Intervistato da Tuttosport prima del derby di Milano, l’ex bandiera del Milan Demetrio Albertini ha parlato dei primi passi mossi in maglia rossonera.
I primi calci al pallone?
«Ricordo delle foto dei miei genitori in cui ero immortalato in piedi con il pallone in mano o a gattoni mentre andavo a prenderlo. Capito? Col pallone camminavo, senza no! Per me con la palla fu un amore a prima vista. Poi quando ero all’asilo, a 5 anni, mio fratello Alessio che era più grande di me, ne aveva 9, veniva a prendermi nel pomeriggio facendomi uscire un’ora prima per portarmi a giocare con i suoi coetanei».
Il passaggio successivo fu l’oratorio di Villa Raverio vicino a casa sua a Besana in Brianza.
«Prima ancora le partite in strada con tanti vetri rotti, così come i cancelli o le basculanti di alcuni garage. Le dico solo che misero delle piante nel giardino di fronte a casa mia per non farmi giocare su quel prato».
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L’amore per il calcio lo vide subito come una prospettiva di lavoro?
«Assolutamente no. Per me era un sogno perché ero un bambino ed è giusto che a quell’età, ma anche successivamente nell’adolescenza, venga sempre visto in quel modo. E lo dico io che vivevo per il calcio perché le mie domeniche erano scandite dalle mie partite la mattina o il pomeriggio, le radiocronache di “Tutto il calcio” e le immagini dei gol a “90′ minuto”, le figurine e le schedine. Ma io sognavo col calcio, non lo vedevo in prospettiva come un lavoro. Sono i genitori che lo fanno, che si illudono, non i bambini e questa è una cosa che racconto tutt’oggi da dirigente. Io ho iniziato a pensare al calcio come una professione neanche dopo l’esordio a 17 anni col Milan, ma a 19 quando sono andato in prestito al Padova. Mi servii per capire se il debutto in rossonero era un premio o poteva diventare qualcosa di più».
Aveva il poster di qualcuno in camera?
«Sì, di Tardelli, dopo il Mondiale del 1982».
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Cosa portò con sé al Milan degli anni all’oratorio?
«Il rispetto. Ma anche la generosità e la condivisione».
Quello col Milan fu un colpo di fulmine?
«Da bambino tifavo per la nazionale, però quando firmai per il Milan ed entrai a San Siro mi pare per un Milan-Catania, l’amore fu immediato. Ricordo anche la mia prima gara in rossonero, un derby a Prato in un torneo: vincemmo solo… 6-0».
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