Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi ha analizzato nel dettaglio quella che sarà la prossima stagione di Serie A.
Che campionato sarà col Mondiale dimezzo?
«Un torneo strano, questo è sicuro. Vincerà la squadra più determinata e quella che avrà la rosa più ampia, perché in una stagione del genere bisogna mettere in preventivo tanti ostacoli. Il Mondiale può condizionare, e non poco. È una nuova esperienza e noi italiani non andiamo molto d’accordo con le novità. Una cosa ci tengo a dirla: si sta giocando troppo, non c’è tempo per allenarsi e questo inevitabilmente va a scapito della velocità, della bellezza, delle emozioni e dello spettacolo. Se non ti alleni, come puoi avere una squadra che si trova a memoria, che ha interiorizzato il gioco? Attenzione, perché andando avanti così il calcio rischia di perdere appeal e poi finisce che i bambini si rivolgono ad altri sport. Ho un dubbio: non è che questa stagione, così spezzata, possa risultare deludente sia per il campionato sia per il Mondiale? L’importante sarà gestire la fatica e questo è un problema per le squadre italiane che raramente giocano in undici»
Al momento qual è la favorita per lo scudetto?
«Direi l’Inter. Rosa ampia, tanta esperienza e giocatori di qualità. In attacco hanno un potenziale incredibile. Visto che per adesso Sanchez è ancora nel gruppo, ci sono cinque punte: il cileno, Correa, Dzeko, Lautaro e Lukaku. E poi i nerazzurri hanno acquistato Mkhitaryan, un elemento interessante. Hanno due uomini per ruolo e in questo modo possono ovviare a eventuali infortuni o cali di rendimento. Spero che Simone Inzaghi, che è migliorato tantissimo, prenda sempre più coraggio e capisca che non serve un uomo in più in difesa a gioco fermo. Nel calcio moderno il movimento e la velocità sono fondamentali».
Che cosa ci si può aspettare dalla Juventus?
«Di solito non sbaglia due campionati di fila, dunque dovrebbe stupire in positivo. L’importante è che i bianconeri ritrovino quello spirito di gruppo e quella volontà di sacrificarsi che, probabilmente, nell’ultima stagione si erano un po’ persi. Però anche in questo caso ci sono degli interrogativi cui dare risposta. Come sarà Pogba? Avrà la stessa determinazione di prima? Come s’inquadrerà Di Maria? E se va via De Ligt, che per me è un ottimo difensore, come verrà sostituito? Inoltre, e questa è la domanda delle domande, la Juve saprà giocare in undici oppure giocherà in undici soltanto in fase difensiva?».
Come potrà Pioli migliorare il Milan campione?
«Lavorando sul collettivo. Se Inter e Juve possono avere qualche limite, questo è nel gioco di squadra. Il Milan, invece, deve essere superiore sul piano del gioco, non avendo le individualità delle rivali. Servirà che attui un buon pressing, dovrà allenarsi molto sul possesso-palla, i giocatori dovranno puntare moltissimo sugli attacchi negli spazi. E, cosa da non dimenticare mai, il Milan dovrà essere una squadra corta e compatta: così aumentano la sinergia, la collaborazione e si può arrivare all’interiorizzazione del gioco. I frequenti movimenti e gli interscambi dei ruoli risulteranno decisivi nella costruzione della manovra».
Quali saranno le squadre sorpresa?
«La Roma di Mourinho potrebbe essere una sorpresa. Mou ha fatto un grande lavoro nella passata stagione e ha ottenuto un successo in Conference League che è benzina utile per affrontare questo campionato. Penso che anche il Napoli possa ritagliarsi uno spazio importante, ma il malumore della tifoseria nei confronti della società non è un bell’inizio. Napoli e il Napoli, per vincere, hanno bisogno di uno sforzo comune, perché non hanno alle spalle la storia e l’esperienza delle altre big. E poi attenzione alla Fiorentina che gioca un calcio coraggioso. Bisognerà vedere come s’integrerà il nuovo centravanti, Jovic, arrivato dal Real Madrid».
Che calcio sarà? Tanta tattica o più coraggio?
«Per come vedo io il calcio mi auguro che ci sia tanto coraggio e poca tattica. Le piccole squadre oggi sono più coraggiose delle grandi. Penso all’Atalanta, al Sassuolo, al Verona e anche ad altre. Provano a giocarsi sempre la partita e questo è positivo perché aumenta l’autostima. La speranza è che anche le grandi diventino coraggiose e non si mettono subito in difesa dopo aver segnato un gol. Ma come si fa? E’ proprio quello il momento giusto per sferrare il colpo del k.o. Il guaio è che noi italiano abbiamo sempre concepito il calcio come uno sport difensivo, al contrario di quello che pensarono i padri fondatori. Da osservatore vorrei vedere sempre squadre con undici uomini attivi in fase di possesso e di non possesso, che giochino a tutto campo e a tutto tempo. E’ solo in questo modo che potremo uscire dalle vecchie idee del passato, il solito “difesa e contropiede”, e proiettarci così in un futuro di bellezza e di divertimento».
Se lei allenasse ancora chi vorrebbe?
«Un giocatore che conosca prima di tutto l’etica del lavoro e del collettivo. E poi che non abbia eccessi di protagonismo e sia funzionale alle mie idee di gioco. Ho sempre guardato prima la testa e poi i piedi. I piedi li sistemi con gli allenamenti, la testa no. Se dovessi scegliere un giocatore di oggi, devo ammettere che mi piacciono molto gli attaccanti del Liverpool per come interpretano il ruolo: corrono, lavorano per la squadra, dettano i passaggi, si buttano negli spazi. Quindi, prenderei Salah che magari non è un fuoriclasse assoluto ma è perfetto per come intendo il ruolo dell’attaccante».
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