Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Daniel Maldini ha parlato del rapporto con suo padre e del trasferimento a La Spezia.

Daniel, quando ha capito che in casa sua si respirava calcio?
«Con il tempo, in modo naturale. In realtà facevo poco caso alla carriera del nonno e di papà: ero contento per loro, era bello sapere cosa avevano fatto e crescendo sono andato a cercare i loro video. Sapevo che in casa c’era qualcosa di diverso, ma ho sempre vissuto tutto con tranquillità. E non mi interessava se qualcuno diceva che giocavo nelle giovanili del Milan per il cognome. Papà, figlio di un grande calciatore, aveva vissuto la stessa esperienza, ma mi ha sempre visto sereno e quindi non c’è stato bisogno che mi dicesse nulla di particolare. In casa nostra l’esempio vale più di tante parole. Ho avuto la fortuna di godermi nonno Cesare per qualche anno e ricordo sempre i pranzi e quanto sottolineasse l’importanza della serenità».
Suo padre faceva le sfide col tram tornando a casa dall’allenamento. Ha ereditato il suo gusto per la competizione?
«Sicuramente. La corsa contro il tram io non l’ho mai fatta, ma tra di noi ci sfidavamo di continuo in mille giochi».
Tempo fa Paolo disse alla Gazzetta: “Voglio che Christian e Daniel siano seri, io e mia moglie li bacchettiamo quando serve. Sono bravi ragazzi e sono contento di loro”. Ricorda l’ultima volta che l’ha bacchettata?
«È successo di recente, non mi chieda perché. Noi, comunque, scherziamo più di quanto parliamo. E se devo confidarmi, mi rivolgo di più a Christian. Anche nella scelta di lasciare il Milan in prestito e passare allo Spezia, con papà ho parlato un po’, ma è stata una decisione mia».
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Chi era più felice per lo scudetto, lei o papà?
«Tutti e due allo stesso modo. Nelle ultime settimane io ero infortunato e quando stai fuori la tensione aumenta. Abbiamo cominciato a crederci dopo la vittoria nel derby. Lo scudetto era nell’aria, c’era una magia particolare. Durante l’anno era cresciuta la convinzione, avevamo solo paura a dirlo. Quello scudetto è la dimostrazione che davvero nello sport nulla è impossibile».
Quanto le è dispiaciuto lasciare il Milan?
«Era il momento giusto. Mi è dispiaciuto soprattutto lasciare un gruppo bellissimo, giovane, entusiasta. E poi tutte le persone che lavorano a Milanello e che ti fanno sentire a casa ogni giorno. Però a La Spezia sono stato accolto benissimo, sia nello spogliatoio sia in città».
A La Spezia ha giocato quattro volte (due con la Primavera, una con il Milan in A e una pochi giorni fa in Coppa Italia) e ha segnato sei gol.
«Una buona media eh… Speriamo davvero di andare avanti così. Scherzi a parte, mi piace battere le punizioni ed entrare in area in corsa, ma anche fare assist».
Per il momento lo Spezia gioca senza trequartista. Una difficoltà in più?
«Sono pronto ad adattarmi in altre posizioni e imparerò cose nuove con Gotti: potrò magari fare il falso nove, la seconda punta, il centrocampista offensivo. Vedremo. Adesso ho maggiore consapevolezza nei miei mezzi e spero che emergano. Il primo obiettivo è rendermi utile allo Spezia per raggiungere la salvezza. Poi entrare nel gruppo dell’Under 21. E ce ne sarebbe anche un altro».
Quale?
«Che si guardi a me senza pensare a papà. E non so se succederà. Ma per fare in modo che accada devo giocare bene».
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