Intervista esclusiva per RadioRossonera ad Arturo Testa, cantante di fede milanista che ha partecipato a ben 5 edizioni di Sanremo.
La sua canzone più famosa, “Io sono il vento”, si è classificata seconda nell’edizione del 1959.
Lo abbiamo contattato per fargli qualche domanda su Sanremo, su Ibra e sul Milan. Ecco le sue dichiarazioni:
Buonasera, siamo nella settimana di Sanremo. Lei ha partecipato 5 volte come cantante in gara. Come ci si sente a salire per la prima volta sul palco?
“È una grande mozione, una tensione continua perchè hai sempre paura di sbagliare. Al mio primo Sanremo, tra l’altro, sono uscito come primo cantante, quando ancora il pubblico cercava il proprio posto in sala. Sembrava quasi disinteressato alla mia canzone. Per fortuna dopo mi sono ripreso.”
Nel 1959 si è classificato secondo, con la canzone “Io sono il vento”. È stato subito felice del risultato raggiunto oppure ha provato un po’ di delusione per la mancata vittoria?
“Un pizzico di delusione, sì. Anche perchè durante le votazioni io e Modugno (il vincitore, ndr) eravamo testa a testa, quindi sicuramente ci avevo fatto un pensierino. Poi ad un tratto c’è stato un cambiamento e la vittoria è andata a lui.
Ma non ho fatto fatica a mandare giù il boccone, alla fine ci sono andato veramente vicino.”
Immagino stia seguendo il Festival in questi giorni. Cosa ne pensa della presenza di Ibrahimovic come co-conduttore? Lo vede a suo agio?
“Si, mi è piaciuto quasi di più dei cantanti (ride, ndr). Lo vedo molto a suo agio, lui è un numero uno. Aspetto solo di sentirlo cantare.”
Ma veniamo ora alla sua fede per il Milan. Com’è nata la sua passione per questi colori?
“La passione per il Milan è nata da mio padre e da mio nonno. Io e mia moglie andavamo a pescare con Cudicini. Siamo tutti dei fanatici del Milan.”
Qual è stato il giocatore del Milan di cui si è innamorato calcisticamente?
“Non c’è nessun dubbio, il “Gianni”. Ho persino acquistato delle azioni dell’Alessandria convinto di comprare Rivera, ma mi sono arrivate solo le azioni (ride, ndr). L’ho visto giocare fin dagli esordi, quando aveva 16 anni, e già sembrava un professore di fisica.
Rivera ti incantava, per il suo modo di stare in campo e per la sua padronanza del pallone. Dava l’impressione che tutto quello che faceva fosse facile, come bere un biccher d’acqua. È sempre stato un predestinato.”
Quindi per lei è stato Rivera il calciatore più forte di sempre al Milan?
“Si, sicuramente lui. Poi è ovvio, tra tutti i campioni che hanno giocato al Milan, c’è qualcuno mi ha impressionato più di altri.
Non posso non menzionare Van Basten e Shevchenko: alcuni dei loro gol mi sono rimasti impressi nella mente ancora oggi.”
Immagino che lei sia stato a San Siro. Pensa che l’entrata di un calciatore per la prima volta alla Scala del Calcio sia paragonabile (con le dovute proporzioni) a quella di un cantante che debutta a Sanremo?
“Penso che sia anche peggio. Sul palco di Sanremo hai “contro” circa mille persone, mentre a San Siro ne hai 50.000 che giudicano quello che fai. Deve essere tremendo. Quando sei su palco, dopo l’esibizione torni in quinta, ma allo stadio dove vai? Preferisco Sanremo (ride, ndr).”
Qual è stata la sua ultima volta a San Siro?
“La mia ultima partita è stata in Champions League, l’anno di Allegri e dell’ultimo scudetto. Mi ricordo che vincemmo e giocammo veramente bene.”
Cosa ne pensa invece del Milan di oggi?
“Faccio fatica a inquadrarlo; in alcune partite mi sembra il Real Madrid, poi altre dove, non avendo molti ricambi e con gli infortuni che colpiscono gli uomini chiave, ci viene a mancare la continuità.
Quando ci mancano Bennacer e Calhanoglu, perdiamo una parte fondamentale del nostro gioco. È come se ci mancasse una gamba di Rivera.”
Quindi lei segue ancora tutte le partite del Milan?
“Tutte, ci mancherebbe altro. I miei 4 figli (tre maschi e una femmina) sono tutti milanisti; ci telefoniamo ad ogni partita e la commentiamo insieme. È una tradizione ormai.
Pensa che la strada per riportare il Milan in alto sia quella di puntare su un gruppo di giovani promesse?
“Assolutamente si. Sono molto contento di avere la squadra più giovane del campionato.
Dobbiamo sfruttare il nostro settore giovanile, che negli ultimi anni ha tirato fuori 7-8 ragazzi che stanno facendo molto bene.
Mi viene in mente anche lo stesso Maldini (Daniel, ndr): ha masticato calcio per tutta la sua vita, si vede che il modo di tenere la testa alta è lo stesso del padre.”
Siamo arrivati alla conclusione. Le faccio l’ultima domanda: pensa che puntare sulle bandiere come Paolo Maldini sia giusto anche in un calcio che sembra aver perso quel tipo di sentimento e significato?
“Non me ne frega niente che abbia perso il significato. Io sono per le bandiere, sempre. Questi grandi uomini e calciatori hanno sempre messo al primo posto il bene del Milan. Ci hanno regalato così tante gioie ed emozioni che ce li teniamo sempre nel cuore.”
“Mi lasci concludere con una considerazione, visto che siamo nella settimana di Sanremo: per me il Rivera della musica è Mina. Ogni volta che tocca qualcosa diventa oro.”