Oggi, 24 marzo 2020, è trascorso un mese dall’ultima partita di serie A femminile. In quel weekend, quello del 22/23 febbraio, le gare furono disputate senza troppe remore fino al sabato, giorno in cui tutto cambiò.

Milan-Fiorentina di quella giornata fu sospesa, nonostante le viola avessero già raggiunto Milano, ma la gravità della situazione e i nuvoloni di pericolo che si addensavano su tutta la Lombardia resero quasi inevitabile la decisione. Da quel momento in poi il calcio femminile italiano si è spostato temporaneamente in Portogallo con le Azzurre, impegnate nella Algarve Cup: l’esito ha purtroppo dato ragione ai suddetti nuvoloni neri, e quindi niente finale Italia-Germania, Azzurre faticosamente di ritorno in patria.
Con un balzo temporale arriviamo ad oggi: europei maschili rimandati, Olimpiadi rimandate, tutti i grandi eventi previsti per i mesi prima di settembre rischeduled a data da destinarsi.
Un grande interrogativo affolla i pensieri di dirigenti, sportivi e tifosi allo stesso modo: che ne sarà di questa stagione, interrotta senza preavviso? Come si può rimediare senza distorcere troppo i presupposti? Come concludere dignitosamente campionati e coppe?
Tale ragionamento è chiaramente valido per tutti i campionati di tutti gli sport, interrotti progressivamente nel corso dell’ultimo mese, ma il centro delle discussioni pubbliche e probabilmente dell’agenda setting delle autorità è e sarà intuibilmente la sorte della Serie A maschile, motore trainante non solo dal punto di vista economico ma anche sociale, e non solo.
Il peso specifico del destino di alcune categorie, giustamente più rilevanti per il grande pubblico, contrasta con le reali necessità di tutti quei soggetti che godono di minori attenzioni. E il calcio femminile è uno di questi.
Le necessità “di dare un senso” del calcio femminile sono ben assimilabili a quelle del calcio maschile: concludere il campionato, decretare chi vince, chi retrocede e chi va in Europa. Bonus: portare a termine le qualificazioni per gli europei femminili previsti per il 2021, ma anche in questo caso, ufficializzato il rinvio degli europei maschili 2020, si ricade nella nube del “e poi che ne sarà di quelli successivi?”.
Il calcio femminile richiede e merita uno sguardo particolare, dal momento che si ha a che fare con un ecosistema ancora giovane e fragile, in fase di sviluppo ma non ancora autonomo, oltre che mosso e sostenuto da una quantità infinitamente inferiore di risorse rispetto ad una Serie A maschile.
Bene dunque l’ipotesi di portare a termine i campionati in estate, contando che questo comporterebbe il prolungamento dei contratti in scadenza a giugno: ma questa soluzione può essere effettivamente attuabile con gli accordi economici in vigore in Serie A femminile? E se sì, tutte le squadre sarebbero in grado di sostenere imprevisti simili?
Se infatti sembra difficile pensare ad una via indolore per modificare gli accordi economici – che, ricordiamo, sarebbe errato chiamare contratti -, questo risulta ancora più complicato se pensiamo ai permessi di soggiorno per le giocatrici extracomunitarie. O alle più diverse situazioni legate alle giocatrici straniere e comunitarie, vincolate in qualche modo al ritorno in patria.
La confusione per il momento è di sicuro molta, e può anche essere sensato pensando alle reali priorità del nostro paese in questo momento, ben lontane dalle sorti dello sport e del calcio. Ma confidiamo, a torto o a ragione, che ad ogni circostanza sarà destinata la giusta attenzione.
Foto credits: acmilan.com