Il giornalista prova a spronare Donnarumma in vista di Italia-Ucraina: il riferimento al passaggio da Milan a PSG e l’analisi della sua (mancata) crescita
Sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, Andrea Masala scrive un editoriale che sa quasi di lettera per Gianluigi Donnarumma, cercando di spronare il portiere in vista del match della Nazionale di martedì. Gli azzurri, infatti, saranno impegnati a San Siro per la gara numero 4 del girone di qualificazione agli Europei del 2024. Contro l’Ucraina, sarà ancora l’ex Milan a difendere i pali dell’Italia?

E se fosse rimasto al Milan?
Il giornalista comincia così:
“Ahi ahi Gigio, ci risiamo: non c’è pace in Nazionale. Il pareggio della Macedonia, visto in tv da sei milioni di spettatori, pesa anche sulla sua coscienza, solleva dubbi e critiche. Il rapporto di Donnarumma con l’Italia riparte da un’altra scivolata, è come una tela di Penelope che va ricreata. Quando sbaglia il portiere non ha quasi mai appello, è spacciato ed è più esposto. Però occorrerà tenere presente che, sì, ci sono le gerarchie, ma devono rispettare anche una salutare concorrenza e la meritocrazia”.
Parlando di Donnarumma, Masala analizza il suo rendimento dell’ultimo biennio (e quindi, dopo l’approdo in Francia):
“L’impressione è che Gigio, nel club che lo ha lanciato da ultraminorenne tra i professionisti, cioè il Milan, anche con qualche euro in tasca in meno, avrebbe potuto compiere il suo percorso di apprendista fenomeno in maniera più naturale e quindi più serena. Sembra che siano stati sbagliati i calcoli e i tempi. Da quando è sbarcato a Parigi pare che la sua crescita si sia bloccata: un sovraccarico di responsabilità ne ha complicato la definitiva maturazione. Parliamo di un giocatore di 24 anni, di tempo per fare ulteriori progressi ce n’è. Con un distinguo: il sedicenne che si impone tra i pali con sana incoscienza e surplus di personalità raccoglie applausi a scena aperta, il 24enne che ogni tanto stecca rischia di venire declassato da eccezionale a normale”.
Ha sprecato un’occasione?
Sempre su questo aspetto, continua:
“Ci sarebbe anche un risvolto umano, difficile da valutare con gli strumenti tradizionali. Dopo la telenovela del mancato rinnovo di contratto e l’addio a parametro zero, resta il dubbio che Gigio abbia sprecato l’occasione di diventare la bandiera del nuovo corso del Milan. Mettiamoci pure che, andato via lui, i rossoneri si sono ripresi lo scudetto. Per lui, prima è stata prima “Parigi o cara”, almeno per l’aumento di ingaggio, poi però permane la sensazione strisciante che con il club di Al Khelaifi il feeling non sia mai sbocciato del tutto. Un’unione di convenienza, con Donnarumma alla stregua delle tante, e spesso inutili, figurine della collezione dello straricco sceicco. E con una tifoseria che spesso rinfaccia “all’italien” i fatali scivoloni contro Benzema e Coman, costati eliminazioni dalla stregata Champions League. Insomma, tutt’altro che un ménage tranquillo”.
Infine, dopo aver ricordato gli errori del portiere anche con la maglia dell’Italia, prova a dar lui un motivo di sprono e tocca il tema ‘gerarchie’:
“Piaccia o no, a Donnarumma spetta il minimo di riconoscenza che si riserva a un campione d’Europa in carica. Allo stesso tempo, non è nemmeno il caso di cullarsi sugli allori e sempre e soltanto sui recenti meriti sportivi. Donnarumma perciò si arricchisca non soltanto di altri milioni di euro parigini, ma continui a chiedere sempre di più a se stesso. Si tuffi ancora, dia un bel colpo di reni, pregiato numero del suo repertorio, prima che sia troppo tardi. La porta dell’Italia per ora è ancora sua, la difenda con le unghie e con i denti”.
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