Fabio Capello lancia la nuova Serie A, lotta a tre per lo scudetto: Milan tra luci e ombre, sorprende Reijnders
Oggi comincia la Serie A, l’ex allenatore Fabio Capello, fa un po’ di ordina e stila la sua classifica provvisoria: il Milan non è tra le favorite. Sulla squadra di Pioli vede aspetti positivi e negativi, l’uomo in più per questa stagione può essere Tijjani Reijnders, giocatore unico nel suo genere. L’analisi di Capello a SportWeek per la Gazzetta dello Sport.

“Sarà un campionato molto combattuto e molto difficile per tutti, perché competitivo ed equilibrato. Di sicuro molto più dell’anno scorso, quando il Napoli andò in fuga e fece il vuoto già a gennaio”.
Cosa le fa credere che questo campionato non sarà come quello passato?
“L’equilibrio di cui dicevo, dettato anche dall’impresa di aver portato a giugno tre squadre in altrettante finali di coppe europee, nella passata stagione. Indica un livellamento verso l’alto all’interno del nostro calcio, che ha avuto come effetto anche l’interessamento dei club stranieri per i calciatori italiani, penso per esempio a Tonali”.
Una favorita, però, l’avrà…
“Tre: in ordine alfabetico, Inter, Juve e Napoli. Inter per la forza complessiva, il Napoli se tiene Osimhen, la Juve perché ha solo l’impegno del campionato”.
Partiamo dai Campioni d’Italia.
“Con Osimhen il Napoli è ancora una squadra, anche se cambierà qualcosa tatticamente e non giocherà più a memoria come un anno fa. Ma Garcia è un buonissimo allenatore e riuscirà a mantenere alto il livello della squadra. Ripeto: tutto è legato a Osimhen. La verità è che i compagni sono ottimi giocatori, ma lui è un animale, in senso buono, che fa la differenza. Come lui, Kvaratskhelia, che attendo alla stagione della consacrazione”.
lla pari dei campioni mette Inter e Juve.
“L’Inter forse ancora più della Juve. Ai nerazzurri mancano due attaccanti, Dzeko e Lukaku, che l’anno scorso sono stati molto importanti per il gioco di Inzaghi, impostato sulla velocità di transizione dalla difesa all’attacco. Con la loro abilità di tenere botta sul piano fisico e il pallone tra i piedi per permettere ai compagni di risalire il campo, erano fondamentali in questo tipo di gioco. Di contro, l’Inter ha preso un centrocampista interessantissimo come Frattesi, che ha una grande capacità di inserimento. Lui e Barella sono incursori di prim’ordine, capaci di far gol come pochi nel loro ruolo in Italia. Se rimane così, sarà un’Inter più “leggera”, costretta a manovrare in maniera un po’ diversa dal passato, ma ancora più “verticale” e rapida nel capovolgere l’azione dalla difesa all’attacco. Meno “pesante” in area, ma più veloce”.
Il Lukaku della scorsa stagione non ha fatto bene, però…
“È arrivato in forma precaria e forse non ha accettato la concorrenza. Il Lukaku visto con Conte era in effetti un’altra cosa, ma se torna il Lukaku vero, fortunato chi lo prende…”.
E della Juve cosa dice?
“Con Lukaku sarebbe una cosa, con Vlahovic un’altra. A proposito del serbo: andrà valutato quando starà veramente bene. Lui convive da tempo con la pubalgia, e la pubalgia è una brutta bestia, lo so bene io che ne ho sofferto da calciatore. Ti impedisce di esprimerti come si deve. Ma l’unico, vero neo che vedo in questa Juventus è a centrocampo: secondo me è un reparto senza grande personalità”.
Anche in Locatelli, che ne è il perno centrale?
“Locatelli, come i suoi compagni di reparto, è bravo, ma gli manca quel qualcosa in più. Un qualcosa che potrebbe dare Pogba. Ecco, alla Juve manca la personalità, appunto, la sfacciataggine tecnica e atletica di Pogba”.
