Bilanci, ricordi, pronostici da evitare e una candidatura spontanea: l’intervista di Gazzetta dello Sport a Gianni Rivera, 80 anni domani
Alla vigilia del suo 80esimo compleanno (domani, 18 agosto 2023), la Gazzetta dello Sport ha intervistato Gianni Rivera, primo Pallone d’Oro della storia del Milan. Tra bilanci di vita e carriera, ricordi di Alessandria e di Milano, Nazionale Italiana e il nuovo Milan 2023/2024, Gianni Rivera ha parlato come sempre in maniera schietta e diretta, chiedendo tempo prima di costruire qualsivoglia griglia scudetto.

Gianni Rivera dopo il ritiro dal calcio
«Dopo aver smesso di giocare sono diventato vice presidente del Milan, poi sono stato 22 anni in Parlamento. Poi sono tornato al calcio in Federazione, 5 anni nel settore giovanile a Coverciano. Ho preso vari patentini, sono diventato allenatore professionista. Un compleanno è sempre un buon giorno. C’è molta gente che agli 80 non arriva. Eppoi non esiste più il concetto dell’età. Paul McCartney e Mick Jagger a 80 anni fanno i concerti. Per non parlare di chi governa il mondo. Alla Casa Bianca, per esempio. L’astronauta John Glenn a 77 anni tornò nello spazio. Mi sono sempre piaciuto come giocatore. Ho fatto di un hobby una professione. Non è poco, mi creda. Il bilancio totale? Molto, molto positivo. Sono stato fortunato, nella vita ho incontrato persone molto importanti. I miei genitori, mia moglie, i miei figli».
I ricordi di Gianni Rivera: Alessandria e Milan
«Giuseppe Cornara, il primo vero allenatore. Ha convinto il presidente dell’Alessandria a tesserare i giocatori al di sotto dei 14 anni, come ero io. Poi Franco Pedroni, che ha avuto il coraggio di farmi esordire in Serie A. Non avevo ancora 16 anni. Ero frastornato, ma non emozionato. Pedroni disse: ragazzi, mi raccomando, niente bestemmie, oggi gioca un bambino. Ricordo Angelillo: voleva segnare a tutti i costi. Puntava solo alla classifica cannonieri… E poi il mio grande Paron, Nereo Rocco. Con lui ho condiviso gran parte della mia carriera. Ero uno della sua famiglia. A Milanello c’erano gli spogliatoi dei giocatori e quelli dello staff tecnico. Lui ha spostato il suo armadietto vicino ai nostri. Faceva la doccia con noi, ci raccontava della siora Maria, la moglie. E dei figli Bruno e Tito. Al Milan vent’anni. Mi sono alzato da tavola a 36 anni, con un po’ di fame. Ma con coppe, scudetti, Palloni d’oro e tanto altro. Il Milan è stata una grande, bellissima parte della mia vita».
Sul Milan di Stefano Pioli: è pronto per Bologna?
«Non lo so. Non lo so proprio. È andato via Tonali, hanno fatto una scelta legata a un programma. Non conosco i piani e i percorsi. Ne hanno presi molti, ma non so cosa potranno fare. Vediamo, aspettiamo. Ma non chiedetemi pronostici scudetto. Non voglio fare brutte figure. La 10 a Leao? Sì, è un numero magico ma ora conta meno di allora, tutti possono mettere qualsiasi numero. Allora erano dall’1 all’11 e ognuno aveva una determinata caratteristica. Poi un giorno ho visto il 10 indossato da un portiere. Se non ricordo male, Lupatelli del Chievo. È cambiato il mondo».
Sulle dimissioni di Roberto Mancini da CT della Nazionale
«Sì, mi ha colpito il modo. Ha mandato una mail, una pec. Mah… Doveva andar via prima, come aveva fatto Edmondo Fabbri quando abbiamo perso in Inghilterra con la Corea nel 1966. Rivera CT dopo Ventura? Non mi hanno preso. Si sono opposti perché non ero ancora allenatore, non avevo il patentino. Ne avevo parlato anche con Costacurta, era vice commissario FIGC. Sa cosa mi ha risposto? No, Rivera, non hai abbastanza esperienza. Aveva ragione, non avevo mai giocato al calcio. Oggi se mi chiamano, vado subito. Anzi, mi propongo per fare il c.t. Sono qui, sono libero. Allenavo quando andavo in campo da giocatore. Perché non farlo dalla panchina? È anche più riposante. Esperienza? Non ne ho bisogno, per vent’anni ho fatto spesso l’allenatore in campo. E poi sono nato sapendo già cosa fare».
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