Abate: “De Zerbi? Il top in Europa! Da Pioli ho imparato molto”

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In un’intervista rilasciata a Sportitalia, l’allenatore del Milan Primavera Ignazio Abate ha raccontato dell’esperienza coi rossoneri da giocatore, del suo rapporto con alcuni vecchi compagni e dei modelli da seguire per la sua nuova carriera da allenatore.

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Quando hai deciso che volevi diventare calciatore?

“L’ho vissuta con molta spensieratezza sin da bambino. Poi, entrando nel settore giovanile del Milan, ho iniziato a pensare che potesse diventare la mia professione. Ma l’ho sempre vissuta serenamente, come una passione. Poi, fortunatamente, è diventata la mia professione, la più bella del mondo”.

Che esperienza è stata il periodo al Milan? Rimpiangi di non essere arrivato subito lì?

“Il Milan era la squadra più forte al mondo. Era un sogno indossare quella maglia. Era un gruppo di un altro pianeta. Il salto era tanto grande. Era giusto fare il mio percorso di crescita per maturare. Ora i giovani pretendono tutto e subito. Ma ci vuole sempre tanto sacrificio, ed il passaggio in categorie inferiori serve a farti le ossa. C’è sempre qualche eccezione, ma non è una vergogna fare la gavetta e giocare in campionati inferiori”.

Che ricordi hai di Ibrahimovic e Gattuso?

“Quando tornai in pianta stabile al Milan, mi avevano preso in simpatia. Mi hanno accolto benissimo. Hanno visto la mia bontà, la mia umiltà. Sono stati grandi campioni specialmente nella vita, oltre che nel calcio. Rino è stato il mio esempio da seguire per come interpretava questa professione. Quel gruppo viveva per questo lavoro e per ottenere risultati la domenica. Era un gruppo unito. Poi ovviamente qualche schiaffone da Rino l’ho preso, ma è stata una fortuna averlo nel mio percorso, anche come allenatore. Con Ibra è nata un’amicizia molto semplice, molto naturale, che è cresciuta col tempo. I momenti più belli erano quando, in ritiro, restavamo a tavola a prenderci in giro. Era bello perché eravamo un gruppo affiatato con tanta voglia di restare insieme”.

Come è stato giocare al fianco di Alessandro Nesta?

“Sandro è stato fondamentale nel mio percorso di crescita. Giocando insieme a lui ho avuto tanta consapevolezza. Ho avuto bisogno di lui per crescere. E’ stato un punto di riferimento”.

Qual è l’allenatore al quale sei più legato?

“Ancelotti mi ha fatto maturare. Reja mi ha aiutato tantissimo. Con Allegri ho vinto lo scudetto. Sinisa (Mihajlovic) mi ha fatto crescere dal punto di vista umano. Non posso sceglierne uno…sono tanti”.

Il saluto di San Siro il giorno del tuo addio te l’aspettavi?

“No non me lo sarei aspettato. Sapevo di dover lasciare il Milan, anche se speravo fino all’ultimo di far ricredere la società. Fu Rino che lo comunicò nella conferenza pre partita. Soffrivo di pubalgia, e le ultime settimane mi allenavo solo il sabato. Quella settimana, fino a venerdì, stavo malissimo. Il sabato pensavo di non rimanere in ritiro perché stavo molto male. Verso mezzogiorno pensavo di dover andare a casa. Ma Rino mi ha detto ‘cambiati che domani giochi’. Se ho vissuto quella giornata è merito suo”.

A quale allenatore ti ispiri?

“Non mi ispiro a nessuno perché tutti mi hanno lasciato qualcosa. Spero di poter prendere il meglio da tutti. Poi, ovviamente, dal punto di vista calcistico ho la mia idea di calcio che piace a me. Credo che De Zerbi sia il top in Europa. Anche vedendo Pioli ho imparato molto. Sono propenso ad un calcio di qualità, un calcio intenso”.

Mister si nasce o si diventa?

“Forse si nasce in un senso, ma si diventa in un altro. Qualcosa dentro la devi avere dalla nascita. Quindi diciamo che siamo 50 e 50”.

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