Nelson Dida, il portiere della finale contro la Juventus nel 2003, a tu per tu con Pellegatti: tra aneddoti e uno sguardo al presente.

Siamo nel museo Milan, ti rendi conto che molte coppe le hai portate tu? “Mi sento emozionato perchè questo museo è un posto speciale, entri e vedi tutta la sua storia. La soddisfazione di vestire questa maglia era data proprio dalla sua storia”.
Un ricordo sul presidente Berlusconi? “Quando mi sono svegliato squillava il telefono, sono andato subito a leggere la notizia. Lui è stato una persona incredibile, fa parte della vita. Ho pregato per lui, ha fatto la storia del Milan, ha sempre avuto la passione per il calcio.
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Torniamo indietro alla finale del 2003 con la Juventus: “Io ero tranquillissimo in quella finale, ho solo chiesto ai miei compagni di segnare i rigori. Sono sempre stato bravo a parare i rigori, aspettavo all’ultimo a buttarmi”.
Partenza dal basso? “Questione di allenamento, per alcuni è difficile, ma oggi si impara da piccoli. Quando giocavo io c’erano altre indicazioni, si buttava la palla il più lontano possibile. Il calcio del futuro è questo, il portiere deve essere un uomo in più”.
Cos’è per te il Milan? “Il Milan è famiglia, ora vivo qui in Italia quindi seguo da vicino, sempre emozionante andare a San Siro”.
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