRISI MILAN – In questi giorni tristi – Nei giorni scorsi in molti, compreso il sottoscritto, hanno scritto, twittato o citato questa frase: “Tifosi rossoneri, tifosi milanisti, teniamoci per mano in questi giorni tristi”. È l’inizio dell’inno delle BRIGATE ROSSONERE che in molti della mia generazione hanno cantato centinaia di volte allo stadio. Eravamo ragazzi e quella “marcetta” segnava l’inizio delle ostilità nei confronti della curva avversaria. Da lì in avanti pochi scherzi, si doveva cantare e battere le mani più forte di quelli di fronte. Ed io, piccolo milite del tifo rossonero, urlavo come un pazzo. Poi partiva “Leoni armati stiam marciando” e…

Vabbè, altri tempi.
Ero molto più giovane e poco mi interessava di cosa cantavo. Mi bastava farlo insieme ai miei fratelli.
In molti di quelli che hanno scritto “teniamoci per mano in questi giorni tristi” non sanno, o fanno finta di non sapere che quel coro continua in maniera molto ultras snodandosi tra morti e feriti fatti a Marassi o al Comunale. Roba che se la fischietti oggi in metropolitana ti danno il daspo. Ma ero giovane e mi interessava poco se non l’aveva scritta il Mahatma per la marcia del sale o gli stessi autori di Symbolum 77. Era la mia marcetta ed ero molto più interessato al significante piuttosto che al significato. Per me, per noi, era un richiamo alla nostra passione, il modo per caricarci prima della sfida.
Eravamo più giovani.
Come ero più giovane, molto più giovane, quel pomeriggio del 1982. Un ragazzino che frigge seduto al ristorante dove si festeggia la cresima della sorella e pensa al suo Milan che gioca a Cesena e si gioca la salvezza. Mamma, impietosita, mi dà il permesso e vado con Germano alla sua Giulia amaranto. Accendiamo l’autoradio e ascoltiamo “tutto il calcio minuto per minuto” che snocciola cambi di risultato. Poi Castellini regala la palla e la salvezza al Genoa ed il mio Milan torna in serie B mentre io piango e Germano mi spiega che torneremo.
Ero giovane e innamorato.
Oggi, a distanza di tanti anni, resto un innamorato. Ma, forse a causa del mio lavoro, non sono più innamorato solo del Milan. Amo i suoi tifosi che da due anni mi insegnano ogni giorno cosa significa essere rossoneri. Amo i miei amici dei club lontani da Milano che vengono a vedere anche il derby femminile perché il Milan è tutto quello che riempie quella casacca a strisce rossonere; amo i miei amici di magliarossonera.it che tengono un sito meraviglioso che contiene tutte le risposte a qualsiasi domanda sul Milan; amo i miei amici di Milannight e sui social che frustano società allenatore e giocatori (a proposito, mamma mia che post Axel!!!!) perché soffrono per la loro squadra.
Li abbraccerei tutti quanti e direi loro che tutto andrà bene. Ma non posso, non conosco il futuro. Posso solo dire loro che abbraccio quel ragazzino che piange accanto alla Giulia amaranto e gli racconto di una furia mora con le treccine che riceve un passaggio di Evani in piena area di rigore e abbatte il portiere dell’Inter; gli racconto di un ragazzo biondo venuto dal freddo che guarda l’arbitro impaziente di tirare il rigore più dolce; gli racconto di Paolo, di Gianni e del Franz il piccolo grande uomo che ha portato quel pezzo di stoffa bianca sul braccio destro in serie B ed in finale di Coppa Intercontinentale.
Gli racconto del Milan e di noi suoi tifosi che “le abbiam prese ma non siamo vinti”.
In fin dei conti basta solo tenersi per mano in questi giorni tristi.
Pierangelo Rigattieri