Molti tifosi non sono contenti di Allegri…
“Allegri è uno che sa cosa ha in mano e ha le idee chiare su come giocare. In più, è uno che è quasi sempre riuscito a fare risultato. Non sarà una stagione andata male a farmi cambiare opinione: è un bravo pilota. Una persona intelligente, che sa dove vuole andare e come arrivarci”.
Si rivede, nel suo pragmatismo?
“Queste sono le cazzate che sparate voi giornalisti… (ride). Ma sì, un po’ di verità c’è, in questo paragone. Insomma: ho tenuto il Milan imbattuto in campionato per 58 partite, ho vinto quello che ho vinto, ho fatto tre finali di Champions, eppure ci si ricorda solo di quell’unico scudetto vinto facendo pochi gol… Io non ho mai sposato un modulo. Questa è la forza che deve avere un allenatore. Allegri ce l’ha. Le racconto questa: l’altra sera ero con Vicente del Bosque, l’ex commissario tecnico della Spagna, che ha lavorato con me al Real. Gli chiedo: cosa pensi di questa moda della costruzione dal basso? Risponde: Fabio, se hai i giocatori buoni, la fai; se hai giocatori scarsi, no. La costruzione del basso presenta più rischi che vantaggi: se perdi palla davanti alla tua area, non hai più protezione fra l’attaccante avversario e il tuo portiere”.
Che pensa del Milan?
“Nel Milan ho ammirato finalmente uno che gioca in verticale e non in orizzontale: Reijnders. Oggi si fa il passaggetto laterale per non rischiare, per non sentire l’allenatore urlarti contro se perdi palla. Così si finisce a passarla sempre indietro, fino al portiere. Che tocca il pallone cinquanta volte a partita, mentre il centravanti otto. Torniamo al Milan: ha grandi potenzialità, ma ogni volta che perde palla gli avversari tirano in porta. Di positivo c’è che ha molti giocatori portati al dribbling, all’uno contro uno, un aspetto del gioco che ormai in Italia è sparito”.
Perché?
“Perché il dribbling è talento. Non si insegna. Si insegnano invece altre cose: lo smarcamento, le diagonali difensive, già nei settori giovanili. Dove, se uno dribbla, gli tarpano le ali. Ma così si toglie ogni responsabilità al giocatore”.
Delle due romane cosa diciamo?
“Insieme all’Atalanta, le metto vicino al Milan. Tutte e tre sono guidate da allenatori capaci, che vedono il calcio in maniera diversa ma riescono a sfruttare il potenziale a disposizione. La Roma è legata alla fantasia di Dybala, che purtroppo è fisicamente fragile. Poi è andato via Matic: una grave perdita, perché lui è stato fondamentale per gli equilibri in campo, soprattutto nella parte finale della scorsa stagione. Perdendo Milinkovic, la Lazio ha perso la boa. L’Atalanta potrebbe essere ancora una concorrente pericolosa nella corsa al quarto posto”.
C’è qualche squadra di seconda fascia che la incuriosisce in maniera particolare?
“Parlerei piuttosto di allenatori che seguo con interesse. Italiano, che ha portato la Fiorentina a una finale di coppa. Thiago Motta, che a Bologna ha mostrato grande personalità. Sousa, che voglio vedere se riesce a riproporre a Salerno le cose interessanti fatte vedere un anno fa. Dionisi, ingegnere del cantiere Sassuolo. Palladino, che a Monza ha fatto vedere un gioco palla indietro-palla avanti molto gradevole. Juric, che sono convinto potrà fare un passo in avanti col Toro”.
C’è invece un giocatore che seguirà in particolare?
“Gliene racconto un’altra. Sono il presidente della giuria di un premio intitolato a Giacomo Bulgarelli. Il giocatore scelto viene premiato a marzo. La prima volta abbiamo dato il riconoscimento a Barella quando era a Cagliari: è venuto all’Inter e ha vinto il campionato. La seconda volta è toccato a Tonali, quando giocava nel Brescia: è venuto al Milan e ha vinto il campionato. La terza è stata la volta di Raspadori, e al Napoli ha vinto lo scudetto. Quest’anno abbiamo premiato un altro ex Sassuolo, Frattesi: vediamo come finisce… Lui e Reijnders sono quelli che seguirò con più interesse”.
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