DERBY
Domenica, nell’ormai inconsueta fascia pomeridiana, va in scena il derby, una stracittadina che, dopo tanto tempo, torna a essere di altissima classifica.
Considerando tutte le competizioni, questa sarà la sfida numero 239 tra le due compagini meneghine (l’Inter è il club che il Milan ha affrontato più volte in partite ufficiali), che si trovano in perfetta parità: 85 vittorie a testa e 68 pareggi (con la differenza reti che premia i rossoneri), anche se in campionato prevale l’Inter.
Si gioca il 21 febbraio ed è la seconda volta nella storia che la partita che decide il padrone di Milano capita in questa data.
Il precedente risale al girone di ritorno del campionato 2003/04, quello dello Scudetto di Ancelotti e della stagione d’esordio di Kaká, presentatosi alla prima giornata ad Ancona con una giocata delle sue (sombrero e scatto, tecnica e velocità), decisiva per il raddoppio di Sheva.
Prima del derby, però, è arrivato il pareggio contro il Lecce di Chevantón, comunque assorbito bene grazie al contemporaneo e inaspettato pareggio della Roma ad Ancona. La classifica vede quindi il Milan in testa, seguito dalla Roma a 5 punti e dalla Juventus a 6, mentre l’Inter è molto lontana, al quinto posto con 16 punti di distacco.
Dopo la delusione dell’eliminazione nel tesissimo derby di Champions della stagione precedente, l’Inter di Cuper ha proseguito una parabola discendente che, nel mese di ottobre, ha portato all’esonero dell’hombre vertical e all’arrivo sulla panchina nerazzurra di Alberto Zaccheroni (insieme a Helveg e a Toldo, che però in rossonero non ha mai esordito, ex della serata). Zac è riuscito a recuperare un po’ di terreno, ma all’alba del derby ha subito una brutta sconfitta casalinga contro l’Udinese.
Ancelotti schiera l’albero di Natale: Dida in porta, Cafu e Kaladze terzini, Nesta e Costacurta nel cuore della difesa a sfidare la coppia d’attacco avversaria formata da Vieri e Adriano, Pirlo, Gattuso e Seedorf in mezzo al campo, e, appunto, Rui Costa e Kaká dietro a Sheva.
Carletto si affida, dunque, a un centrocampo di classe con quattro numeri 10 (non una novità, ma l’anno precedente c’era Rivaldo al posto del giovane Ricardo).
Manca Paolo Maldini e, considerando che, da quando il figlio di Cesare veste la maglia rossonera, il Milan non ha mai vinto un derby senza di lui, pare un brutto segno. La Fossa dei Leoni nei cori ricorda il tifoso Marco Pantani e per la classica coreografia rispolvera il diavoletto anni ‘80, “simbolo di passione”, mentre uno striscione esposto dalle Brigate Rossonere celebra la coreografia del derby di andata e le recenti vittorie: “Realizziamo i vostri sogni, ma rimaniamo il vostro incubo”. In realtà il vero incubo è quello che sembra materializzarsi in campo nel primo tempo per i nostri colori.
La prima occasione, se si eccettua un recupero di Cafu su Vieri lanciato in campo aperto, è del Milan: Ricky attacca l’area e scambia con Seedorf, che, con una delle sue geniali intuizioni, chiude il triangolo con un colpo di tacco e spedisce il giovane talento a tu per tu con Toldo, il quale, però, riesce a evitare la rete. In questa azione c’è la sintesi della partita a cui i tifosi stanno per assistere: da una parte il talento di un giocatore che la deciderà, dall’altra la pessima serata del bravo portiere avversario, che, pur riuscendo a fermare il tiro di Kaká, dimostra il suo nervosismo, abbandonandosi a una ridicola protesta nei confronti del guardalinee per un fuorigioco totalmente inesistente.
Intorno al quarto d’ora l’Inter passa in vantaggio in modo rocambolesco: Stanković batte un calcio d’angolo che sfiorano in tanti, ma che alla fine non tocca nessuno e si infila vicino al palo opposto. Sheva prova a riequilibrare il risultato, prima di testa, poi su punizione, ma per il cannoniere di questa sfida pare non essere la serata giusta. A pochi minuti dalla fine del primo tempo arriva anche il raddoppio nerazzurro, che potrebbe tagliare le gambe ai ragazzi di Ancelotti. Stanković batte un nuovo calcio d’angolo, Dida di pugno allontana centralmente, ma, al limite dell’area, Cristiano Zanetti stoppa di petto e calcia di destro trovando la deviazione di Kaladze che mette fuori causa il nostro Nelson. Mentre le squadre tornano negli spogliatoi a Roma e a Torino si sfregano le mani, pregustando di accorciare la classifica.
Nella ripresa il tecnico di Reggiolo decide di sacrificare Rui Costa per aumentare il peso offensivo e mette in campo Jon Dahl Tomasson, attaccante duttile e intelligente, capace di farsi trovare sempre pronto (questa, inoltre, in termini realizzativi è la sua stagione migliore in rossonero). L’inizio, però, non è incoraggiante: l’attaccante danese esordisce scivolando goffamente mentre cerca di entrare nell’area avversaria, poi Adriano ha la palla che potrebbe chiudere la serata. Adani lancia lungo e trova, forse involontariamente, Adriano alle spalle della difesa rossonera. L’attaccante brasiliano si trova solo davanti a Dida, che scivola, ma calcia, in modo poco imperiale, altissimo sopra la traversa. E poi la partita cambia.
Il Milan comincia a salire di giri e dopo dieci minuti trova l’episodio che riapre la gara: Seedorf prova, come già nel primo tempo, a sorprendere Toldo con un tiro dal limite dell’area.
Il portiere interista respinge malamente sui piedi di Tomasson, che si trasforma in Pippo Inzaghi e lesto accorcia le distanze (riaccendendo nel dopo partita la mai sopita passione di Berlusconi per le due punte). L’Inter non fa neppure in tempo a riorganizzarsi che ancora Seedorf serve Kaká poco dopo la metà campo; gli uomini di Zaccheroni commettono l’errore di lasciare al brasiliano lo spazio necessario per innescare la sua velocità e poi si limitano a osservarlo.
Ricky ringrazia e, poco prima di entrare in area, trafigge Toldo sulla sua sinistra. I nerazzurri praticamente spariscono dal campo, mentre il Milan, sapendo bene che una vittoria potrebbe spegnere l’entusiasmo delle inseguitrici, prova a completare la rimonta, ma senza risultati.
Ci vuole allora la giocata di un grande campione: Clarence Seedorf all’84esimo minuto parte dalla sinistra, evita Karagounis e si accentra; poi, da distanza siderale, esplode un sinistro che passa sopra la testa di Kaká, mentre Adani fa solo in tempo a girarsi per osservare il pallone che si insacca ancora una volta alla sinistra del suo portiere (oggi probabilmente avrebbe esclamato “madre mia”, ammirando la prodezza del suo avversario).
Una grande rimonta dopo un 2-0 che avrebbe potuto abbattere una squadra normale, ma non un gruppo di campioni, capaci di trovare nelle difficoltà la forza e la classe per reagire.
Joel Da Canal
photocredits acmilan.com