Del Piero torna a parlare di Paolo Maldini e del suo addio al Milan insieme a Totti per Sky Sport
In occasione dei 20 anni della rete, Sky Sport ha invitato Francesco Totti e Alessandro Del Piero per parlare dei temi di attualità e non solo: tra questi anche l’addio di Paolo Maldini dal Milan di ormai un mese fa. Due delle ultime grandi bandiere del calcio italiano come Totti e Del Piero non possono non riconoscere in Maldini una figura esemplare per quanto ha rappresentato per i colori rossoneri. Ecco che, allora, sollecitato dal direttore Federico Ferri, l’ex 10 della Juventus risponde alla domanda su quello che è stato il capo dell’area tecnica del Diavolo per 5 anni.

È la chiave del successo
Queste le sue parole:
“Paolo Maldini ha dimostrato da dirigente di essere un vincente. Una delle chiavi del successo del Milan nella stagione straordinaria dell’anno scorso è stata sicuramente la sua presenza: lui all’interno di un team. Oggi il calcio non è come quando abbiamo iniziato noi, ha bisogno di molte più persone, di un’organizzazione diversa e quindi bisogna mettere i pezzi al posto giusto. Maldini ha dimostrato di essere un vincente anche da dirigente. La decisione della società sono state chiare. Sinceramente non conosco cosa sia successo tra prese di posizione e altro. In bocca al lupo a loro. Certo che, era da tanti anni che Paolo aspettava questo momento. Ha avuto questa possibilità… Dipende dalle persone che hai affianco e dalle esigenze del club. Mi spiace molto per Paolo, perché io quando penso al Milan penso a Paolo Maldini”.
Tra presente e passato
Oltre che aver parlato di Maldini, a Sky Sport Del Piero si sofferma sui giocatori come lui e Totti:
“I numeri 10 sembrano essere esterni alla squadra, nelle generazioni passate non dovevano correre, ma solo fare solo assist e gol. Il 10 della nostra generazione, invece, ha dovuto correre come un numero 8 o un 4, dare una mano al resto della squadra ma alla fine metterla all’incrocio e fare gol. Abbiamo imparato dai sacrifici fatti, dagli infortuni che abbiamo subito, dai nostri fallimenti agonistici, dalle sconfitte, dai rigori sbagliati, dalle incazzature. Così anche nel gruppo (dirigenziale) ci deve essere un gioco di squadra, con ruoli che collaborano per lo stesso obiettivo: solo così si vince. Non può fare tutto una persona. Si collabora, per la squadra”.
Su loro due in generale, invece:
“Le nostre carriere sono state parallele ed hanno avuto molte cose in comune. Con il passare del tempo, più che una rivalità si è creata una complicità. Anche senza parlarci tanto, tra di noi è nato l’affetto per ciò che l’altro stava portando avanti. Ci hanno spesso contrapposto, ma noi ci trovavamo a riderci su, soprattutto grazie a Francesco”.
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