Difende il Milan da 40 anni e si racconta: da Berlusconi all’ultimo Scudetto, le parole di Cantamessa
L’avvocato Leandro Cantamessa segue le vicende del Milan da 4 decenni. Ai microfoni del Corriere della Sera, parla di tutto: dalla sua passione per il rossonero… All’astrologia.

Leandro Cantamessa da quanto tempo veste i panni dell’ avvocato del Diavolo?
«Il 24 febbraio prossimo festeggio i 40 anni di Milan. Peraltro sarebbero quattro di più se il 27 luglio del 1980 non avessi rifiutato l’offerta di Gianni Rivera e del presidente Felice Colombo».
Che cosa era accaduto?
«Con il club sotto indagine per il calcioscommesse mi avevano chiesto un parere giuridico sulla retrocessione in B e io l’ho fornito. Curiosamente lo stesso pomeriggio mi chiamò il legale dell’epoca, Alberto Ledda, dicendomi che anche lui era arrivato alla stessa conclusione. Rifiutai perciò l’incarico della società avendo compreso che sarebbe stato meglio farmi da parte. Poi però mi sono preso la rivincita».
Cioè?
«Quando nel settembre del 2018 Fininvest ha acquistato il Monza dalla famiglia Colombo, Felice, papà di Nicola, ex presidente della squadra brianzola mi disse “sei stato un pirla”».
Quindi fu lei ad accogliere Silvio Berlusconi quando acquistò il Milan?
«Accogliere è una parola grossa. Nel giorno del passaggio di consegne andai in sede in via Turati, assolutamente per caso. Trovai Berlusconi con Adriano Galliani e Giancarlo Foscale. “Lei chi è?” mi chiese. Mi presentai e in maniera fulminea mi domandò: “È milanista? Allora Foscale, le faccia subito un contratto di consulenza”».
L’ha mai messa in soggezione il presidente?
«Prima che entrasse in politica, si parlava della necessità di sdoganare l’Msi, potenziale bacino di elettori. Esclamai: “con l’Msi non si sta mai!”. Mi rifilò un’occhiata dall’alto in basso, come quella che si riserva a chi non ha la minima idea di cosa sia la politica».
Dove nasce la sua passione per il Milan?
«Mio nonno, Leandro Arpinati, era grande tifoso del Bologna e perciò portava sempre mia mamma a vedere le partite allo stadio. Lei quando si sposò fece giurare a mio padre che non l’avrebbe mai più portata a guardare una gara. Così mio papà utilizzò me per andare a San Siro. “Il bambino ci tiene” diceva. Così a 12 anni, poco incline a ogni sport, dissi che volevo diventare l’avvocato del Milan».
Il suo primo ricordo?
«Se chiudo gli occhi mi rivedo a conversare con mia mamma Giancarla, una liberale conservatrice, parlavamo di astrologia. Lei iniziava a studiare i primi rudimenti e io di quella materia esoterica e matematica mi innamorai perdutamente. Amo tutto ciò che è astratto e fantascientifico, ho la collezione completa dei numeri di Urania».
Suo padre che cosa le ha trasmesso?
«A parte la professione, visto che anche lui era avvocato? Era una persona timida, con la quale non si poteva avere confidenza. Non aveva empatia al contrario di mia mamma, meravigliosamente folle. Peraltro ha scritto due libri, “Malacappa, diario di una ragazza” e “Arpinati mio padre”».
Di suo nonno, Leandro Arpinati, presidente — tra le altre cariche— del Coni, ha ereditato il dna sportivo?
«Non solo del Coni ma anche della Federcalcio e della Federatletica. Poi quando fu espulso dal partito fu costretto a dare le dimissioni da ministro degli Interni e da tutte le cariche che aveva. Fu mandato al confino a Lipari e poi a 20 km da Bologna, alla tenuta di Malacappa che è ancora della nostra famiglia».
L’astrologia è rimasta una sua grande passione?
«Credo di essere il maggior collezionista di libri antichi di questa materia. Ho compilato una bibliografia commentata di tutti i libri sull’argomento pubblicati fra il 1465 e il 1930».
Ha mai fatto previsioni su imprese o disastri di giocatori che erano obiettivi di mercato?
«Certo, avevo predetto che Pato e Niang sarebbero stati acquisti disastrosi, ma non mi hanno dato retta. Diciamo che da ragazzo gli oroscopi mi sono serviti per catturare le curiosità delle ragazze».
Il più potente degli afrodisiaci?
«Dire a una donna “adesso ti rivelo chi sei” è uno strumento di conquista formidabile. Con gli uomini si parla di calcio, femmine e lavoro. Con le donne dell’astratto, di concetti più profondi, del retro delle cose, del mondo che non ha confini».
È vero che lei ha risposato sua moglie con una cerimonia a sorpresa?
«Le prime nozze sono avvenute quando eravamo giovani, io avevo 25 anni e Claudia 23, ma ci conoscevamo da quando eravamo adolescenti. Peraltro le ho sempre contestato il fatto che lei, la donna più snob che io abbia mai conosciuto, non mi amasse abbastanza. Comunque, dopo tanto tempo insieme abbiamo avuto deviazioni sul tema, ci siamo separati e divorziati ma non abbiamo perso mai i contatti. Io ho avuto tante morose ma ogni volta in cui venivo mollato ed ero disperato dicevo a lei “da questa delusione non mi riprenderò mai più”».
E poi?
«Eravamo insieme per qualche giorno di vacanza nella casa che abbiamo sul lago di Como e le raccontai che il sindaco di Menaggio ci voleva conoscere. Andammo in comune e mentre aspettavamo nella sala consiliare arrivò la vice-sindaco con la fascia tricolore. “Cosa succede?” mi chiese. “Ci sposiamo” risposi mentre lei piangeva e i miei figli con i nipoti, allertati il giorno prima, fecero irruzione».
Colleziona ancora opere d’arte?
«Sono appassionato di pittura russa del primo Novecento e di opere legate al Futurismo, un periodo culturalmente straordinario. Ma conservo la collezione in studio, mia moglie si innervosisce se porto qualcosa a casa. Compro piccoli oggetti babilonesi ed egizi, per i quali ho dovuto far venire un perito a casa per certificarne l’originalità. I miei figli dicono che sembrano statuette che si comprano sulle bancarelle».
Quanto al Milan cosa ritiene di aver donato al club in questi anni?
«Saggezza e buon senso, oltre a mio figlio Lorenzo che ora si occupa più di me dei contratti dei giocatori».
Le piace il Milan americano?
«L’ultimo scudetto mi ha entusiasmato più della vittoria con lo Steaua in Coppa dei Campioni, perché è stato un successo inaspettato. Di recente ho anche comprato per mio nipote la mia prima bandiera del Milan. Dopo tutti questi acquisti, e un’assenza di anni, mi toccherà tornare allo stadio».
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