Calcio femminile e coronavirus: cosa rischiamo di perderci

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Prima di tutto: sì, è vero, il calcio non è certo la priorità del momento. Non lo è, e non deve esserlo.
Dovrà diventarlo quando inizierà la fase distensiva post emergenza, quando la priorità sarà ricomporre i pezzi di aziende, società, attività, business e quant’altro: insomma, quando la priorità saranno i lavoratori.
E proprio in quel momento, come dovrebbe accadere in ogni situazione, ci vorrà un’osservazione speciale per individuare i bisogni dei soggetti a rischio, delle attività più fragili, cioè proprio di chi avrà necessariamente più bisogno.
L’argomento non è certo nuovo, anzi già apertamente affrontato (per esempio qui), ma di settimana in settimana, di pari passo alla conta dei danni dell’ormai nota pandemia globale, può essere utile ripercorrere i possibili scenari che investono un settore intero, ovverosia non solo quello del calcio femminile, ma delle calciatrici.
Cosa rischiamo di perderci, dunque? Nel worst case scenario, le calciatrici stesse.
Riflettendo su alcuni spunti è facile capire come tale scenario sia sì, estremo, ma non così improbabile. Prima di tutto, non è un delitto ammettere che probabilmente il settore femminile potrebbe essere il primo agnello sacrificale per club costretti a tagli e risparmi, senza menzionare i club che si troveranno a lottare integralmente per sopravvivere, oggi più di ieri. Non è infatti escluso uno scenario che comprenda una sorta di spartiacque per club e società con le spalle al muro: “così non si può continuare, o si taglia o si smette tutti”.
Inoltre, la grande rincorsa presa dal calcio femminile nel ultimi decenni potrebbe subire una brusca frenata se si elimina un fattore fondamentale e da sempre riconosciuto come incisivo: la visibilità, il palcoscenico internazionale, lo scenario comune. Lavorare per affermare il valore del calcio femminile è sempre significato lavorare sulla comunità che lo supporta, per avvicinare gli scettici, per mostrare il potenziale nascosto. Eliminando il potere del “mostrare” ciò che resta è ben poco, dato il limitato territorio condiviso a disposizione. E, se anche si puntasse sul peso specifico del movimento e dei valori condivisi, risulterebbe sì un buon tentativo, ma che poco ha a che fare con il calcio.
Non sappiamo quanto ancora questa situazione – ogni giorno contingente in maniera diversa – durerà, ma quello che sappiamo è che sarà bene arrivare al varco preparati, senza illusioni di poter semplicemente riprendere da dove eravamo rimasti.
 
Foto credits: acmilan.com
Lucia Pirola

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