Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Demetrio Albertini ha parlato di come si vive un derby in casa Milan, tra tensione e… riti scaramantici.
Albertini, come gestisce una bandiera la tensione di un derby?
«Con senso di responsabilità, perché il derby è l’unica partita di campionato che si vive sempre come un dentro o fuori. Pensate a un turno a eliminazione diretta del Mondiale o di Champions: ecco, quando Milan e Inter si affrontano la pressione sale a quei livelli. E il fatto che si giochi il 5 febbraio, come per il 2-1 dell’anno scorso deciso da Giroud, è un’immagine simbolicamente potente: il 5 febbraio ha segnato e segnerà la storia del Milan di Pioli».
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Cosa faceva gente come Albertini, Baresi, Maldini, Costacurta prima di un derby?
«Cercavamo di compattare il gruppo ancora di più. In quel Milan c’erano grandi campioni, abituati a giocare per coppe e scudetti. Quando arrivava il derby, però, noi sentivamo ogni volta l’esigenza di ricordare a chi non era cresciuto al Milan quanto fosse speciale quella sfida. Il messaggio era: devi dare il massimo per il club, per te stesso, ma anche per noi».
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Avevate dei riti scaramantici?
«Quando il nostro pullman passava da piazzale Lotto c’era una signora che si affacciava al balcone e sventolava la bandiera rossonera. Se non succedeva, qualcosa sarebbe andato storto. Fu così che una volta scoprimmo che era Capello a farla chiamare tutte le volte…».
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