FIORENTINA MILAN

Quando sono nato, nel 1986, Paolo Maldini giocava nel Milan.
Quando Paolo Maldini ha smesso di giocare nel Milan, io ero all’università.
Non che la mia vita sia in qualche modo rilevante, o degna di attenzione particolare, ma essendo una vita comune di una persona normale riesce a mettere in risalto quanto sia gigantesca la cifra accanto alle presenze di Maldini in serie A (o in maglia rossonera, che nel suo caso sono sinonimi).
Paolo ha esordito il 20 gennaio 1985, ancora sedicenne.Viene convocato in prima squadra nella trasferta in casa dell’Udinese, per l’assenza contemporanea di cinque titolari. Entra all’inizio del secondo tempo al posto di Sergio Battistini.
In quel momento accanto al suo nome, in qualche registro ancora cartaceo, alla voce “presenze” qualcuno scrive 1.
Solo otto mesi dopo, in giappone, esce un nuovo videogioco dal titolo “Super Mario Bros”.
Quando i tacchetti della scarpa destra di Maldini superano la linea bianca di bordo campo del Franchi, quel pomeriggio di maggio, uno dei videogiochi più usati è “Call of Duty: Modern Warfare 2”. Come potete intuire, anche se non siete cultori della materia videoludica, la grafica è leggermente più avanzata del primo SuperMario.
È l’ultima. L’addio di San Siro della settimana precedente, i fischi controversi, l’atmosfera surreale, sono ancora delle orecchie. Lo sguardo di Paolo è intenso, triste. Dalla tribuna moglie e prole si sbracciano in saluti esagerati dall’amore. Un tifoso Fiorentino, tramite cartellone, gli propone un biennale in maglia viola.
La partita è l’ultima di un anno in chiaroscuro per i colori rossoneri. L’inter di Mourinho è scappata via in classifica con largo anticipo e siamo stati eliminati ai sedicesimi di coppa UEFA (l’ultimo anno con questa denominazione) dal Weder Brema. Il Milan di Ancelotti è agli sgoccioli, il ciclo è alla fine, in tribuna Leonardo siede accanto a Galliani e osserva la squadra di cui sarà allenatore l’anno successivo.
Eppure la partita ha ancora qualcosa da assegnare, in classifica tra il Milan (terzo) e la Fiorentina (quarta) ci sono solo tre punti di distacco, l’incontro d’andata è finito 1 a 0 per noi ma persiste il rischio che una sconfitta ci obblighi a sostenere i preliminari di Champions League.
Le squadre scendono in campo:
Fiorentina: Frey, Gamberini, Zauri, Comotto, Pasqual, Donadel, Vargas, Semioli, Jovetic, Montolivo, Gilardino.
All. Prandelli
Milan: Dida, Zambrotta, Maldini, Favalli, Jankulovsky, Seedorf, Pirlo, Flamini, Beckham, Kakà, Inzaghi.
All. Ancelotti.
La Fiorentina inizia forte, ci prova. Sfondano sulla sinistra dove arrivano al cross in più occasioni con Semioli, Vargas e Pasqual.
Vorrei scrivere che Paolo compie dei salvataggi miracolosi che brillano di luce propria, ma non è così. Ha quarant’anni compiuti è vicino a compierne 41. Non è particolarmente aggressivo o reattivo. Sembra soprattutto stanco.
Un passaggio di una sua intervista successiva mi colpì molto, riferito alla finale di Atene: «Ho preso tanti antidolorifici e ricordo poco della finale del 2007, ho in mente i gol di Inzaghi e la fine della partita, con la festa. Quando mi sono operato a tre giorni dalla finale, ogni volta che mi risvegliavo mi chiedevo se avessi vinto o perso: dopo qualche secondo di panico, mi ricordavo della vittoria e mi riaddormentavo felice»
Carriere così longeve, ad alti livelli, mettono i corpi umani a dura prova. Il pensiero va ad Ibra, alla sua età anagrafica, a quanto ne chiediamo a gran voce il rinnovo.
E a quante cose non sappiamo.
Noi li vediamo scattare veloci su un prato verde lucido, andare a contrasto. Saltare, ricadere. Non li vediamo scendere dal letto la mattina con le ginocchia che non vanno.
O magari no, magari Ibra è veramente dio.
In quel pomeriggio toscano Maldini corre piano, ma il risultato, all’intervallo, è ancora 0 a 0. Corre più veloce Zambrotta che al 55’ di destro mette un bel cross in area che Inzaghi tenta di girare sul primo palo. Gamberini contrasta bene ma la palla rimbalza verso il destro di Kakà, uno dei tuoi posti preferiti se sei un pallone, Gol. 0-1.
Il terzo posto non è più in discussione.
Al 69’ entra quello che, agli occhi dei tifosi del Milan, rappresenta il futuro luminoso: Pato. Sette minuti dopo il brasiliano palmato sfrutta un’imbucata di Kakà attraverso una difesa fiorentina già in vacanza. Tocco sotto delizioso a scavalcare Frey; con nonchalance. 0-2.
La partita è agonisticamente terminata. È il momento dei saluti. Prima Bechkam, che torna ai Galaxy (momentaneamente). Poi entra Nesta, che rientrava da un infortunio, per riassaggiare l’erba al posto di Favalli.
I tre cambi sono stati fatti, a qualche minuto dalla fine Seedorf chiede a Donadel di mettere palla fuori.
Dobbiamo salutare Paolo.
Tutto lo stadio si alza in piedi, tutti i giocatori in campo si avvicinano per abbracciarlo. Le lacrime calde scivolano sulle guance di Paolo. Sta succedendo davvero, sta finendo.
Gli occhi lucidi si alzano sugli spalti, tutti applaudono.
Lui sorride, applaude di rimando e manda un bacio alla famiglia. Esce fuori dal campo. Gli abbracci continuano in panchina e continueranno ancora. L’affetto è infinito.
Qualcuno in una stanza male illuminata scrive, non più su un foglio ma su uno schermo, non più con una penna ma con una tastiera, un numero a tre cifre accano al cognome Maldini.
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